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Il governo oggi (lunedì 28 agosto) fa un passo avanti verso la rete Telecom, ma i francesi di Vivendi attendono ancora di essere convocati a Palazzo Chigi per capire se l'offerta di KKR verrà alzata o, almeno, per conoscere più in generale i dettagli della complessa operazione nella quale lo Stato italiano ha deciso di giocare da protagonista dopo mesi attesa.
Nel pomeriggio, in Piazza Affari, i titoli Telecom spiccano il volo con un rialzo del 3,6% a EUR0,28 per azione (alle 17.12, Ndr).
A Borsa chiusa si terrà la prima riunione del Consiglio dei ministri dopo la sosta estiva, con al centro le prime discussioni su una manovra finanziaria che si presenta difficile e il tema delle coperture e dei tagli alle spese dei ministeri.
Sul fronte della rete in fibra ottica, che Giorgia Meloni a fine anno aveva auspicato fosse "unica, nazionale e sotto il controllo pubblico", serve un apposito Dpcm per rendere operativo il memorandum di intesa su Tim firmato lo scorso 10 agosto tra il MEF e il fondo americano KKR, in base al quale lo Stato controllerebbe circa il 35% della nuova NetCo.
L'operazione, al momento, non configura certo l'italianità dell'infrastruttura, che passerebbe comunque dai francesi agli americani, ma in qualche modo dovrebbe assegnare ai soci nazionali quantomeno un potere di blocco su questioni strategiche e il controllo su una reale neutralità della rete. Oltre al fatto che su Telecom vige sempre il Golden Power, in casi estremi.
In particolare il Tesoro dovrebbe prendere una quota del 20% sborsando una cifra tra EUR2 ed EUR3 miliardi, a seconda del destino di Open Fiber. Per farlo, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti dovrà trovare le risorse a bilancio e ci dovranno essere le necessarie coperture che poi sarà la Ragioneria generale a verificare.
In più, l'operazione va costruita giuridicamente con grande attenzione per evitare che Bruxelles ravvisi l'ipotesi di aiuti di Stato. Mesi e mesi di dichiarazioni pubbliche di membri del governo sul problema dell'alto debito di Telecom e sul rischio esuberi, in effetti, potrebbero creare qualche incomprensione con l'Antitrust europeo.
Al fianco del MEF sono comunque pronti a scendere in campo F2i e la Cassa depositi e prestiti, che potrebbe limitarsi a prendere non più del 5%. Da ricordare che la CDP ha in pancia già il 10% di Telecom Italia e il 60% di Open Fiber, che sarebbe il principale rivale di TIM sulla rete.
Il 24 giugno scorso il fondo KKR ha ricevuto dal consiglio di amministrazione Telecom il diritto esclusivo a negoziare fino al 30 settembre. L'offerta dovrebbe aggirarsi sugli EUR21 miliardi, che salirebbero a EUR23 miliardi se dovesse entrare in gioco anche la questione Open Fiber, dove il socio di minoranza è il fondo australiano Macquarie con il 40%.
Nelle intenzioni del Tesoro c'è di poter vigilare, coordinando un pacchetto del 35% della nuova società, sulla gestione della rete unica e partecipare a tutte le scelte strategiche. Serve però un via libera di Vivendi, che ha in mano il 24% di Telecom Italia. E qui la partita si fa più complicata perché i francesi valutano la rete EUR31 miliardi e hanno fatto capire che non scenderanno mai sotto EUR26 miliardi.
Per Vivendi è molto importante capire come verranno divisi debito e dipendenti della Telecom, che oggi sono 40.900 e in base all'ultimo bilancio pesano per il 21,8% sul totale ricavi. La proposta di KKR prevede che il fondo USA si accolli tra EUR8 ed EUR10 miliardi di debito. Al 30 giugno scorso, l'indebitamento finanziario netto era pari a EUR26 miliardi. Il timore di Vivendi è che venga lasciata troppa zavorra finanziaria sulle spalle della nuova TIM Servizi.
In ogni caso, per le prossime due settimane è previsto un incontro ufficiale tra il governo e Vivendi per provare ad ammorbidire la posizione dei francesi. Nel frattempo, continuano gli studi da parte dei rispettivi legali per stabilire se la vendita della rete debba per forza passare attraverso un'assemblea straordinaria, nella quale Vivendi avrebbe i numeri per creare una paralisi e bloccare la cessione, oppure se basti una semplice assise ordinaria.
Oltre ai francesi, il governo e l'attuale proprietà di Telecom devono tenere conto delle banche creditrici e delle infrastrutture in garanzia dei debiti. Il gruppo ha debiti bancari per EUR5,7 miliardi con i principali istituti italiani e ha in circolazione bond che al 30 giugno scorso prevedevano un valore complessivo di rimborso nominale da EUR17,3 miliardi. Il costo medio del debito, sempre in base all'ultima semestrale, si attesta al 4,9%.
Nelle prossime settimane, il ruolo delle banche emergerà con maggior chiarezza, quando si formerà il consorzio di istituti che finanzierà circa la metà della cifra per cui si impegna KKR. Alcuni di essi sono già grandi creditori della vecchia Telecom.
Di Francesco Bonazzi, Alliance News columnist
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