Anche i pesi massimi piangono. È il caso di Eni, uno dei titoli a maggiore capitalizzazione di Piazza Affari. Le quotazioni hanno sofferto giovedì 23 febbraio, bruciando il 5,36% del valore nel giorno della presentazione dei risultati 2022 e del Piano. In effetti, il mercato non ha tanto accolto negativamente quello che il colosso dell’energia ha fatto nel passato, il bilancio 2022, quanto piuttosto ha reagito con forti vendite a quello che ha detto che farà in futuro, leggi il piano industriale. Tanto è vero, che nella stessa giornata di giovedì l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, nel corso di una conferenza stampa, a chi gli ha fatto notare la freddezza del mercato ai conti 2022 e al piano 2026 ha voluto subito chiarire il suo punto di vista: “Direi che è un fatto abbastanza normale. I risultati del 2022 sono super, magari pensavano che potessero essere ancora migliori". E ha aggiunto: "Il discorso strategy deve essere ancora digerito, non abbiamo solo cambiato il dividendo ma abbiamo cambiato la policy". Il mercato, o quanto meno gli analisti, hanno ora digerito il nuovo piano industriale?
L’energia del bilancio
Che i risultati del 2022 siano stati super, nessuno ha avuto in sostanza niente da ridire. I numeri storici parlano da soli. Come ha riassunto Gabriel Debach, market analyst di eToro, Eni chiude il 2022 con una crescita del fatturato del 73%, posizionandosi nella parte alta della classifica di crescita tra i competitor internazionali e riducendo al minimo storico il suo rapporto di indebitamento. L’utile operativo si porta a 20,4 miliardi, più del doppio rispetto ai 9,7 mld dell’esercizio precedente, grazie soprattutto alla crescita del 70% nel comparto Esplorazione e Produzione e con il settore Raffinazione e Marketing che registra il miglior risultato di sempre. Il dividendo proposto per il 2023 risulta aumentato del 7% a 0,94 euro per azione e il buyback è fissato a 2,2 miliardi con una politica di remunerazione degli azionisti che è stata presentata come semplificata e potenziata, con nel complesso il 25-30% del flusso di cassa operativo da distribuire in dividendi e buyback.
Piano industriale, si poteva osare di più?
Se i numeri 2022 hanno confermato le forti attese del mercato, non si può dire lo stesso per il piano strategico al 2026, incentrato su sicurezza energetica e riduzione delle emissioni, stimando una crescita della produzione Upstream a un tasso medio annuo del 3-4% fino al 2026, per poi stabilizzarsi fino al 2030, con la quota di produzione del gas che salirà al 60% entro il 2030. Il piano prevede investimenti in dollari in crescita del 15% rispetto al piano precedente. Il Capex 2023 è atteso a circa a 9,5 miliardi e a 37 miliardi nell'arco di piano.
Tra i primi a commentare il piano sono stati gli analisti di Intesa Sanpaolo che a prima vista hanno sottolineato la delusione del mercato a caldo, particolarmente in termini di Ebit adjusted atteso al 2023, ben sotto le stime e il consensus e uno "sviluppo limitato delle rinnovabili". Le attese sull'Ebit adjusted risultano limati in media del 15%. Tuttavia, gli esperti, che hanno in pratica ricalcolato da 16,6 a 16,3 euro il prezzo obiettivo su Eni, hanno anche evidenziato due elementi favorevoli: la nuova dividend policy e la forte generazione di Cash Flow From Operations.
Più positiva la view degli analisti di Jefferies, che hanno indicato un target price di 19 euro. Espressa la loro sorpresa sulla negativa reazione a caldo del mercato, hanno messo in evidenza che la guidance di Capex è stata ben superiore alle attese, e che comunque la nuova politica di distribuzione allinea l’azienda con i competitor, lasciando spazio per ulteriore crescita. Il nuovo dividendo per azione non è più legato al petrolio, ma fissa il rendimento del gruppo ai più alti livelli del settore. Stesso prezzo obiettivo per gli esperti di Equita Sim, secondo cui i target del piano in termini di generazione di cassa sono risultati migliori delle attese, così come la remunerazione degli azionisti: “Il piano ha quindi implicazioni positive per le nostre stime di Cash Flow 2023-26, a parità di ipotesi sulle commodity, e di remunerazione mentre sono marginali per i numeri di conto economico".
Ubs ha attribuito un target price diè 18 euro, dichiarandosi soddisfatta per i positivi gli aggiornamenti arrivati sul fronte del Cash Flow From Operations e della remunerazione dei soci. Prezzo obiettivo più prudente per gli esperti di Bestinver, fissato in area 15-16 euro. Ritengono che Eni continui ad essere molto attraente in termini di generazione di cassa, ma i suoi livelli di valutazione sono sostanzialmente in linea ai peer.
Plenitude, quando allungare l’attesa non aumenta il piacere
Se è vero che l’attesa del piacere è essa stessa piacere, è pur vero che prolungare troppo questa attesa non è detto che porti a un aumento del piacere, soprattutto se è quello del mercato. È quanto sta avvenendo nel caso di Plenitude, la società green di Eni dedicata alle energie rinnovabili, in attesa di sbarcare in Borsa. Ma quando? Se a livello di numeri, le previsioni del top management sullo sviluppo di Plenitude sono forti e chiare, quello sul fronte dei tempi dell’attesissimo collocamento in Borsa sono apparsi troppo indefiniti. Dopo aver raggiunto l’obiettivo di oltre 600 mln di euro di Ebitda proforma nel 2022, Plenitude prevede di triplicare questa cifra fino a 1,8 mld nel 2026. Ma sui tempi di arrivo sul listino azionario? Su questo tema, l’AD di Eni ha infatti detto che per Plenitude, invece, "non ci sono alternative, andiamo avanti, non abbiamo un piano B, ma un Piano A e un Piano A perché la nostra intenzione è di dimostrare il valore. Può esserci l'Ipo o un partner strategico o entrambe, dipende dalle condizioni del mercato". Insomma, per quanto riguarda le "tempistiche è difficile dirlo adesso''. E il mercato resta alla finestra.
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