In poco più di un anno, il greggio ha perso oltre un terzo del suo valore di mercato. Dal picco di 122,47 dollari al barile registrato a inizio giugno del 2022, le quotazioni del petrolio scambiato sul WTI sono scese attorno ai 75 dollari (-38%). Mentre il petrolio scambiato sul Brent, da metà giugno ad oggi, ha perso il 35%. Ma cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
Cosa aspettarsi dal lato dell'offerta di petrolio
Negli ultimi trimestri si è registrata una rapida contrazione dell’offerta di greggio e questo, dicono gli analisti di Morningstar, produrrà entro la seconda metà del 2023, o al più tardi all’inizio del 2024, un deficit dell’offerta rispetto alla domanda.
L'OPEC+, con l’Arabia Saudita in prima fila, è determinata a tagliare la produzione di greggio con l’obiettivo di sostenere il prezzo di mercato. La più ampia organizzazione di paesi produttori di petrolio al mondo ha trovato un accordo, nel giugno scorso, per estendere anche al 2024 i tagli decisi ad aprile, pari a 1,15 milioni di barili al giorno, circa l’1% della produzione mondiale. Inoltre, l'Arabia Saudita ha in programma un'ulteriore riduzione volontaria di un milione di barili di petrolio al giorno a partire da luglio, arrivando a produrre meno di 9 milioni di barili al giorno per la prima volta in oltre un decennio.
L’OPEC+ è fiducioso che questa strategia possa portare i frutti sperati, anche perché gli Stati Uniti, che sono il primo produttore al mondo di petrolio e che non sono membri dell’organizzazione, non saranno in grado di rispondere a questa mossa in tempi brevi, dato che ci vogliono mesi prima che una eventuale espansione dei programmi di perforazione dia dei risultati.
Resta però una variabile che potrebbe ostacolare in qualche modo i piani dell’OPEC+, ovvero la futura produzione di greggio della Russia. I dati relativi alla produzione russa nel mese di maggio, forniti dall’OPEC, hanno mostrato un calo di oltre 400mila barili al giorno rispetto al mese di febbraio, quando era arrivata vicina ai 10 milioni di barili al giorno. Questa contrazione è in linea con l’annuncio di ridurre la sua produzione di 500mila barili al giorno, ma Mosca ha anche indicato in più di un’occasione che potrebbe tagliare la produzione fino a 9,3 milioni di barili al giorno per intervalli di tempo variabili. L’incertezza sulla quota di produzione russa, dicono gli analisti di Morningstar, ha costretto l'Arabia Saudita ad assumersi l'onere di tagliare la sua produzione di un ulteriore milione di barili al giorno.
Quali sono le aspettative sul lato della domanda?
Più difficile è valutare la futura evoluzione della domanda globale di petrolio. Se è vero che L'Agenzia internazionale dell'energia (EIA) ha recentemente alzato le stime sulle richieste di greggio, prevedendo 100 milioni di barili al giorno in più rispetto al volume stimato lo scorso marzo, vanno considerati i fattori che potrebbero pesare sul futuro andamento della domanda.
L’economia globale sta vivendo una fase di debolezza, tra l’aumentato rischio di una nuova crisi del sistema bancario e la crescita dell’inflazione e dei tassi di interesse che potrebbero innescare una fase di recessione dell’economia sia negli Stati Uniti che nel Vecchio Continente. Il vero driver della crescita della domanda di greggio, dicono gli analisti, sarà la Cina, anche se gli ultimi dati macroeconomici non alimentano l’ottimismo a riguardo.
“Nella sua relazione di maggio, l’EIA ha sottolineato come la domanda di greggio della Cina abbia raggiunto i suoi massimi storici a quota 16 mmbpd (milioni di barili al giorno) e ha alzato le stime di crescita per il 2023, relativamente alle richieste di petrolio di Pechino, da 960.000 a 1,3 mmbpd. Il mese scorso la Banca Popolare Cinese ha tagliato i tassi di interesse a un anno (Loan Prime Rate) di 10 punti base (dal 3,65% al 3,55%) con l’intento di iniettare liquidità nel sistema e promuovere la crescita economica, mentre il governo ha approvato un ampio programma di investimenti infrastrutturali per dare un ulteriore stimolo alla domanda. Nonostante questo, però, preoccupa il trend dell’inflazione. A giugno è rimasta stazionaria (+0%), dopo il +0,2% del mese precedente. Questi numeri sono ben al di sotto dell’obiettivo fissato al 3% e fanno aumentare il rischio che il paese possa entrare in una fase di deflazione (crescita negativa dell’indice dei prezzi al consumo) che finirebbe per avere ripercussioni negative sulla crescita dell’economia”, dice Stephen Ellis Equity Strategist di Morningstar.
Le valutazioni del settore
Nonostante il recente calo del prezzo del petrolio, le attuali valutazioni di mercato del barile restano ampiamente superiori alle stime di lungo periodo di Morningstar, ovvero 55 dollari per il greggio scambiato sul WTI e 60 dollari per quello negoziato sul Brent. Questo spiega perché nonostante il -5,37% accumulato da inizio anno (in euro all’11/07/2023 riferito all’indice Morningstar Global Energy), le valutazioni di mercato del comparto energetico a livello globale siano ancora elevate, come testimonia il fatto che i tre quarti dei titoli energetici coperti dall’analisi di Morningstar siano attualmente scambiati a prezzi superiori o in linea con il fair value.
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