Lo chiamano il metallo rosso ed è da sempre considerato come uno degli indicatori riguardo la direzione dell’economia globale. Ma al di là dei suoi molteplici utilizzi, per il rame si sta aprendo un nuovo orizzonte, quello della transizione energetica.
Gli sforzi globali per la decarbonizzazione rappresentano infatti un motore di crescita strutturale per molte materie prime o metalli. In questo contesto, il rame può essere visto come il metallo chiave per la transizione energetica e, insieme al nichel, è uno dei materiali necessari per la trasformazione nei settori dell'energia e dei trasporti.
“Le prospettive della domanda sono promettenti”, afferma Manuel Zeuch, analista settore materie prime di DJE Kapital AG. “Le installazioni annuali di capacità di generazione di energia rinnovabile potrebbero più che quadruplicare entro il 2030 e il numero di veicoli elettrici venduti all'anno potrebbe aumentare di 18 volte entro il 2030 rispetto al 2020. L'espansione della capacità di produzione di energia rinnovabile è accompagnata dalla necessità di espandere le reti di trasmissione dell'elettricità”.
Di fatti, il rame è un eccellente conduttore di elettricità, il che lo rende il materiale ideale per i sistemi di energia rinnovabile. La sua elevata conduttività elettrica consente un trasferimento efficiente dell'energia, riducendo al minimo le perdite di potenza durante la trasmissione e la distribuzione.
Il principale utilizzo del rame raffinato (74%) è la cosiddetta vergella. Questa a sua volta mostra una segmentazione del mercato, con il 63% di cavi elettrici, il 21% di solenoidi, il 15% di cavi per telecomunicazioni e il 3% di cavi speciali. Le attuali previsioni dei principali istituti di ricerca di mercato, come CRU, Wood Mac Kenzie, International Copper Association, ipotizzano che entro il 2030, su una domanda totale prevista di oltre 30 milioni di tonnellate (nel 2022 erano circa 24 milioni), circa sette milioni proverranno dai settori della trasformazione energetica (energie rinnovabili, veicoli elettrici, espansione della rete). “Tuttavia, questa domanda aggiuntiva non può essere soddisfatta da una maggiore produzione mineraria, per cui, nella prospettiva odierna, si prevede un deficit di mercato di circa quattro milioni di tonnellate entro il 2030”, spiega Zeuch.
L’offerta di rame, infatti, è piuttosto frammentata globalmente. La fornitura mineraria è di circa 22 milioni di tonnellate. La restante parte proviene dal riciclo di scarti e rottami, che sarà sempre più rilevante in futuro. I nuovi progetti di estrazione del rame, poi, non possono essere avviati così rapidamente: le principali compagnie minerarie come Anglo American (AAL) o Glencore (GLEN) sottolineano che lo sviluppo completo di nuove miniere – dalla scoperta alla produzione – oggi richiede circa 15-20 anni.
Senza rame, niente eolico e solare
Oggi l'eolico e il solare sono tra le forme di energia rinnovabile più diffuse. Il grafico qui sotto mostra la quantità di rame necessaria per generare energia dall'eolico offshore (turbine eoliche nei mari), dall'eolico onshore (turbine eoliche sulla terraferma) e dal solare fotovoltaico rispetto a combustibili fossili come il carbone e il gas naturale.
Il rame è ampiamente utilizzato nelle turbine eoliche ed è un elemento fondamentale anche nei pannelli solari. “Affinché l'energia generata da fonti rinnovabili possa essere impiegata in modo efficace, sono necessari anche l’infrastruttura di rete elettrica e l’immagazzinamento dell'energia, e il rame, ancora una volta, è parte integrante della costruzione di entrambi”, commenta Mobeen Tahir, responsabile della ricerca macroeconomica di WisdomTree. “Inoltre, nei sistemi di immagazzinamento dell'energia, che assistono le fonti rinnovabili conservando l'energia per i giorni in cui il vento non soffia o il sole non splende, il rame viene utilizzato all’interno di batterie e super condensatori”.
Anche secondo Tahir, il rame è una materia prima insostituibile per le energie rinnovabili e con l’avanzare della transizione energetica su larga scala, la richiesta non potrà che continuare a crescere.
