BRICS abbandonati dagli investitori in fondi

All’inizio erano in quattro, Brasile, Russia, India e Cina, poi è arrivato anche il Sudafrica e ora il gruppo potrebbe ingrandirsi. Ma gli investitori non sembrano seguire la direzione della geopolitica. In poco più di dieci anni, le strategie BRICS hanno perso oltre 9 miliardi di euro e molte non esistono più.

Sara Silano 04/09/2023 | 10:26
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Foto AP

-Il declino dei fondi BRICS è iniziato molto prima dell’invasione russa in Ucraina.

-Il patrimonio delle strategie BRICS è sceso dai 7,63 miliardi di fine 2011 a 1,31 miliardi a dicembre 2022.

-Nel corso degli anni, il concetto di BRICS è diventato poco interessante e sono emerse le diversità tra le aree, confermate anche dal recente summit in Sudafrica.

I BRICS si allargano, ma i fondi azionari che investono in questi Paesi emergenti stanno scomparendo. La causa non è solo la guerra in Ucraina, che ha azzerato le posizioni sul mercato russo, perché il declino è arrivato ben prima e dura da oltre dieci anni.

L’acronimo BRIC è stato coniato nel 2001 dall’economista di Goldman Sachs, Jim O’Neill, il quale sosteneva che entro il 2050 Brasile, Russia, India e Cina avrebbero dominato l’economia globale. Nel 2010 è stato aggiunto alla lista il Sudafrica e la sigla è diventata BRICS.

Il summit in Sudafrica

Proprio in Sudafrica, si è tenuto il summit di questi Paesi tra il 22 e il 24 agosto, durante il quale è stato annunciato l’ingresso di altre sei nazioni da gennaio 2024. Si tratta di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

“L’allargamento dei membri era atteso e ciò probabilmente rafforzerà l'importanza dell’alleanza per le discussioni geopolitiche, in particolare in Medio Oriente, da dove proviene la maggior parte dei nuovi membri e dove la Cina ha cercato di aumentare la propria influenza”, commenta Michael Langham, analista sui mercati emergenti di abrdn. “Il gruppo probabilmente utilizzerà l’allargamento anche come strumento per influenzare il dibattito politico internazionale e lo sviluppo delle istituzioni internazionali al di fuori del G7, del G20 e delle Nazioni Unite”.

I fondi BRIC sono rimasti in pochi

Gli investitori, tuttavia, non sembrano andare nella stessa direzione della geopolitica. Dopo alcuni anni di popolarità, i fondi BRIC hanno cominciato a subire deflussi e molti sono stati chiusi o fusi nelle strategie emergenti. Non è sfuggito a questo destino il comparto BRIC di Goldman Sachs, che il 16 novembre 2020 è stato incorporato nell’Emerging markets equity portfolio. La ragione, si legge nella nota della società, è “l’evoluzione del mercato dall’investimento tematico (basato su acronimi) a un’esposizione più ampia agli emergenti”.

Scavando nel database Morningstar Direct tra i fondi collocati in tutta Europa, troviamo una quarantina di Azionari sui BRIC, compresi quelli che non esistono più. Se restringiamo la ricerca ai soli sopravvissuti ne rimangono 11 disponibili agli investitori europei (quattro in Italia, vedi tabella).

Gli ETF specializzati su questo gruppo di Paesi emergenti non sono mai stati molti (sei domiciliati in Europa in base ai dati Morningstar), ma di questi ne è sopravvissuto solo uno, iShares BIC 50 UCITS ETF, che nel frattempo ha cambiato l’acronimo in BIC, escludendo la Russia e replica un indice che misura la performance delle 50 maggiori aziende di Brasile, India e Cina.

Di fatto, anche i comparti che continuano a chiamarsi BRIC hanno azzerato l’esposizione alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni.

Investitori in uscita dai BRICS dal 2011

Al di là della guerra, che ha colpito anche in fondi specializzati nell’est Europa, le strategie BRIC avevano cominciato il loro declino anni prima. Le statistiche Morningstar mostrano deflussi netti per ogni anno solare a partire dal 2011 per i fondi e gli ETF europei di questo tipo, per un totale di 9,31 miliardi di euro. Il loro patrimonio è sceso dai 7,63 miliardi di fine 2011 a 1,31 miliardi a dicembre 2022.

