Sospensione tetto del debito USA, e ora?

Paolo Mauri Brusa (GAM SGR) commenta l’accordo tra democratici e repubblicani e si aspetta un altro rialzo dei tassi Fed a luglio. Per il gestore, gli spread del credito americano restano interessanti, mentre l’azionario, soprattutto il Nasdaq, è troppo caro. Da monitorare i titoli value e le small-cap. 

Valerio Baselli 08/06/2023 | 10:06
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Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. Dopo un tira e molla durato settimane, lo scorso 2 giugno il Congresso degli Stati Uniti ha sospeso il tetto del debito fino al 2025, evitando in extremis la minaccia di un default. Ma il fallimento degli Stati Uniti era davvero una possibilità concreta? E quali sono le conseguenze di questo accordo, ora?

Ne parliamo oggi con Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR.

Ecco, Paolo, il tetto del debito pubblico degli Stati Uniti è stato aumentato o sospeso quasi 80 volte dal 1960 ad oggi, quindi non è propriamente una novità. Certo, non si può negare che questo round di negoziati sia stato particolarmente complicato, forse assieme a quello del 2011. Come mai questo blocco tra democratici e repubblicani?

Paolo Mauri Brusa: Sicuramente le divergenze tra le ali estreme dei due schieramenti sono più ampie oggi che nel passato. L’era Trump ha esacerbato un po’ le differenze, non solo nell’arco parlamentare, ma anche nel Paese. La difficoltà risiedeva nel fatto che queste ali estreme siano diventate via via sempre più influenti e anche numericamente importanti. L’opera mediatoria di McCarthy è stata notevole, anzi la maggioranza ottenuta alla fine è stata superiore a quelle ottenute nel recente passato. Però, come è stato ricordato, questa è una querelle alla quale gli americani ci hanno abituato da molti anni, il timore di un default era molto ridotto, piuttosto si temeva un accordo più drastico sul fronte dei tagli.

Baselli: Ecco, giustamente, se dovessimo sintetizzarli, quali sono invece i punti più importanti di questo accordo?

Mauri Brusa: Come detto, la sospensione del tetto del debito fino al 2025, quindi dopo le elezioni presidenziali di novembre del prossimo anno. Nei prossimi due anni il Tesoro potrà emettere debito senza alcun limite, però c’è un impegno da parte del governo sul budget di spesa che resterà invariato nel 2024 e avrà un aumento limitato all’1% nel 2025. Se consideriamo che oggi l’inflazione americana core viaggia sul 5,5%, ci rendiamo conto che sono tagli di spesa a tutti gli effetti. Le stime parlano di circa 1.000 miliardi di dollari di risparmio nei prossimi dieci anni. Rispetto al piano presentato dai repubblicani ad aprile c’è stato un ridimensionamento evidente, allora si parlava di 3.800-4.000 miliardi di tagli.

Con questo accordo non vengono toccate né le spese della difesa, né quelle del medicare, né i sussidi alle famiglie più povere. I tagli si concentreranno sulle voci di spese discrezionali, come le forze di pubblica sicurezza, la ricerca scientifica, e la gestione del territorio. Per fare cassa, verranno velocizzati alcuni progetti che riguardano il settore energetico, ad esempio si parla molto del gasdotto del Monument Valley, in Virginia, che gli ambientalisti hanno contestato per anni e che probabilmente verrà approvato velocemente. E poi termina lo stop ai pagamenti dei debiti universitari attuato durante la pandemia.

Baselli: Veniamo alle conseguenze. I mercati si aspettavano che un accordo sarebbe stato trovato alla fine, c’è stata una reazione in questi giorni? Guardando un po’ più in là, invece, voi che tipo di dinamiche prevedete da parte degli asset americani, equity e bond, nei prossimi mesi?

Mauri Brusa: Una piccola reazione c’è stata, si è vista una modesta discesa dei tassi governativi americani dopo l’accordo, ma poi in realtà c’è stato subito un nuovo rialzo quando sono usciti i dati molto buoni sull’occupazione, segno che i prezzi incorporavano un rischio default molto contenuto. Ora l’aspettativa è che il mercato torni finalmente a concentrarsi sulla crescita economica, magari sulla dinamica dei prezzi, e anche sulle valutazioni. Da questo punto di vista, i listini azionari americani sono tornati davvero cari, grazie o per colpa dell’euforia che si è creata attorno al discorso dell’intelligenza artificiale e il Nasdaq da questo punto di vista è particolarmente vulnerabile, soprattutto perché la performance positiva che abbiamo visto finora è circoscritta a pochissime mega-cap del settore tech. È stato un trend rialzista molto squilibrato che dovrà trovare il modo di correggersi, si spera con una sana rotazione settoriale, però potrebbe anche essere attraverso una dolorosa correzione.

Sul fronte obbligazionario, invece, gli spread restano abbastanza interessanti, sono un po’ rientrati rispetto ai livelli dell’anno scorso, però restano ancora appetibili. Sono un po’ più cari rispetto all’area euro.

Baselli: Per chiudere, il rapporto sull'occupazione statunitense di maggio ha mostrato una certa solidità rispetto alle attese, alla luce di questo cosa vi aspettate dalle Federal Reserve tra giugno e luglio? E di conseguenza qual è la vostra posizione per quanto riguarda le opportunità eventuali sul mercato statunitense?

Mauri Brusa: La Fed molto probabilmente effettuerà un ultimo rialzo a luglio. Ci sarà una pausa a giugno, poi un rialzo da 25 bp a luglio e poi probabilmente ci sarà lo stop. In parte per verificare che il trend al ribasso dell’inflazione visto in questi mesi prosegua e un po’ per non accentuare invece gli squilibri ancora presenti nel segmento delle banche regionali americane. Come abbiamo visto nel mese di marzo, gli effetti collaterali si quello che è stato forse il rialzo dei tassi più violento nella storia americana cominciano ad affiorare. Quindi, con la forte offerta di Treasury a breve termine che il Tesoro sta emettendo anche in questi giorni, a tassi indubbiamente molto allettanti, parliamo di Treasury a 6 o 12 mesi con tassi oltre il 5%, il rischio è che si verifichi un nuovo deflusso dai conti correnti delle banche medio-piccole. Quindi, una pausa è più che probabile.

Nei nostri portafogli stiamo acquistando corporate a breve scadenza proprio per beneficiare del rialzo nella parte breve della curva dei rendimenti e in modo opportunistico stiamo comprando anche un po’ di Treasury decennali, proprio perché il picco dei rialzi dei tassi è vicino. Pensiamo che ci sia ancora un po’ di spazio affinché il Treasury si porti verso il 4%, per questo manteniamo un po’ di liquidità, giusto per incrementare ulteriormente le nostre posizioni.

Sul fronte azionario invece per ora stiamo a guardare. Abbiamo già un buon posizionamento sull’azionario americano e potremmo anche pensare in questo caso a delle prese di profitto, almeno parziali, anche perché se il movimento continua a questi ritmi di rialzi, sarebbe utile prendere profitto sul settore tech e magari riposizionarsi negli Usa sui settori value o addirittura sulle small-cap, che hanno delle valutazioni davvero molto basse. Questo però lo faremmo nel caso di segnali positivi sul fronte della crescita economica.

Baselli: Grazie ancora a Paolo Mauri Brusa. Per Morningstar, Valerio Baselli, alla prossima.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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