I mercati emergenti sono indietro rispetto all’azionario globale dall’inizio dell’anno. L’indice Morningstar Emerging Markets TME segna un rialzo di circa il 3% contro il +12% di quello globale (dati a fine agosto 2023).
Tuttavia, gli investitori hanno mostrato un certo interesse per questa asset class. Morningstar stima flussi netti per quasi 17 miliardi di euro nei fondi azionari specializzati sui Paesi emergenti domiciliati in Europa, nei primi sette mese del 2023, un dato che sarebbe stato ancora maggiore se non ci fossero stati i riscatti a giugno e luglio.
In generale, l’umore degli investitori verso le Borse è stato positivo nella prima parte dell’anno e questo ha contagiato anche gli emergenti. Alcuni di questi, tra cui l’India, la Turchia e l’Ungheria, hanno toccato massimi storici. La tendenza positiva, però, potrebbe non continuare.
Cambio di sentiment sugli emergenti?
“Ad agosto, il sentiment è sensibilmente peggiorato e ciò è dovuto soprattutto al forte aumento dei rendimenti dei titoli di Stato USA e al rafforzamento del dollaro”, si legge in una nota del team sui mercati emergenti di Raiffeisen Capital Management. “Questi due fattori sono notoriamente una combinazione sfavorevole per i mercati finanziari dei Paesi emergenti. Se i rendimenti USA continueranno a salire, potremo aspettarci nuovi problemi per le azioni in tutto il mondo”.
Un altro motivo di preoccupazione è rappresentato dalla Cina, che si trova ad affrontare un contesto deflazionistico e i problemi del settore immobiliare. Intanto, il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ha annunciato un allargamento ad altre nazioni emergenti, ma non ha mostrato, per il momento, di voler intraprendere il cammino verso una moneta unica alternativa al dollaro.
Geopolitica e deglobalizzazione
Gli investitori interessati ai mercati emergenti non possono, poi, ignorare le dinamiche geopolitiche, prime fra tutte le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina e gli sviluppi della guerra in Ucraina, oltre che il fenomeno sempre più evidente della “deglobalizzazione”.
“Complici i populismi e le disruption causate dal Covid, oltre alle implicazioni del conflitto in Ucraina, diversi Paesi hanno messo in discussione la propria dipendenza da un numero ridotto di fornitori di beni e materie prime”, spiega David Rees, senior emerging markets economist di Schroders. “L'emergere di un nuovo ordine mondiale è probabilmente alla base di un nuovo ciclo di investimenti, attraverso la riorganizzazione delle catene globali del valore, l'accelerazione della transizione energetica e l'aumento della spesa per la difesa”.
Secondo Rees, alcune economie ne trarranno vantaggio, ma c’è il rischio che “il nuovo ordine conduca l'economia mondiale verso la stagflazione”.
Lo Speciale di Morningstar
Morningstar dedica l’intera settimana agli investimenti sui mercati emergenti con approfondimenti su queste tematiche e sulle strategie di portafoglio.
Lunedì 4 settembre
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