L'inflazione italiana ha registrato una decisa frenata nel mese di marzo, più marcata di quella inizialmente prevista, come reso noto lunedì dall'Istat.
I prezzi al consumo in Italia sono cresciuti del 7,6% a marzo su base annua dopo essere aumentati del 9,1% a febbraio. La stima iniziale dell'Istat dava un incremento del 7,7%.
Il rallentamento dell'inflazione si deve, in primo luogo, alla decelerazione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati al 19% dal 41% e all'accentuarsi della flessione di quelli degli energetici regolamentati al 20% dal 16%, i cui effetti sono stati solo in parte compensati dall'accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati al 9,1% dall'8,7%, di quelli dei servizi relativi all'abitazione al 3,5% dal 3,3%, dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, al 6,3% dal 6,1% e dei tabacchi al 2,5% dall'1,8%.
Su base mensile, i prezzi al consumo sono calati dello 0,4% dopo l'aumento dello 0,2% di febbraio e contro la stima iniziale di un decremento dello 0,3%.
L'inflazione core - che esclude energetici e alimentari freschi - resta stabile al 6,3% a marzo e anche quella che esclude i soli beni energetici non si scosta dal 6,4%.
L'indice armonizzato dei prezzi al consumo, che permette un confronto a livello europeo, mostra un aumento mensile dello 0,8% che segue quello di febbraio dello 0,1% e una crescita annua dell'8,1% che segue quella del 9,8% del mese precedente e che viene rivista dall'iniziale dell'8,2%.
A seguito dei dati di marzo, l'Istat prevede un'inflazione del 5,0% per il 2023 e un dato core del 4,0%.
Di Giuseppe Fabio Ciccomascolo, Alliance News senior reporter
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