La Federal Reserve americana ha annunciato un nuovo aumento dei tassi di interesse mercoledì 22 marzo, ma l’attenzione del mercato era altrove: l'impatto della crisi bancaria emersa negli ultimi giorni.
Fino all'inizio di marzo, le aspettative per la riunione della Fed di questa settimana si basavano esattamente sulle prospettive per l'inflazione e sul ritmo della crescita economica più forte del previsto, ma con il crollo della Silicon Valley Bank SIVB e gli eventi successivi, l'equazione per la Fed è cambiata radicalmente.
Probabile un drastico taglio dei tassi nel 2024
La Fed sta ora lottando per tracciare la migliore rotta da seguire, dato che l'economia statunitense sembra trovarsi sospesa tra l'inflazione elevata e il rischio di una crisi finanziaria. La Fed si aspetta di mantenere i tassi a un plateau di circa il 5% fino alla fine del 2023, ma riteniamo che dopo tale data sia probabile che i tassi scendano bruscamente.
La Fed ha proseguito con un altro aumento dello 0,25% dei tassi sui fondi federali che ha portato l’intervallo obiettivo a essere compreso tra il 4,75% e il 5,00%, nonostante i segnali di difficoltà nel sistema finanziario statunitense.
Il mercato si aspettava un aumento di questo tipo prima della riunione, anche se alcuni investitori avevano scommesso sulla possibilità che la Fed si astenesse da un rialzo in questa riunione per aiutare a stabilizzare il sistema finanziario.
I timori di una potenziale crisi finanziaria si sono moltiplicati in seguito al fallimento della Silicon Valley Bank il 10 marzo, quando la banca è stata posta in amministrazione controllata dopo una corsa agli sportelli. Con circa 200 miliardi di dollari di asset, questo è stato il secondo più grande fallimento di una banca assicurata dalla FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) nella storia degli Stati Uniti (dopo la Washington Mutual nel 2008).
Il 12 marzo, anche la Signature Bank SBNY (110 miliardi di dollari di asset) è fallita. Il destino della First Republic Bank FRC (200 miliardi di dollari di asset) è in pericolo a seguito di una nuova corsa agli sportelli. Nel frattempo, una brusca crisi di liquidità ha costretto Credit Suisse CS a chiedere aiuto alla rivale UBS UBS, che l’ha acquisita per 3,3 miliardi di dollari, segnalando come le turbolenze finanziarie si siano diffusione anche ai mercati europei.
La Fed porta i tassi al livello più alto dal 2007
Con l'aumento di oggi, il tasso sui fondi federali ha raggiunto un obiettivo compreso tra il 4,75 e il 5,00%, il livello più alto dal 2007. Complessivamente, la Fed ha aumentato il costo del denaro di 4,75 punti percentuali da marzo 2022: l’aumento più alto mai registrato in un anno dal 1980-81, quando la Fed cercò di domare la “Grande Inflazione” che imperversò per tutti gli anni '70.
L’aggressivo rialzo dei tassi dei primi anni '80 mise in moto una cascata di fallimenti bancari nel corso di quel decennio (denominata crisi dei risparmi e dei prestiti). In quell'episodio, alcune banche erano fortemente esposte al rischio di tasso di interesse, il che significa che avrebbero subito perdite con l'aumento dei saggi. Il settore bancario ha imparato da quella crisi a fare un lavoro migliore nella copertura del rischio tassi di interesse e oggi la maggior parte delle banche sembra essere in grado di superare la tempesta degli aumenti. Tuttavia, c’è una piccola minoranza di banche che non è riuscita a coprirsi adeguatamente da tale rischio, portando ai recenti problemi di instabilità finanziaria.
Sebbene il mercato si aspetti ora un progressivo taglio dei tassi prima della fine del 2024, per portarli al 4,25%, la Fed prevede di mantenere il costo del denaro a circa il 5,00%. La banca centrale americana ritiene di poter frenare le difficoltà finanziarie con strumenti diversi dal taglio del tasso sui fondi federali, facendo intendere che la politica monetaria rimarrà restrittiva per continuare a combattere l'inflazione.
A tal fine, la Fed ha aperto i rubinetti dei finanziamenti per le banche bisognose di liquidità, tramite la tradizionale finestra di sconto insieme al suo nuovo Bank Term Funding Program. Le difficoltà finanziarie non sembrano peggiorare e il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che "i flussi di depositi si sono stabilizzati nell'ultima settimana".
Mercati scettici sulle previsioni della Fed
Le opinioni del mercato sul percorso futuro dei tassi di interesse sono cambiate bruscamente in risposta agli eventi delle ultime settimane. Chiaramente, il mercato si sta preparando a una probabilità molto più alta di recessione e/o al rischio di crisi finanziaria. Ciò significa che è più scettico sul fatto che la Fed possa stabilizzare il sistema finanziario mantenendo alto il tasso sui fondi federali.
Anche se la Fed riuscirà a prevenire ulteriori fallimenti bancari, una domanda chiave è quanto l'offerta di prestiti bancari si ridurrà sulla scia dei recenti eventi. Gli standard sui prestiti bancari si erano già inaspriti negli ultimi mesi e la situazione peggiorerà ulteriormente man mano che le banche passeranno a un atteggiamento più conservativo. Ciò contribuirà a ridurre gli investimenti e le assunzioni delle imprese, insieme alla spesa dei consumatori. Ma come ha riconosciuto Powell, è difficile stimarne l’impatto.
Nel breve termine (nei prossimi due o tre trimestri), tendiamo a concordare con l'opinione della Fed secondo cui il tasso sui fondi federali potrebbe rimanere elevato senza innescare nuove difficoltà finanziarie. Inoltre, non diamo per scontato che i problemi bancari peseranno enormemente sulla crescita economica. Centinaia di banche, anche se per lo più molto piccole, fallivano ogni anno nella seconda metà degli anni '80, eppure non si è verificata né una crisi finanziaria né una recessione. Non tutti i fallimenti bancari sono forieri di un crollo del sistema finanziario in stile 2008.
Qualunque sia l'impatto finale, ci vorranno probabilmente diversi trimestri prima che l'inasprimento degli standard di prestito influisca sulla spesa delle imprese e dei consumatori. Pertanto, l'economia non sarà immediatamente raffreddata dalle difficoltà finanziarie, e quindi nemmeno il problema dell'inflazione sarà immediatamente rimosso dai recenti sviluppi. L'inflazione core dei prezzi al consumo è stata in media del 5,2% annualizzato negli ultimi tre mesi. Prevediamo che l'inflazione torni quasi del tutto alla normalità entro la fine del 2023. Ma le previsioni di un taglio dei tassi a partire da questa estate (come si aspetta ora il mercato) sembrano premature.
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