Allarme sui mercati: rischio di default in rialzo. Ma quanto è realmente un pericolo?

Quello delle insolvenze di società emittenti di azioni e bond è un rischio che sta crescendo nel 2023 sotto la pressione di inflazione e tassi elevati, con lo spettro recessione economica sullo sfondo. Ma che potrebbe non sfociare in un ciclo di default completo.

Fabrizio Guidoni 23/06/2023 | 09:18
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Grafici e squalo che attacca una persona

Uno dei rischi che sta tornando alla ribalta in questo 2023 è di certo il rischio default. L’inflazione in forte rialzo, con conseguente effetto fiamma sui tassi di interesse, e i venti di recessione in giro per il mondo che seppur non imminente difficilmente non colpiranno entro la prima parte del 2024 rappresentano i principali carburanti del rialzo dei tassi di insolvenza in giro per il mondo. Ma quanto è reale questo rischio? E quanto potrebbe impattare sui mercati finanziari?

È utile ricordare che il rischio default, in estrema sintesi, è il rischio che l’emittente di uno strumento finanziario, ad esempio un’obbligazione o di un’azione, non onori il debito. Se l’emittente è una società quotata è chiaro che finire in default si traduce in un fortissimo calo delle quotazioni poiché in generale gli azionisti della società hanno meno garanzie di recuperare i propri soldi investiti rispetto ai creditori. Ma in realtà questo, come insegna il recente caso dell’insolvenza di Credit Suisse con i creditori di bond At2 ben più penalizzati rispetto agli azionisti, non è sempre vero.

Inoltre, il rischio default può esprimersi attraverso una molteplicità di canali. Può persino colpire le società del settore finanziario tramite il mercato delle materie prime. È quanto successo durante l’avvio del conflitto tra Russia e Ucraina, quando il parallelo rally delle quotazioni di alcune materie prime ha fatto esplodere i margin call sui derivati legati a queste commodity. Il risultato è stato la crisi con casi di default di istituzioni finanziarie non sufficientemente coperte per rispondere a questa esplosione dei margini richiesti dalle autorità di garanzie del mercato.

Cosa dice il termometro degli high yield europei

Quanto vale oggi il rischio default? Una misura è rappresentata dal tasso di default atteso delle società emittenti, che varia a sua volta in funzione dell’affidabilità attuale e prospettica dell’emittente e dell’area di politica monetaria di cui fa parte, come nel caso dell’Eurozona per gli emittenti supervisionati dalla Bce. In particolare, il termometro più reattivo del rischio default riguarda il tasso di default atteso delle aziende meno affidabili da un punto di vista creditizio, quelle che offrono bond inseribili nella sotto asset class high yield. Ebbene, come ci spiegano gli analisti di S&P Global Ratings, il tasso di default delle società europee di grado speculativo potrebbe salire al 3% entro giugno 2023.

Nel dettaglio gli esperti stimano che il tasso di default delle società europee speculative grade a 12 mesi possa raggiungere il 3,6% entro marzo 2024, dal 2,8% di marzo 2023. Il motivo? La combinazione di aumento dei tassi di interesse, rallentamento della crescita e costi di produzione ancora elevati potrebbe portare a un calo degli utili e a un aumento dei default, in particolare per quanto riguarda gli scambi di debito distressed e altre restructuring extragiudiziali. Spiegano da S&P Global Ratings: “un rallentamento prolungato della crescita o una recessione potrebbero far salire il tasso di insolvenza fino al 5,5% nel nostro scenario pessimistico, puntualizzano gli esperti. E se l’inflazione core si manterrà elevata le Banche centrali dovranno inasprire le proprie politiche oltre le attuali aspettative, con ulteriori impatti sulla spesa, sugli investimenti e sui flussi di cassa. Molto dipenderà dall’andamento dell''inflazione e della crescita economica nei prossimi mesi. Sebbene non rientri nelle previsioni base di S&P, se i recenti cali della headline inflation si tradurranno in un calo dell'inflazione core, i tassi d’interesse potrebbero scendere, aprendo la domanda del mercato ad un debito più rischioso, anche se non ai livelli del 2021.

Insolvenze in crescita anche in Usa

 A rafforzare le aspettative di un rischio default in crescita è anche una recente valutazione diffusa da Moody’s Investors Service. Secondo i suoi esperti a maggio sono finite in default 16 tra le società monitorate dall''agenzia a livello globale, rispetto alle 12 precedenti. “Finora, quest’anno, Moody’s ha registrato un totale di 62 default – si legge in una nota relativa alla società di rating -. Il nord America ne ha registrati 42 (41 negli Stati Uniti e uno in Canada). All’interno del nord America, il numero di default degli Stati Uniti è più che raddoppiato rispetto ai 16 dello stesso periodo del 2022. I restanti default sono stati registrati in Europa (11), America Latina (7) e Asia-Pacifico (2).

