Buongiorno e benvenuti. Nel mondo, le donne arrivano in media alla pensione con appena tre quarti della ricchezza degli uomini. L’Italia non fa eccezione. E’ quanto emerge dal Global Gender Wealth Equity Report di WTW, società di consulenza e soluzioni per le imprese e le istituzioni.
I dati sono allarmanti perché per le donne questo significa rischiare di non avere abbastanza risparmi per una pensione dignitosa. Ne parliamo con Maria Delli Pizzi, senior director di WTW.
Sara Silano: Delli Pizzi, quali sono in sintesi i risultati del vostro rapporto 2022?
Mari Delli Pizzi: Lo studio circa le differenze del patrimonio accumulato tra uomini e donne all’età della pensione evidenzia, a livello globale, un gap di circa il 26%, quindi le donne al termine della vita lavorativa avranno accumulato il 26% in meno di ricchezza rispetto agli uomini. Questa differenza in Europa diventa di circa il 24% e l’Italia si colloca sostanzialmente in linea con l’Europa.
Interessante evidenziare quali sono i Paesi fanalino di coda e quali sono, invece, i Paesi con i comportamenti più virtuosi. Emerge tra i più virtuosi la Spagna con un divario del 20%, quindi pur presente, ma più basso di quello rilevato in Europa. Al fanalino di coda, l’Olanda, che tipicamente presenta una politica maggiormente inclusiva, ma a livello di divario di patrimonio accumulato, comunque, evidenzia una differenza sostanziale.
Silano: In Italia, quali sono gli ostacoli a una maggior equità nel risparmio pensionistico?
Delli Pizzi: Rileviamo degli ostacoli a livello culturale: a tutt’oggi la gestione della famiglia e l’attenzione alle persone (figli, genitori o altri parenti che hanno bisogno di attenzione ulteriore) è lasciata soprattutto alle donne che frequentemente scelgono di non avviare un percorso lavorativo proprio per dedicare maggior tempo alla gestione della famiglia. Così come nel mondo aziendale a tutt’oggi, nei ruoli manageriali - tipicamente più remunerati - osserviamo una minore presenza delle donne. Esiste ancora il cosiddetto “soffitto di cristallo” e a livello di mestieri più specialistici, quindi più tipicamente remunerati (mestieri STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, Ndr) rileviamo ancora una presenza prevalentemente maschile.
Silano: Cosa le aziende e le istituzioni potrebbero fare per ridurre il gap?
Delli Pizzi: Molto, molte cose sono già in corso, ma molto è ancora da fare. Se pensiamo alle istituzioni, sicuramente regolamentazioni e discipline che supportino la distribuzione dell’attenzione alle persone e alle famiglie tra uomini e donne, agevolerebbero una maggiore inclusione delle donne nel mondo del lavoro. Anche interventi che facilitino la scelta di materie scientifiche nei percorsi scolastici e universitari delle donne per consentire una sorta di pari rappresentatività al termine del percorso scolastico è un’azione importante dal punto di vista delle istituzioni.
Le aziende possono intervenire realizzando e definendo una proposizione di valore per i propri dipendenti attuali e futuri che sia davvero inclusiva e volta a stimolare pari opportunità. Politiche che supportino, ad esempio, percorsi di sviluppo manageriale e che aiutino le donne a percorrere il sentiero che porta ai ruoli manageriali - tipicamente anche più remunerati - politiche legate alla gestione della famiglia, congedi parentali che agevolino la gestione della famiglia non solo da parte delle donne ma anche degli uomini, aiutano.
Non meno importante, diventa, anche dal punto di vista delle istituzioni, una regolamentazione che, anche attraverso una maggiore trasparenza, supporti decisioni in termini di pari opportunità da parte delle aziende pubbliche e private. Pensiamo alla certificazione di pari opportunità che dall’anno scorso fa sì che le aziende italiane possano dimostrare, quindi anche con una verifica da parte dell’esterno, le proprie politiche sulle pari opportunità, così come la direttiva sulla trasparenza retributiva, che in questo momento è stata definita nel testo finale dal Parlamento europeo, che ci attendiamo sia approvata entro l’anno e che comporterà per tutte le aziende europee con almeno 100 dipendenti di pubblicare i livelli retributivi a parità di ruolo.
Tutto questo accadrà nei prossimi tre-quattro anni. Non sono pochi, ma sicuramente definiscono già un’ambizione e quindi un traguardo a cui tutte le aziende dovrebbero guardare.
Silano: Sì, è sicuramente una direzione di cambiamento. Maria Delli Pizzi, grazie mille per la sua disponibilità oggi. Per Morningstar sono Sara Silano, grazie per averci seguito.
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