- La performance del mercato azionario americano.
- Le aspettative degli analisti di Morningstar sull'economia Usa.
- I dati macro del paese.
Saranno i dati macro a spingere i listini di Wall Street? Negli ultimi tre mesi, l’equity a stelle e strisce ha sottoperformato il mercato globale di circa 500 punti base, complice anche la negativa performance dei settori maggiormente legati al ciclo economico come consumer cyclical e tecnologia, che pesano complessivamente per circa un terzo della capitalizzazione di mercato dell’indice Morningstar US Market e che nell’ultimo trimestre hanno perso rispettivamente il 4,3% e il 3,3% (in euro al 31 gennaio 2023). Al momento, le azioni statunitensi sono valutate con un rapporto Prezzo/Fair value attorno a 0,90 (dati al 3 febbraio 2023).
Figura 1
Figura 2: Le valutazioni di mercato
Perché gli analisti di Morningstar restano ottimisti
Gli analisti di Morningstar sono comunque fiduciosi sullo stato di salute dell’economia americana e hanno recentemente rivisto al rialzo le previsioni sulla crescita del Pil del paese per il 2022 e il 2023 rispetto a un mese fa.
Il 2022, dicono gli analisti, dovrebbe concludersi con una crescita del Pil del 2,1%, dunque più alta rispetto a quanto stimato a dicembre (2%) e del consensus del mercato (1,9%). Nel 2023 il progresso sarà dell’1%, 20 punte base meglio rispetto a quanto previsto un mese fa e 50 punti base più alto di quanto stimato dal consensus del mercato.
“Il nostro ottimismo sull’economia americana è dettato dall’aspettativa che si possa arrivare a una normalizzazione dell'inflazione evitando lo spettro di una lunga fase di recessione, mentre a nostro avviso il consensus del mercato è molto pessimista sulla ripresa del lato dell’offerta del lavoro e ha reagito in maniera eccessiva ai dati relativi all’evoluzione della produttività nel breve termine”, dice Preston Caldwell, capo economista di Morningstar negli Stati Uniti. “La nostra impressione è che il mercato stia scontando nelle sue valutazioni le aspettative che l’inflazione non sarà un elemento transitorio e destinato ad esaurirsi nel breve termine. Al contrario, noi pensiamo che la maggior parte dei fattori che stanno determinando l'elevata inflazione andranno ad esaurirsi nei prossimi anni. Per questo motivo le nostre previsioni sulla crescita del Pil americano da qui al 2026 indicano una incremento cumulato del Pil reale degli Usa di 250 punti base più alta rispetto al consensus”.
Lo stato di salute dell'economia Usa
Il quadro economico negli Usa resta comunque complicato: la produzione industriale è scesa dello 0,7% a dicembre, dopo il calo dello 0,6% nel mese precedente, in seguito a un ulteriore indebolimento della domanda; le vendite al dettaglio (a dicembre) hanno registrato una nuova contrazione e gli analisti di Morningstar si aspettano che i consumi reali degli americani si indeboliscano ulteriormente nel 2023.
“Uno dei motivi per cui ci aspettiamo questo rallentamento nella spesa delle famiglie è il trend dei risparmi. Il tasso di risparmio personale è stato in media del 2,6% negli ultimi sei mesi, rispetto all'8,8% registrato prima del Covid. Le famiglie stanno probabilmente spendendo quanto accumulato durante la pandemia, ma è probabile che questa liquidità si esaurisca entro la metà del 2023”, continua Caldwell.
La contrazione dei risparmi fa presagire un calo dei consumi, mentre l’arretramento della produzione industriale anticipa un taglio agli investimenti: per queste ragioni le stime di Morningstar indicano nel 2023 un indebolimento della crescita del Pil, che invece nei trimestri scorsi ha beneficiato della spinta delle esportazioni.
Il dato confortante, per ora, arriva dall’occupazione Usa che continua a crescere a ritmi superiori a quelli dell’economia. Normalmente il numero di posti di lavoro (quelli non occupati in agricoltura) sale a un tasso dell’1% più basso rispetto a quello del Pil, mentre a dicembre scorso l’occupazione è salita del 3% (anno/anno) a fronte di un +1/+0,5% stimato per il prodotto interno lordo. Questa tendenza, dicono gli analisti, è destinata ad esaurirsi nei prossimi mesi, come dimostra il rallentamento della crescita dei salari.
Sulla base di questi numeri e sul recente rallentamento dell’inflazione (l’indice dei prezzi al consumo è salito del 6,4% a dicembre, rispetto al +9% toccato a giugno, mentre l’inflazione “core” - che non tiene conto della spesa per energia e beni alimentari - è cresciuta del 5,7%), le aspettative degli analisti sulle future mosse della Federal Reserve sono per una politica monetaria meno restrittiva di quella ipotizzata dalla stessa Fed e dal mercato. Secondo le stime di Morningstar, infatti, entro la fine del 2023 il costo del denaro negli Usa dovrebbe attestarsi tra il 3,75% e il 4%, contro la previsione del 4,5%-4,75% del mercato.
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