Perché i mercati emergenti stanno attraendo gli investitori

Le regioni in via di sviluppo hanno avuto un inizio d’anno brillante sia per rendimenti che per flussi di capitali. Poi i guadagni si sono ridimensionati, ma per molti gestori è il posto in cui bisogna essere oggi.

Sara Silano 06/04/2023 | 09:07
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 Shanghai

-Da inizio anno, i fondi e gli ETF sui mercati emergenti hanno raccolto oltre 12,5 miliardi di euro in Europa.

-La ripresa cinese piò favorire altri mercati emergenti.

-Da inizio anno, tra le Borse emergenti si sono messe in luce quella messicana e di Taiwan.

Gli investitori europei stanno tornando sui mercati emergenti. I flussi di capitali verso i fondi e gli ETF (Exchange traded fund) azionari specializzati sulle aree in via di sviluppo hanno superato i 12,5 miliardi di euro nei primi due mesi dell’anno in Europa, un dato che si confronta con i 3,7 miliardi raccolti nell’intero 2022.

Ma chi sceglie i mercati emergenti deve prepararsi a navigare in acque agitate. L’indice Morningstar emerging markets TME (target maket exposure), rappresentativo dell’85% della capitalizzazione di queste Borse, è in leggero calo, dopo un inizio 2023 brillante.

Fed e mercati emergenti

“I mercati emergenti sono particolarmente vulnerabili al rischio di un esteso periodo di rialzo dei tassi di interesse negli Stati Uniti e al dollaro forte, che pesa sul debito e inasprisce le condizioni finanziarie”, dice Mark Haefele, responsabile investimenti di UBS Global Wealth Management.

In effetti, dopo la testimonianza di Jerome Powell al Senato americano, lo scorso 7 marzo, durante la quale il presidente della Federal Reserve ha fatto capire che i tassi di interesse sono destinati a salire perché l’inflazione sta frenando, ma non abbastanza, i mercati – non solo emergenti – hanno accusato il colpo. Poi c’è stato il fallimento della Silicon Valley Bank, che ha riaperto le speculazioni sul comportamento della banca centrale americana, che si è trovata nella morsa di un’inflazione elevata da una parte e del rischio di una crisi finanziaria dall’altra.

Si è così arrivati al 22 marzo, quando la Fed ha comunicato un rialzo di 25 punti base, come largamente atteso dai mercati, anche se alcuni investitori speravano in una pausa del ciclo di inasprimento monetario.

Gli effetti della ripresa cinese

Gli investitori sui mercati emergenti, tuttavia, devono considerare altri due importanti fattori. Il primo è la Cina.

Il 10 marzo è cominciato il terzo mandato presidenziale di Xi Jinping, diventato il capo dello Stato più longevo della storia della Cina comunista. Successivamente il suo alleato, Li Qiang, è stato nominato nuovo premier. Nel frattempo, le prospettive economiche sono migliorate dopo la riapertura del Paese avvenuta a fine anno, che ha posto fine alla politica zero-Covid.

L’indice ufficiale cinese PMI (Purchasing managers’ index), che è considerato il barometro dello stato di salute dell’economia, è balzato a 52,6 punti a febbraio, il massimo da più di un decennio. Inoltre, dopo il calo registrato a dicembre, nel corso del primo trimestre 2023 sono salite anche le vendite al dettaglio (+3,5%). Un’ulteriore spinta potrebbe venire dalla ripresa dei flussi turistici, dopo che Pechino ha annunciato di cominciare nuovamente a rilasciare i visti.

“La ripresa in Cina dovrebbe stimolare sempre di più la crescita negli altri mercati emergenti”, dice Haefele. “Prevediamo che la riapertura incrementerà il mercato interno dei consumi, il che dovrebbe giovare anche alle economie confinanti, così come ai Paesi produttori di materie prime in Medio Oriente, Africa e America Latina”.

Tuttavia, gli investitori devono anche essere consapevoli del fatto che il percorso non potrebbe essere così lineare come molti si attendono. David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, mette in luce il fatto che, a differenza dei mercati sviluppati, “le famiglie cinesi non sembrano disporre di un’enorme riserva di risparmi a cui attingere per finanziare un periodo prolungato di consumi sfrenati”. Di conseguenza, le ricadute sulle altre economie potrebbero essere limitate.

Chi sale e chi scende tra i mercati emergenti

Il secondo fattore da tenere a mente quando si guarda ai mercati emergenti è l’ampia divergenza tra le Borse dei singoli Paesi. Questo fenomeno “è già visibile e arriva subito dopo un anno nel quale abbiamo assistito a un delta del 40% tra il Brasile, che ha realizzato la performance migliore (+11,8%) e il fanalino di coda della Corea del Sud (-28,3%)”, spiega Dina Ting, Head of Global Index Portfolio Management di Franklin Templeton.

