Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. Si chiama Retail Investment Strategy ed è il provvedimento a cui sta lavorando la Commissione europea per innovare e uniformare la consulenza finanziaria in Europa. In questo quadro per forza di cose si è tornati a discutere di retrocessioni, cioè le commissioni pagate da banche e reti di distribuzione ai consulenti finanziari per collocare i loro prodotti.
Oggi, per capire un po’ meglio cosa ci dobbiamo attendere e perché questo aspetto ci interessi particolarmente, ho il piacere di trovarmi in collegamento con Massimo Scolari, presidente di Ascofind, l’Associazione per la Consulenza Finanziaria Indipendente.
Ecco, Massimo, come spesso è accaduto, la proposta iniziale della Commissione sembrava andare con decisione in una direzione precisa, e cioè l’abolizione delle retrocessioni sui fondi, tuttavia oggi si vive una fase di stallo, anche perché molti Paesi si sono detti contrati, tra cui l’Italia. Per cominciare, ci puoi riassumere brevemente la situazione?
Massimo Scolari: Buongiorno a tutti. C’è stata una lettera inviata dalla commissaria McGuinness a un membro del Parlamento europeo in cui si annunciava l’eventuale iniziativa di modifica della regolamentazione Mifid in relazione alla percezione degli incentivi, motivandola con molte evidenze che sono state raccolte dalla Commissione europea. Cosa è successo dopo? È successo che un po’ di esponenti del mondo politico-governativo di alcuni Stati membri e alcune associazioni di intermediari hanno espresso una valutazione molto contraria a questa proposta paventata, che non è ancora stata presentata. I prossimi passi dovrebbero vedere la presentazione della proposta della Commissione che si preannuncia per l’inizio del mese di maggio.
Baselli: Le retrocessioni – cioè i compensi che le case prodotto girano a chi colloca i loro strumenti finanziari – non sono una realtà solo italiana, ma sicuramente per gli investitori italiani giocano un ruolo molto importante, dato che l’Italia è il mercato più caro d’Europa in termini proprio di costi legati ai fondi comuni d’investimento. Cosa potrebbe succedere in Italia se venissero totalmente abolite le retrocessioni? Da un lato banche e reti di distribuzione avrebbero una contrazione significativa delle loro entrate, magari anche con conseguenze sul numero di consulenti finanziari in circolazione. Sarebbe però dall’altro lato un volano per la consulenza indipendente, immagino. Tu come la vedi?
Scolari: Guarda, la stessa discussione avvenne 10 anni fa in Inghilterra, quando fu introdotta la RDR (Retail distribution review) con appunto l’abolizione delle retrocessioni. Molti osservatori dicevano esattamente la stessa cosa: ci sarà una contrazione dei ricavi, degli utili, ci sarà una diminuzione del numero di consulenti, ecc. Guardando 10 anni dopo, non è successo niente di tuto questo.
Al di là di alcune iniziali difficoltà nella transizione, in Inghilterra dopo 10 anni abbiamo un numero superiore di consulenti finanziari che operano – contrariamente all’Italia, dove c’è stata una contrazione nel numero di consulenti finanziari nello stesso periodo – abbiamo una crescita dei ricavi delle società di consulenza finanziaria che hanno cambiato modello di business, alcune lo hanno mantenuto, altre hanno dovuto cambiarlo adattandosi a questa nuova regolamentazione, quindi credo che la capacità di adattamento del sistema finanziario anche in Italia e in Europa continentale porterebbe sicuramente alla capacità di continuare e di accrescere il proprio lavoro anche in un altro contesto normativo.
Baselli: Molto interessante. Per chiudere, qual è il tuo augurio? Cioè, come vorresti che finisse questa storia? Cosa faresti tu se avessi la bacchetta magica e riuscissi a mettere d’accordo tutti e a prendere la decisione finale? E invece come pensi che finirà nella realtà, vista la necessità come sempre di trovare un compromesso?
Scolari: Visto che è una domanda personale, rispondo con la mia visione personale. Francamente, non mi piacciono né gli obblighi, né i divieti o le imposizioni dall’alto. Sarei molto contento se le autorità, il legislatore, le autorità di vigilanza e i partecipanti al mercato trovassero delle strade per perseguire e raggiungere gli obiettivi di comune interesse. Quali sono gli obiettivi di comune interesse? Primo, ampliare il mercato, far partecipare un numero maggiore di investitori, perché su questo ci guadagniamo tutti. Includere, non escludere: includere i giovani investitori.
Il secondo obiettivo è ridurre i costi dei servizi e dei prodotti d’investimento, perché in alcune situazioni, come in Italia, sono troppo elevati rispetto ai rendimenti che il mercato offre. Questa è una cosa che non possiamo nascondere, è un’esigenza per far in modo che ci sia maggiore fiducia. La terza cosa è che ci sia più trasparenza, che l’investitore sappia che cosa paga e per che cosa paga e che si crei un clima appunto di trasparenza e di fiducia tra consulenti finanziari, le banche, le Sgr e gli investitori finali.
Baselli: Chiarissimo. Grazie ancora a Massimo Scolari. Per Morningstar, Valerio Baselli, alla prossima.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.