Non abbiamo fatto in tempo a chiederci se il lungo inverno delle criptomonete fosse finalmente finito, che l’ennesimo terremoto è venuto a scuotere il mondo degli asset digitali. Le criptovalute e le azioni delle società legate alle cripto e alla blockchain sono crollate questa settimana dopo che il 5 giugno scorso la SEC (la Securities and Exchange Commission, cioè l’autorità di vigilanza statunitense) ha citato in giudizio prima Binance e il giorno dopo Coinbase, le sue principali piattaforme di scambio di criptomonete al mondo, infliggendo un altro duro colpo al settore.
Nella giornata del 6 giugno, il titolo di Coinbase (COIN) è scivolato del 12%. Invece in tre giorni, dal 5 al 7 giugno, il token di Binance (BNB) ha perso quasi il 15%, mentre Bitcoin, dopo esser scivolato del 5% il lunedì scorso, è rimbalzato il giorno successivo recuperando i livelli pre-weekend, per poi stabilizzarsi intorno ai 26.400 dollari. L’altra grande criptovaluta, Ethereum, ha vissuto un percorso simile.
Le accuse
Coinbase è stata accusata di agire come broker e piattaforma non registrata. Ma la situazione più grave è sicuramente quella che riguarda Binance. Tra le molte accuse (sono in tutto 13 i capi d’imputazione), La SEC ha citato in giudizio Binance e il suo CEO Changpeng Zhao per aver controllato segretamente Binance.com e Binance.US come parte di un “web of deception” (traducibile come “rete di inganni”) per eludere le leggi federali sui prodotti finanziari.
La Commissione, inoltra, accusa Binance di aver gonfiato artificialmente i volumi di trading sulla piattaforma, di aver ingannato gli investitori sui controlli di sorveglianza del mercato, oltre ad aver deviato i fondi dei clienti inviandoli segretamente a una società separata controllata dal già citato fondatore e amministratore delegato della società, Zhao.
La società è addirittura accusata di essere parte di uno schema di “scatole cinesi”, attraverso il quale i fondi degli utenti sarebbero stati usati per acquistare uno yacht, mascherando l’operazione come un massiccio investimento in BUSD (la stablecoin di Binance).
Insomma, accuse pesanti, ma che in fondo sono solo le ultime di una serie di azioni esecutive intraprese dall’Agenzia nel tentativo di limitare l'industria delle criptovalute, che il presidente della SEC Gary Gensler ha descritto come “il selvaggio West”.
Per la SEC, i token sono “security”
Il punto principale riguarda l’accusa di operare come piattaforma di scambio di security (quindi veri e propri titoli finanziari come le azioni e i bond) non registrate. “Quello che può sembrare un contenzioso risolvibile solamente dagli avvocati, in realtà ha implicazioni profonde sul mercato degli asset digitali poiché la SEC, attraverso le sue azioni, starebbe promuovendo l’idea secondo cui alcuni token come BNB, BUSD, SOL, ADA e Matic, non sono contratti future ai sensi della legge degli Stati Uniti, bensì security, creando un forte rischio normativo che potrebbe spingere altre piattaforme a optare per il delisting”, commenta in una nota il team di ricerca di 21Shares, emittente leader in Europa di ETP su criptovalute.
In realtà, Il numero totale di criptovalute ritenute security dall’autorità di vigilanza Usa ha raggiunto ora la cifra stimata di 61. Tra queste troviamo XRP di Ripple, Algorand, Tron, Cardano e la già nominata Solana (SOL). CoinMarketCap, sito specializzato in dati sulle criptovalute, elenca circa 25.500 cripto esistenti. La competenza della SEC in materia di criptovalute si traduce in una copertura di oltre 100 miliardi di dollari, pari a circa il 10% della capitalizzazione totale del mercato cripto, che ammonta a 1,09 trilioni di dollari.
La risposta
Binance, dal canto suo, ha voluto rispondere con una dichiarazione scritta, nella quale si difende dalle accuse affermando che “qualunque accusa secondo cui gli asset degli utenti sulla piattaforma Binance.US siano mai stati a rischio è semplicemente non veritiera” e che “tutti gli asset sono al sicuro”.
La piattaforma, inoltre, sostiene di aver “collaborato attivamente con le indagini della SEC” e che “definire un quadro normativo efficace richiede un impegno collaborativo, trasparente e ponderato, un percorso che la SEC ha oramai abbandonato”, e anzi, la stessa “ha scelto, invece, di agire unilateralmente”.
E se da un lato Binance si dice pronta a collaborare di nuovo, dall’altro ricorda che “poiché Binance non è una Borsa statunitense, le azioni della SEC hanno una portata limitata”.
