I fondi azionari sui mercati emergenti domiciliati in Europa hanno attratto oltre 18 miliardi di euro nei primi cinque mesi del 2023. Sembra, dunque, che per gli investitori europei sia un buon momento per scegliere questi strumenti. Ma è proprio così? Ne parliamo con Matteo Cassiani, responsabile dell’ufficio analisi di Optima Sim.
Sara Silano: Matteo, benvenuto. I mercati azionari emergenti sono diventati un asset class molto conosciuta dagli investitori negli ultimi anni. Quali sono i principali vantaggi nell’inserirli in portafoglio?
Matteo Cassiani: L’asset class, negli ultimi anni, è cambiata in maniera importante, con l’incremento del peso della Cina (attualmente pari al 30%) e, più in generale, dell’Asia (che complessivamente pesa circa il 75% del totale). All’interno, coesistono però ampie differenze: da un lato, sono presenti listini esposti alla tecnologia, come Taiwan e Corea del Sud, così come altri più legati ai temi delle materie prime, come Brasile e Sudafrica: occorre quindi evitare di focalizzarsi sui mercati emergenti come un unicum, riconoscendo invece le diverse dinamiche regionali e sfruttare queste eterogeneità in un’attenta allocazione di portafoglio.
Silano: Quali sono i rischi dell’investimento sui mercati emergenti nell’attuale contesto di mercato?
Cassiani: Nel complesso, le economie emergenti sono molto legate ai temi della crescita economica e degli scambi internazionali. Dobbiamo distinguere temi tattici, che nel breve potrebbero risentire di un possibile rallentamento economico in USA e UE e, in alcuni casi, di valutazioni azionarie elevate, da considerazioni invece più strategiche, legate alla crescita strutturale di alcune realtà, come quelle asiatiche, che beneficiano di un trend positivo di consumi interni e di flussi di investimenti esteri volti anche ad incrementare la diversificazione delle catene produttive a livello globale.
Silano: I mercati azionari emergenti possono diversificare un portafoglio globale o sono ormai troppo correlati a quelli sviluppati?
Cassiani: Brevemente, la risposta è che l’indice azionario emergente globale presenta una bassa correlazione con l’andamento dei mercati sviluppati mondiali e, quindi, in teoria, offre un potenziale di diversificazione. Allo stesso tempo, inoltre, è chiaro come un portafoglio globale possa beneficiare dall’investimento in specifiche aree emergenti: le divergenze in termini di dinamica economica e di fondamentali/valutazioni dei singoli mercati, infatti, offrono interessanti spunti di differenziazione. Questi vanno tuttavia colti attraverso strategie di gestione attive, a cui allocare parti di un portafoglio complessivo, coerentemente con i profili di rischio dell’investitore: non dobbiamo dimenticare, infatti, che si tratta comunque di indici azionari che presentano una volatilità più elevata rispetto a quelli dei paesi sviluppati.
Silano: Matteo Cassiani, grazie mille per la tua disponibilità oggi. Per Morningstar sono Sara Silano, grazie per averci seguito.
Il video è stato pubblicato la prima volta il 10 luglio 2023.
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