Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. Dopo aver offerto rendimenti superiori a quelli dei mercati sviluppati nella prima decade degli anni 2000, i mercati emergenti hanno cominciato a sottoperformare a partire dal 2012. Ora viviamo un momento in cui sempre più investitori alla ricerca di rendimenti difficili da ottenere altrove, guardano all’universo emergente.
Se questa sia una buona idea o no, cercheremo di capirlo con l’aiuto di Giovanni Buffa, gestore azionario emergente di AcomeA SGR.
Giovanni, facciamo il punto della situazione: i mercati finanziari internazionali stanno vivendo ormai da diverso tempo una fase complicata, con molta volatilità e incertezza. E le sorprese non sono mancate. Come si collocano i mercati emergenti nello scenario attuale?
Giovanni Buffa: I mercati emergenti sono per definizione mercati molto volatili e in cui l'incertezza regna sovrana. Quello che è successo dopo la pandemia è che alle caratteristiche intrinseche dei mercati emergenti si sono aggiunte le tensioni geopolitiche che hanno accentuato la situazione di incertezza. E quindi possiamo dire che in questo momento storico i mercati emergenti si trovano tra incudine e martello, perché da un lato hanno negli ultimi anni migliorato i propri bilanci e la propria posizione fiscale e quindi da un punto di vista macroeconomico sono più solidi, dall'altro comunque continuano a essere dipendenti dalle politiche monetarie e fiscali dei paesi occidentali.
Quindi, nonostante abbiano fatto i compiti a casa, sono ancora dipendenti da tali flussi di capitali e quindi dalla capacità degli investitori internazionali.
Baselli: Liberiamoci dall’elefante nella stanza quando si parla di emergenti: la Cina. La Cina è stata la locomotiva dei mercati emergenti per molto tempo, ora la situazione si è ribaltata. Qual è la vostra posizione in merito? Un investitore sui mercati emergenti può fare a meno della Cina?
Buffa: Giusto ribadire che la Cina è la seconda economia del mondo, con un Pil di 18 trilioni di dollari contro un Pil degli Stati Uniti di circa 24. Quindi, non è un Paese che può essere ignorato, in special modo tra gli emergenti.
Anche perché ignorare la Cina non significa togliere rischio Cina ai portafogli. Essendo un colosso, anche altri Paesi come Taiwan, Sud Corea, Brasile, Australia, eccetera, dipendono comunque in un certo qual modo da quello che succede in Cina, per non parlare dei Paesi sviluppati. Quindi no, la Cina non può essere ignorata e il suo rischio non può essere tolto dal portafoglio e soprattutto per gli investitori emergenti.
Il nostro posizionamento attuale sulla Cina è che siamo investiti. Siamo neutrali, chiaramente. Quello che sta succedendo in Cina negli ultimi anni ha fatto sì che la propensione al rischio nel Paese sia più bassa, quindi il premio al rischio sia più alto. Ma non è un Paese che può essere ignorato.
Baselli: In una nota che avete pubblicato recentemente, sostenete che in questo momento ci sia un’opportunità storica per i gestori attivi sui mercati emergenti? Perché e su quali di preciso?
Buffa: L’opportunità storica deriva dal fatto che negli ultimi anni gli investimenti passivi sono stati tantissimi, chiaramente sia nei mercati occidentali che nei mercati emergenti. Considerate che i mercati emergenti sono formati da più di venti Paesi e quindi le possibilità di diversificazione all'interno di questo universo sono molto alte.
E diciamo che, appunto, essendo molto alte, soprattutto in un periodo in cui le valutazioni dei Paesi emergenti sono ai minimi da dieci anni, per gli investitori attivi in questo momento vediamo ottime opportunità di investimento. In particolar modo a noi, al di là della Cina di cui abbiamo parlato prima, ci piacciono il Brasile, che sta attuando un taglio dei tassi e quindi una politica monetaria accomodante, e il Sudafrica che, nonostante le difficoltà derivanti da una situazione diciamo politica del Paese che ha portato a un sotto investimento nel settore elettricità che sta portando a blackout continui nel Paese, ha delle prospettive nel medio periodo interessanti.
Anche perché sia il Sudafrica che il Brasile, che l'India, sono Paesi che comunque stanno cercando di mantenere rapporti buoni sia con l'Occidente che con la Cina e quindi con quel blocco emergente.
Baselli: Molto interessante. Grazie ancora a Giovanni Buffa. Per Morningstar, Valerio Baselli, alla prossima.
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