Dall’inizio dell’anno, il listino messicano è balzato in avanti (+17% l’indice Morningstar Mexico TME – Target market exposure al 4 aprile), insieme a Taiwan, mentre in fondo alla classifica ci sono, tra le altre, la Borsa indiana e quella turca (quest’ultima arriva però da una performance stellare nel 2022).

“Il Messico è in buona posizione per beneficiare della riconfigurazione delle catene di approvvigionamento globali, in considerazione del fatto che molte multinazionali si stanno allontanando dalla Cina”, continua Ting. “Il Prodotto interno lordo (PIL) del Paese è aumentato dello 0,4% nel quarto trimestre, rispetto ai tre mesi precedenti. A gennaio, inoltre, l’FMI (Fondo monetario internazionale) ha alzato le previsioni per il 2023 del PIL nazionale dall’1,2% all’1,7%”.

“È in costante aumento il numero dei produttori globali che investono in Messico nell’ambito di un trend più ampio noto come ‘rilocalizzazione’, che consente di avvicinare la produzione a partner commerciali chiave”, dice Ting, che sottolinea le ricadute positive sull’occupazione.

Per quanto riguarda Taiwan, l’economia e il mercato azionario sono fortemente influenzati dall’andamento dell’industria dei semiconduttori. L’anno scorso è stato difficile per questo settore, che ha subito le conseguenze dell’aumento dei tassi di interesse, ma il 2023 è partito sotto una nuova luce.

A gennaio Taiwan ha approvato una legge che consentirà alle aziende locali di chip di ottenere crediti d'imposta fino al 25% della loro spesa in R&D (ricerca e sviluppo). “È un tentativo di accrescere la competitività nel settore delle proprie aziende nei confronti di quelle americane ed europee. Si tratta dell’ultimo ‘atto di guerra’ di un conflitto nel mercato dei semiconduttori e microchip che si annuncia lungo e ricco di nuove e ulteriori mosse politiche con gli incentivi fiscali come fattore chiave. Una situazione che potenzialmente finirà per essere positivo per gli azionisti”, sostiene Simone Di Biase, Head of Relationship Management di BG Saxo.

Gestori positivi sugli emergenti

Leggendo i recenti report di diverse case di gestione è evidente l’interesse per i mercati emergenti. Secondo Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) Sgr, sono un “place to be”, ossia un posto in cui bisogna esserci in un momento di crisi di fiducia negli Stati Uniti e nell’Europa.

“I mercati emergenti si presentano ancora come un luogo abitabile per gli investimenti, non sono attraversati dal nervosismo che riguarda invece il sistema bancario delle economie avanzate e hanno dalla loro parte migliori prospettive di crescita”, dice Benetti.

Per Pictet asset management, “nel mondo azionario, tutte le strade portano ai mercati emergenti. Prevediamo che quest'anno il divario di crescita del PIL tra economie emergenti e sviluppate (attualmente al 2,5%) raggiungerà il massimo degli ultimi 10 anni. Inoltre, l'inflazione è in calo grazie alla rapida e tempestiva stretta monetaria da parte delle banche centrali delle regioni in via di sviluppo. Infine, la liquidità continua a sostenere gli attivi rischiosi,a differenza delle condizioni negative o al massimo neutrali di gran parte del mondo sviluppato”.

I migliori fondi ed ETF sui mercati emergenti

Tra i fondi azionari mercati emergenti con un Morningstar Analyst Rating positivo e un elevato Star Rating, quattro sono medaglia d’argento nelle classi disponibili agli investitori retail in Italia. In particolare, lo scorso 10 febbraio, gli analisti hanno aumentato il giudizio di J O Hambro Capital Management Global Emerging Markets Opportunities, da Bronze a Silver, grazie “al particolare approccio top-down che ha creato valore nel lungo periodo”, si legge nella nota di Lena Tsymbaluk, associate director del Manager research team di Morningstar. “A differenza della maggior parte dei concorrenti, il processo di investimento è guidato dall’analisi macro dei 26 Paesi che costituiscono l’indice MSCI Emerging markets. A livello di singoli titoli, i gestori considerano sia le valutazioni sia il potenziale di crescita delle aziende”.

Tra gli ETF (Exchange traded fund) domiciliati in Europa con Analyst Rating positivo e un elevato Star Rating, il più alto giudizio è quello di iShares Edge MSCI EM Minimum Volatility UCITS, che è medaglia d’argento (report del 1° giugno 2022). L’ETF “offre un portafoglio ottimizzato di titoli dei mercati emergenti, selezionati in base alla più bassa varianza dei rendimenti”, spiega Kenneth Lamont, senior analyst di Morningstar. In sostanza, il fondo mira a ridurre la volatilità e quindi i rischi di ribasso. Questa sua caratteristica, unita ai bassi costi, aumenta le sue possibilità di fornire rendimenti migliori della categoria nel tempo, secondo gli analisti di Morningstar.

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Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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