Persino le società svizzere soffrono del rischio insolvenza

Un’ulteriore forte conferma che il rischio default stia crescendo in giro per il mondo arriva dalla ricca Svizzera. Già caratterizzato dalla crisi di Credit Suisse, il 2023 registra secondo la società di informazioni economiche Dun & Bradstreet (D&B) un'ondata di fallimenti aziendali. I numeri non lasciano spazio a molti dubbi. Nei primi tre mesi dell'anno le imprese che hanno dovuto chiudere per insolvenza sono state 1.624 a livello elvetico, il 36% in più dello stesso periodo del 2022. “Il contesto economico più difficile ha portato molte imprese elvetiche a vedere esaurire il loro ossigeno nel primo trimestre e a dover dichiarare l'insolvenza", affermano gli esperti di D&B

Ma allora esiste o no un pericolo default?

Il sentiment degli analisti sul rischio insolvenza sembra nel complesso orientato verso una previsione di un deterioramento dei fondamentali del mercato degli emittenti, ma non un ciclo di default completo. Viene fatto notare che per ora i fondamentali societari del settore high yield sono ancora complessivamente solidi, grazie a un'elevata copertura degli interessi e a una leva finanziaria relativamente bassa, anche se sembrano destinati a peggiorare nei prossimi trimestri a causa degli effetti tardivi della politica monetaria sull'economia. Spiega Konstantin Leidman, Fixed Income Portfolio Manager di Wellington Management: "Sebbene stimiamo che i tassi di default dei titoli high yield aumentino, raggiungendo la media di lungo periodo (~4%-5%) nel corso dell’anno prossimo, non prevediamo un ciclo di default su larga scala. Un fattore che dovrebbe contribuire a limitare il numero di default è l’elevata qualità del mercato high yield attuale se comparato ai valori storici. Infatti, ad oggi il segmento high yield presenta una percentuale di rating CCC (la tranche con la qualità più bassa) inferiore al 9%, rispetto a quasi il 17% poco prima della crisi del 2008".

Particolarmente resistente viene ritenuto in generale dagli esperti il mercato high yield europeo. "Nel 2022 le prospettive per la classe di attivi erano leggermente preoccupanti - ha dichiarato Jake Lunness, analista, Debito high yield e dei mercati emergenti di Columbia Threadneedle Investments-: Deutsche Bank prevedeva un tasso d'insolvenza del 3,8%. Nonostante le apprensioni, nell'ultimo anno i default hanno interessato meno dello 0,5% del mercato high yield europeo, una percentuale nettamente inferiore alla media a lungo termine, che sfiora il 2%”.

Una situazione meno scura del previsto sembra essere associata anche al tema degli emittenti dei Paesi emergenti, sia sovrani sia corporate. Ad esempio, sui Paesi emergenti africani, secondo Brett Rowley, Managing Director Emerging Markets, TCW, sul fronte dei default si è diffusa un’idea sbagliata, ovvero che in Africa ci sia un gruppo di paesi a costante rischio default. "Ce ne sono stati un paio, lo Zambia e il Ghana. Lo Zambia all’inizio della pandemia e il Ghana più di recente. Ora, invece, stiamo iniziando a vedere l’altro lato della medaglia, con evidenti progressi in Ghana, ad esempio, che ha ricevuto garanzie finanziarie dai creditori ufficiali" ha affermato l'esperto.

Un’ultima nota. L’aumento del rischio insolvenza non rappresenta solo una minaccia, mettendo in crisi quotazioni di azioni e obbligazioni. La discesa dei prezzi per un aumento del rischio complessivo di insolvenze può rappresentare un’occasione per quegli investitori che conoscono bene i fondamentali delle società emittenti e per quei fondi specializzati in asset backed securities (ABS) con sottostanti che permettono varie esposizioni ai non performing, tra cui NPL di origine bancaria e crediti derivanti da procedure di insolvenza. Ma queste sono partite che possono essere giocate, e magari vinte, solo da investitori professionali.

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Info autore

Fabrizio Guidoni  collabora con Morningstar come data journalist. Ha una lunga esperienza sul mercato azionario italiano e sulla finanza sostenibile.

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