Morningstar alza le stime del Pil per il 2023.
Le previsioni sull’inflazione.
Le future mosse della Federal Reserve.
Perché gli analisti di Morningstar sono più ottimisti sulla crescita dell’economia americana nel lungo periodo.
Nel suo ultimo outlook del 28 agosto, Morningstar ha alzato le stime di crescita dell’economia Usa per il 2023 al 2,3%, sulla scia degli ultimi dati relativi all’andamento dei consumi delle famiglie, dei posti di lavoro e del mercato immobiliare.
Nel breve periodo le previsioni dei nostri analisti sono di poco più ottimistiche rispetto a quelle del consensus, ma differiscono in maniera significativa nel lungo termine. Per il 2023 e il 2024, il divario è rispettivamente di 20 e 10 punti base, mentre sale a 2,7 punti percentuali se si sommano i differenziali delle stime per gli anni che vanno dal 2025 al 2027.
Nel primo caso, le ragioni di questo gap sono da ricercare nelle aspettative sull’andamento dell’inflazione americana nei prossimi due anni. Morningstar, infatti, è convita che la maggior parte delle cause che hanno determinato la recente impennata dell’inflazione si risolverà nei prossimi anni, garantendo un periodo prolungato di pressione deflazionistica. Mentre nel lungo periodo le differenze vanno cercate nel maggior ottimismo sulla futura espansione del lato dell’offerta, sia in termini di forza lavoro che di produttività dello stesso.
Cosa aspettarsi dall’inflazione
Gli analisti di Morningstar si aspettano un’inflazione al 3,6% nel 2023 e un valore medio attorno all’1,8% nel periodo compreso tra il 2024 e il 2027. Il calo dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) è stato più veloce rispetto a quello dell’inflazione core, a causa della mancata contrazione dei prezzi dei beni durevoli. Tuttavia, aggiungono gli analisti, negli ultimi mesi le componenti dell’inflazione core si stanno muovendo congiuntamente al ribasso e le loro aspettative indicano un trend ribassista per tutto il 2023 e oltre. “L’impennata inflazionistica è iniziata per effetto della crescita dei prezzi di alcune categorie di beni, in particolare beni durevoli, energia e cibo, che inizialmente hanno pesato per il 70% dell'inflazione, nonostante rappresentino solo il 20% della spesa totale dei consumatori americani. Successivamente, la crescita dei prezzi si è allargata a molte altre categorie di beni e servizi, ma nei prossimi quattro anni prevediamo una forte deflazione dei prezzi dei beni durevoli, del cibo e dell’energia. La categoria dei beni durevoli beneficerà della rimozione di alcuni vincoli all’offerta come quello legato alla scarsità dei semiconduttori e dei miglioramenti sul fronte della logistica e ci aspettiamo che circa un terzo dell’eccesso di inflazione nel settore dei beni durevoli si riduca entro il 2027. Per quanto riguarda cibo ed energia, i prezzi dovrebbero moderarsi man mano che i settori si adattano alle interruzioni derivanti dalla Guerra in Ucraina e da altri fattori”, dice Preston Caldwell, Chief U.S. Economist di Morningstar.
I tassi di interesse rimarranno alti?
Questo, insieme alla normalizzazione della politica monetaria della Federal Reserve, dovrebbe spingere l’inflazione sotto l’obiettivo del 2% già dal prossimo anno. Morningstar, infatti, si aspetta che la Banca centrale americana si adoperi per un taglio aggressivo del federal-funds rate dall’attuale 5% a meno del 2% entro il 2025. “Se è vero che l’andamento dei tassi di interesse nei prossimi due anni dipenderà principalmente dallo stato ciclico dell’economia, nel lungo termine le nostre proiezioni sui tassi di interesse sono guidate da tendenze secolari. Fattori come l’invecchiamento demografico, il rallentamento della crescita della produttività e la crescente disuguaglianza hanno agito per decenni spingendo al ribasso i tassi di interesse reali e saranno determinanti anche nei prossimi anni. Per questo motivo ci aspettiamo che i tassi di interesse alla fine torneranno ai livelli registrati prima della pandemia”, aggiunge Caldwell.
Le previsioni del Pil di lungo periodo
Il maggior ottimismo sullo stato di salute del mercato del lavoro americano è la spiegazione delle forti differenze tra la crescita di lungo periodo del Pil stimata dagli analisti di Morningstar e quelle del consensus. Se è vero che nel breve termine l’economia a stelle e strisce risentirà degli effetti prodotti dal prolungato periodo di tassi di interesse elevati, nel lungo periodo la congiuntura sarà trainata dalla maggiore partecipazione al mercato del lavoro e dal miglioramento della produttività.
“Sebbene la Federal Reserve sembri intenzionata al momento a non adottare ulteriori rialzi dei tassi di interesse, gli effetti depressivi dei precedenti rialzi devono ancora manifestarsi nella loro interezza. I settori sensibili ai tassi di interesse, come quello immobiliare, sono stati duramente colpiti, ma non sono ancora riusciti ad abbassare il costo del lavoro attraverso nuovi licenziamenti. Finora i prestiti bancari non hanno mostrato alcuna flessione, ma la situazione è destinata a cambiare. Inoltre, anche la spesa delle famiglie diventerà più conservativa man mano che i risparmi in eccesso verranno esauriti e tutto ciò peserà sulla crescita del Pil del prossimo anno. Tuttavia, questa tendenza è destinata ad esaurirsi abbastanza velocemente, poiché ci aspettiamo che Banca centrale operi dei tagli aggressivi al costo del denaro che innescheranno una ripresa della crescita nella seconda metà del 2024 e soprattutto nel 2025”, aggiunge Caldwell.
La visione rialzista di Morningstar relativamente al Pil Usa di lungo periodo è guidata da aspettative sul lato dell’offerta di lavoro più ottimistiche rispetto al consensus. Gli analisti si aspettano che il tasso di partecipazione si riporti a livelli pre-pandemici e che l’indebolimento della produttività registrata nel 2022 sia soltanto temporanea poiché condizionata dalla pandemia. Da qui al 2027, infatti, prevedono che la produttività del lavoro cresca a un ritmo dell’1,5%, meglio di quanto previsto dal consensus e meglio rispetto a quanto registrato dall’inizio della pandemia.
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