Dopo mesi passati a "non interferire" sul dossier della rete Telecom perché "è un'asta tra privati", a metà agosto il governo italiano muove le sue pedine ed entra in partita con EUR2,5 miliardi. Più o meno la stessa cifra che conta di ricavare dalla tassa straordinaria sugli extraprofitti delle banche.
In Piazza Affari, intanto, le quotazioni delle banche sono ancora nervose. Dopo i recuperi di ieri (giovedì 10 agosto), l'indice FTSE Italia Banche cede lo 0,3%; Intesa passa di mano a EUR2,4 con un calo dello 0,25%; UniCredit perde lo 0,6% a EUR22,2; Banco BPM è stabile a EUR4,3; MPS recupera l'1% a EUR2,5. Mentre Telecom Italia apre con un rialzo del 3% e nel primo pomeriggio guadagna lo 0,7% a EUR0,27.
Dopo aver trattato a lungo con gli australiani di Macquarie, il governo sceglie dunque di appoggiare gli americani di KKR. Insomma, a conti fatti la rete italiana è destinata a passare dal controllo francese (via Vivendi) a quello americano. Al contempo, dopo la privatizzazione del 1997, lo Stato torna nei telefoni, seppure nella parte infrastrutturale.
Ieri è stato firmato un memorandum d'intesa per presentare insieme un'offerta a TIM per NetCo, con il Tesoro italiano pronto a rilevare fino al 20%. Nei prossimi giorni ci sarà un Dpcm per completare l'iter e il 28 agosto il consiglio dei ministri dovrebbe approvare il decreto per l'ingresso di Via XX Settembre nella rete scorporata da TIM.
Un colpo di scena, dopo mesi in cui il governo guidato da Giorgia Meloni è sembrato giocare da spettatore. Ancora a maggio, c'era il massimo riserbo sul dossier della rete, dopo che a Natale il premier Giorgia Meloni aveva ribadito di volere una rete unica nazionale sotto il controllo pubblico.
Lo scorso 5 maggio, per esempio, il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, aveva affermato: "Su TIM è in corso un'operazione privata che riguarda offerte anche di operatori internazionali il governo non interviene, non parla, credo che questo sia saggio. Le scelte spettano al consiglio di amministrazione quindi è saggio che il governo aspetti la decisione dell'azienda".
Il 25 maggio era toccato ad Alessio Butti, sottosegretario con delega alle telecomunicazioni, fare il pompiere: "Quello della rete è un tema delicato perché Telecom è un'azienda privata e ci sono stakeholder che si stanno confrontando. Speriamo che lo facciano in fretta. Gli obiettivi del Governo li conoscete".
Poi Butti aveva aggiunto: "Se fossimo in Venezuela probabilmente qualcuno interverrebbe, ma qui siamo in uno stato che rispetta il libero mercato e quindi il governo deve solo capire e attendere quanto sta succedendo".
Entro il 30 settembre il fondo KKR, con i suoi nuovi alleati pubblici, presenterà la sua offerta a Telecom, insieme anche al fondo infrastrutturale italiano F2i, che potrebbe prendere il 10%. A regime, quindi, in mani italiane dovrebbe restare circa il 35% della NetCo, con pesi ancora da chiarire anche per Cdp (si ipotizza un 5%).
Con il 35% in mani italiane, NetCo sarebbe dunque al riparo dal Golden Power del governo e avrebbe bisogno del via libera degli italiani per le operazioni più importanti.
KKR ha indicato in EUR23 miliardi il valore della rete Telecom, pronta ad attingere per EUR12 miliardi a capitali proprio e per il resto a un maxifinanziamento bancario. Il MEF, per parte sua, dovrà trovare circa EUR2,5 miliardi per entrare nella partita e il ministro Giancarlo Giorgetti sta cercando le risorse necessarie.
Sarà un autunno caldo anche sul fronte delle banche. Il governo ora ha 59 giorni per portare a casa il decreto sulla tassazione degli extra profitti, con l'Abi pronta a trattare e Forza Italia assai scontenta del provvedimento. Per le banche, l'impatto della misura oscilla tra gli EUR2 e gli EUR3 miliardi, ovvero il 10% degli utili 2023 stimati. Curiosamente, la cifra non si discosta molto da quella che al Tesoro servirebbe per prendere il 20% di NetCo.
Nel luglio del 2022 la Spagna ha introdotto una tassa straordinaria sulle banche simile a quella varata oggi dal governo italiano, ma che colpisce anche i margini da commissione. A un anno di distanza non si sono verificati né un aumento significativo dello spread né una fuga dei capitali stranieri, fenomeni che secondo alcuni osservatori si potrebbero verificare in Italia.
Nel 2022 gli istituti spagnoli hanno aumentato del 25% gli utili a quota EUR20 miliardi e il gettito della tassa speciale dovrebbe essere sugli EUR2 miliardi. Nell'ultimo anno, se si guardano le prime tre banche spagnole quotate a Madrid, le azioni sono salite del 39,6% per Santander, del 53% per Bbva e del 27% per Caixabank. L'anno prossimo il governo deciderà se rendere il prelievo forzoso permanente.
Di Francesco Bonazzi, Alliance News columnist
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