L’inizio del 2023 non è stato diverso dagli anni precedenti. I riscatti sono continuati (-78,57 milioni di euro nei primi sette mesi) e il patrimonio è ulteriormente sceso a 1,22 miliardi.

Troppe divergenze

Nel corso degli anni, il concetto di BRICS è diventato poco interessante e sono emerse le diversità tra le aree. L’idea iniziale di mettere insieme i Paesi a più alto potenziale di crescita economica si è scontrato con i risultati deludenti del Brasile e della Russia. Più di recente si è aggiunto anche il rallentamento della Cina, che è entrata in deflazione, dopo il dato sull’indice principale dei prezzi al consumo (CPI headline) che a luglio ha segnato -0,3% su base annua.

Come spiega in una nota il team di investimento sui mercati emergenti di Raiffeisen Capital Management, dal 2001 l’unica azione di rilievo dei BRICS è stata, nel 2014, la creazione di una nuova banca di sviluppo e di un fondo di riserva da 100 miliardi di dollari USA dei cinque paesi. Dopo non si è quasi più parlato di loro, fino ai giorni nostri quando le sanzioni dell'Occidente contro la Russia e l’intensificarsi del confronto tra Occidente da un lato e Russia e Cina dall’altro, hanno portato a un'accelerazione del dibattito sulla formazione dei BRICS come blocco geopolitico ed economico.

A rischio l’egemonia del dollaro?

Il summit in Sudafrica, tuttavia, ha fatto emergere una certa disomogeneità tra questi Paesi. “Sebbene vi siano chiari obiettivi comuni tra i membri di aumentare il loro peso geopolitico, di rimodellare e sfidare le istituzioni e le pratiche globali esistenti e di ridurre l'uso del dollaro, sarebbe un errore considerare i loro singoli obiettivi geopolitici omogenei”, afferma Langham. “In effetti, Brasile, India e Sudafrica hanno tutti respinto l'idea che il gruppo sia visto come una sfida diretta all'Occidente. Nel caso dell'India, si teme che il gruppo sia un veicolo per la Cina per espandere la propria influenza. L'allargamento dei membri aggiungerà ulteriori complessità e probabilmente limiterà il potenziale di qualsiasi piano di riforma importante da emanare dal gruppo”.

“I timori che il gruppo possa sfidare l'egemonia del dollaro sembrano per ora esagerati, visti gli obiettivi geopolitici concorrenti dei membri e la mancanza di volontà da parte di questi ultimi di cedere il controllo sui tassi di cambio e/o sulla politica monetaria”, conclude Langham.

E sulla stessa linea è Raiffeisen CM che aggiunge: “I conflitti d'interesse economici e in parte politici e l'elevato grado di eterogeneità tra gli attuali cinque membri dei BRICS rimarranno probabilmente un notevole ostacolo alla creazione di una moneta comune (c’è addirittura chi parla di valuta dominante di riserva mondiale in sostituzione al dollaro, Ndr). Ciò è ancora più valido in quanto la Russia è la forza politica trainante e la Cina la potenza economica dominante all'interno del gruppo. Se il progetto porterà effettivamente alla creazione di un ordine economico mondiale alternativo e più equo al momento è del tutto incerto. Esiste anche la possibilità di un completo fallimento o di un passaggio a obiettivi meno ambiziosi”.

I fondi BRIC al test delle performance

Per gli investitori che hanno un fondo BRIC in portafoglio, i rendimenti medi sono di circa il 5% annuo nel decennio, una percentuale che diventa negativa (-3,3% annuo) nel triennio. Questi dati si confrontano con la performance media degli azionari mercati emergenti, che è stata del +4,7% annuo nel decennio e del +1,7% annuo nel triennio (dati a fine agosto 2023).

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
HSBC GIF BRIC Equity EC21,50 USD-0,05
HSBC GIF BRIC Markets Equity EC14,76 USD-0,04
iShares BIC 50 ETF USD Dist EUR19,26 EUR-0,80
Templeton BRIC N(acc)USD18,66 USD0,68

Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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