Le implicazioni per l’industria
“Riteniamo che ci saranno delle reazioni da parte del mercato che i vari player dovrebbero prepararsi ad affrontare”, prosegue la nota a cura di 21Shares. “La prima di queste è sicuramente la possibilità che le piattaforme decentralizzate non-custodial, ovvero quelle che eseguono operazioni di trading senza gestire direttamente le finanze dell’utente, potrebbero effettuare il delisting di alcuni asset selezionati, in modo da non sobbarcarsi il rischio normativo e rimanere in linea con la normativa vigente. Il primo a farne le spese potrebbe essere Uniswap. Tuttavia, è bene chiarire che il delisting non comporta che l’investitore non può più esporsi a un asset digitale, che rimane accessibile grazie al suo smart contract immutabile e incensurabile, ma solo che il trading su una determinata piattaforma non sarà più possibile”.
Un secondo elemento a cui prestare particolare attenzione è la liquidità e il volume degli scambi. “La SEC sta monitorando sempre più attentamente l'industria e il caso Binance lo dimostra. Ciò potrebbe rendere più difficile l'ingresso di nuovi scambi sul mercato e potrebbe comportare un aumento dei costi di conformità per gli quelli esistenti”, commenta Stefano Bargiacchi, Head of Digital di Directa SIM, interpellato da Morningstar.
“Un’altra possibile conseguenza del caso è che potrebbe danneggiare la fiducia del pubblico negli scambi di criptovalute. Le accuse della SEC contro Binance sono serie e, se fossero vere, potrebbero erodere la fiducia del pubblico nelle transazioni. Ciò potrebbe rendere più difficile per gli scambi attirare nuovi utenti e potrebbe portare a una diminuzione del volume di scambi”, prosegue Bargiacchi.
Gli analisti di 21Shares, inoltre, ritengono “che gli utenti e i provider potrebbero ora decidere di trasferire il loro capitale su quelle piattaforme decentralizzate che svolgono anche funzioni di custodi. Questa migrazione dalle istituzioni centralizzate in realtà è già in corso ed è iniziata lo scorso novembre a seguito della bancarotta di FTX, ma gli eventi attualmente in corso potrebbero ulteriormente accelerarla”.
Infine, bisogna considerare che Binance ha dei contenziosi legali aperti anche con CFTC (il controllore del mercato dei derivati negli Usa) e con il Dipartimento di Giustizia statunitense, segno evidente di un vuoto normativo sugli asset digitali nel Paese. “Questo potrebbe spingere numerosi market maker a ridurre progressivamente le loro operazioni negli Usa, fino a che non si avrà una legislazione chiara; un’operazione che due player di primo piano come Jane Street e Jumbo Crypto hanno già avviato”, ricorda la nota di 21Shares.
Da questo punto di vista, in Europa è stato approvato recentemente il regolamento MiCa, un pacchetto normativo ad hoc sugli asset digitali che rende la situazione nel Vecchio continente meno esposta a questo tipo di rischi.
Cosa devono aspettarsi gli investitori?
Alla luce di una notizia così importante, gli investitori in asset digitali (non certo nuovi a momenti di crisi del settore) si stanno chiedendo cosa doversi aspettare nei prossimi mesi.
“Il caso Binance è ancora nelle fasi iniziali e è troppo presto per dire quali saranno le conseguenze finali. Tuttavia, è un promemoria dei rischi che gli scambi di criptovalute affrontano e dell'importanza del rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili”, spiega ancora Stefano Bargiacchi, secondo il quale “il caso potrebbe portare a una diminuzione del valore complessivo delle criptovalute, poiché gli investitori diventano più scettici nei confronti dell'industria”.
A questo punto, come sempre, il mondo si divide tra chi nelle crisi vede un’opportunità e chi per contro ci vede un rischio troppo grande da sopportare. “Per gli investitori più avvezzi al rischio e che sposano la mia visione positiva si può continuare ad accumulare piccole somme con entrate progressive per il lungo periodo, meglio se con un PAC, utilizzando strumenti come gli ETP che non espongono al rischio exchange e solo per una percentuale ridotta del proprio portafoglio complessivo, concentrandosi su Bitcoin ed Ethereum, che non sono state citate nella causa SEC come security”, afferma il responsabile digitale di Directa SIM.
“Per chi invece è più sensibile al rischio, si può attendere e osservare gli sviluppi e rimandare l'esposizione al mondo cripto a quando ci sarà maggior chiarezza e meno rischiosità”, conclude Bargiacchi.
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