La domanda cinese e americana, e qualche problema lato offerta, sosterranno il prezzo
La tesi d’investimento sul rame come trend secolare è sostenuta anche da Alexander Roll, associate investment strategist di Global X, secondo il quale gli standard più severi per l'inquinamento da gas di scarico delle automobili introdotti negli Stati Uniti, oltre all'Inflation Reduction Act, spingeranno massicci investimenti in infrastrutture di ricarica elettrica e produzione di batterie, il che sosterrà la domanda americana di rame nei prossimi anni.
Ma non solo. “Il settore edile e delle costruzioni cinese è uno dei principali motori della domanda di rame, responsabile del 30% della richiesta globale”, ricorda Roll, il quale ritiene “che l'importante pacchetto governativo rivolto agli sviluppatori immobiliari (annunciato nel novembre 2022) sta alimentando questa robusta ripresa del settore edilizio cinese. Il settore immobiliare ha ricevuto nuovi finanziamenti per un totale di 162 miliardi di dollari dalle principali banche, che hanno iniettato una notevole liquidità nel real estate in Cina”.
Infine, i problemi nelle regioni minerarie come Cile e Perù, che rappresentano quasi il 40% dell'offerta mondiale di rame, hanno causato ritardi nella consegna del rame grezzo, con conseguenti interruzioni della produzione. “A queste sfide si aggiungono le basse scorte di rame negli Stati Uniti e in Europa, che fanno temere che il mercato possa a breve trovarsi in una condizione di deficit. L'esaurimento delle riserve aumenta il rischio di un'impennata dei prezzi, poiché gli operatori potrebbero affrettarsi a riempire di nuovo le proprie scorte”, conclude l’analista di Global X.
Un po’ di rame in portafoglio
Il modo più semplice per esporsi all’evoluzioni del prezzo spot di una materia prima è attraverso un ETC (Exchange traded commodity). Gli investitori europei possono scegliere tra sette ETC focalizzati esclusivamente sul rame, oltre a diversi altri strumenti che offrono esposizione a un paniere diversificato di metalli industriali. La lista sottostante esclude gli strumenti short (che restituiscono un risultato inverso rispetto al benchmark) o a leva (che amplificano i risultati – spesso giornalieri – dell’indice replicato).
Come si evince dai rendimenti esposti in tabella, questi strumenti non si equivalgono. Spesso e volentieri replicano indici diversi, basati su metodologie differenti, il che risulta in un rapporto rischio-rendimento divergente.
Ad esempio, i benchmark della famiglia RICI Enhanced (creati da Jim Rogers alla fine degli anni ’90) si allontanano dalla pratica comune di utilizzare il contratto future con scadenza più vicina come fonte di prezzo; questo per cercare di minimizzare l’effetto contango. Un elemento molto importante nel determinarne il valore degli ETC sintetici è legato infatti al rolling, cioè la sostituzione del contratto future in scadenza. Il rolling è negativo se il contratto in scadenza ha un prezzo inferiore a quello nuovo (cosiddetto contango) ed è positivo nel caso opposto (backwardation).
Questi benchmark investono perciò in contratti futures con differenti scadenze per smussare i differenziali di prezzo dei vari contratti a termine. Per ogni singola materia prima viene definito un particolare calendario per la sostituzione dei contratti future di riferimento, che tiene conto anche dei cicli stagionali; infine, un filtro per la liquidità elimina i contratti future poco scambiati. Questo spiega le commissioni in genere più alte chieste da queste strategie.
Per chi invece di esporsi direttamente alla materie prima, preferisse puntare sulle aziende che il rame lo estraggono e commercializzano, sono disponibili due ETF in tal senso: il Global X Copper Miners UCITS ETF (COPX), quotato su Borsa Italiana, e il nuovo iShares Copper Miners UCITS ETF (COPM), lanciato da BlackRock lo scorso 21 giugno su Euronext Amsterdam. Il primo replica l’indice Solactive Global Copper Miners v2 TR, mentre il secondo traccia lo STOXX Global Copper Miners Index.
I due fondi detengono molti titoli in comune, com’era logico aspettarsi, ma con pesi differenti. I due nomi più importanti del Global X, ad esempio, sono Lundin Mining Corp (LUN) e Ivanhoe Mines (IVN), mentre nel caso dell’iShares i pesi principali sono occupati da Freeport-McMoran (FCX) e First Quantum Minerals (FM).
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