Il portafoglio 60/40 è morto! Viva il portafoglio 60/40!

Nonostante le recenti difficoltà, secondo Giulio Renzi-Ricci (Vanguard Europe), la più classica delle allocazioni tra azioni e obbligazioni è ancora attuale e utilizzabile. Ciò che conta sono le correlazioni tra diverse classi di attivi. E ogni aggiunta comporta un trade-off.

Valerio Baselli 16/08/2023 | 08:52
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Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. Il 2022 è stato uno degli anni peggiori di sempre per il classico portafoglio 60/40, composto cioè da azioni per il 60% e da obbligazioni per il restante 40%. Allo stesso tempo le correlazioni tra diverse classi di attivi continuano ad aumentare, rendendo di fatto sempre più difficile diversificare. Quindi, come dovrebbero comportarsi gli investitori in uno scenario del genere?

Ne discutiamo oggi con Giulio Renzi-Ricci, responsabile Asset Allocation di Vanguard in Europa.

Giulio, che cosa è successo al classico portafoglio 60/40 in quest’ultimo periodo? E, secondo voi, lo vedremo risorgere dalle proprie ceneri, oppure serve un cambio di paradigma?

Giulio Renzi-Ricci: Certo che il portafoglio 60/40 nell'ultimo anno e mezzo, negli ultimi due anni, è stato messo a dura prova proprio per gli elementi che citavi, legati essenzialmente alla correlazione. Quindi, a una correlazione che era stata principalmente negativa a partire dalla fine degli anni ‘90, tra l'azionario e l’obbligazionario, e che ha visto crescere e salire molto, diventare fortemente positiva, a cominciare con la pandemia e poi chiaramente poi con la politica monetaria che è stata adottata dalle banche centrali nell’ultimo paio d’anni.

Questo l'ha messo a dura prova perché proprio quando l'azionario stava soffrendo anche l'obbligazionario a quel punto soffriva, proprio perché l'aumento dei tassi di interesse andava a incidere sul rendimento complessivo totale degli indici obbligazionari, ad esempio.

Quello che crediamo e che, date anche le nostre previsioni per quella che sarà l'inflazione nel futuro, consideriamo un ritorno alle correlazioni negative che sono state storiche tra azionario e obbligazionario, principalmente perché non ci aspettiamo che la politica monetaria, specialmente la politica monetaria dei Paesi sviluppati, sia fondamentalmente molto diversa nel futuro da quella che è stata negli ultimi vent'anni, cioè fondamentalmente basata su inflation targeting, su gestire le aspettative di inflazione e su una politica che noi consideriamo reattiva, che è molto diversa dalla politica monetaria che ad esempio veniva fatta negli anni ‘70 o negli anni ‘80, cioè una politica monetaria che si adatta reagisce a quelli che sono gli avvenimenti nell'economia reale e che quindi segue il ciclo economico e non cerca di dettarlo.

Baselli: Come abbiamo detto i coefficienti di correlazione tra asset class sono in aumento. Perché e in quale modo si dovrebbe tenere in considerazione questo aspetto, quando si gestisce un portafoglio?

Renzi-Ricci: Si deve tenere in considerazione perché in un portafoglio multi-asset, appunto, quindi composto da azionario e obbligazionario, minore è la correlazione tra le due asset class maggiore è la frontiera efficiente, quella che viene chiamata in gergo la frontiera efficiente. Ciò vuol dire che per ogni dato livello di rischio si può raggiungere un rendimento atteso maggiore. Quando la correlazione è più alta e quindi magari passa da livelli negativi intorno al -7%, -10%, a livelli fortemente positivi come +30%, questa frontiera efficiente si abbassa, il che vuol dire che il rendimento atteso, aggiustato per il livello di rischio, è più basso.

Quello che abbiamo notato con l'analisi che abbiamo fatto è che, per esempio un portafoglio 60/40, ma lo stesso principio si applica anche a portafogli multi-asset bilanciati, con alte percentuali di azionario/obbligazionario, è che quell'impatto della correlazione sui benefici di diversificazione, per carità, esiste, ma non è magari così accentuato come la maggior parte degli investitori potrebbe aspettarsi. Quindi, giusto per fare un esempio: una correlazione tra obbligazionario e azionario globale che passa dal -7%, cioè i livelli che abbiamo visto più o meno di media negli ultimi vent'anni, a livelli di +33%, più in linea con gli anni ‘90, un portafoglio che sarebbe stato 60/40, adesso diventa 62/38, con una perdita percentuale del rendimento atteso di circa 0,5.

Quindi sì, un impatto, ma non magari così sostenuto come la maggior parte degli investitori potrebbe pensare. Perché? Perché quello che importa è che la correlazione non sia uguale a uno, cioè che non sia una correlazione del 100%. Questo è l'elemento principale di una diversificazione in portafoglio a livello multi-asset, ma chiaramente si applica anche alle singole asset class, fino a quando quella correlazione è sotto l’uno, ci sono benefici di diversificazione.

Baselli: Per chiudere, da un punto di vista più operativo, in questo momento qual è il modo migliore per diversificare la propria asset allocation? C’è chi sostiene di dover aggiungere strategie alternative, materie prime, ecc. Qual è la vostra posizione in merito?

Renzi-Ricci: Noi crediamo che un punto di partenza di un portafoglio bilanciato multi-asset, come può essere quello 60/40 con i principi legati a questo, rimanga valido adesso anche nel futuro. Chiaramente, può essere aggiustato e quindi possono essere fatte correlazioni, diciamo ai margini, a seconda di quelle che possono essere le preferenze e anche le circostanze di un investitore. E se si vuole, ad esempio, adottare e aggiustare quel portafoglio per determinati obiettivi.

Faccio un esempio, sicuramente uno dei temi fondamentali dell'ultimo anno, anno e mezzo, è stato un portafoglio che sia in grado di reagire all’inflazione non attesa. Sicuramente avere una componente, l'abbiamo notato anche nei nostri studi, di commodities, non necessariamente real estate, ma commodities in portafoglio ha aiutato, ha aiutato anche perché l'inflazione, quella che noi chiamiamo la headline inflation, era fortemente dettata dall'andamento dei prezzi dell'energia e quindi delle commodity, quindi era un particolare tipo di inflazione. Ma comunque anche in termini attesi se quello che si vuole cercare di ottenere è un hedge sull’inflazione non attesa, sicuramente una componente commodities può aiutare l'investitore, tenendo conto però che, come molte altre situazioni quando si parla di portafoglio di investimento, è un trade-off.

Cosa intendo? Che le commodities possono sicuramente aiutare nel lungo periodo a fronteggiare l'inflazione non attesa, ma tendono anche ad aumentare il livello di rischio del portafoglio multi-asset, perché hanno una volatilità maggiore e quindi questo è un elemento che l'investitore deve tenere in considerazione: qual è appunto il trade-off tra i due, coprirsi dall'inflazione ma anche essere coscienti del fatto che questo può portare a un aumento complessivo del rischio del portafoglio.

Baselli: Grazie ancora a Giulio Renzi-Ricci. Per Morningstar, Valerio Baselli, alla prossima.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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