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Petrolio ai massimi, ecco perché potrebbe durare

Limiti alla produzione, domanda robusta e possibile risveglio dell’economia cinese spingono a pensare che il rally del greggio non sia un fuoco di paglia e che i 100 dollari al barile non siano un miraggio. Il ventaglio di ETC a disposizione degli investitori è ampio, ma attenzione alle loro caratteristiche.

Valerio Baselli 11/09/2023 | 11:40
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Petrolio

Lo scorso 4 settembre, i prezzi del petrolio hanno raggiunto il livello più alto del 2023 (all’incirca 91 dollari per il Brent e 88 per il WTI; nei giorni successivi c’è stato un passo indietro delle quotazioni e successivamente una ripresa: attualmente i due viaggiano sui 90,6 e sui 87,3 dollari, rispettivamente). Il rimbalzo è stato guidato dalle crescenti preoccupazioni per l'inasprimento delle condizioni dell'offerta globale. Il recente ottimismo del mercato petrolifero è stato alimentato dalle aspettative che i principali Paesi produttori di petrolio del gruppo OPEC+ continueranno a mantenere rigidi limiti alla produzione. Anche le crescenti aspettative che la Federal Reserve lasci invariati i tassi di interesse a settembre hanno sostenuto i prezzi del greggio.

L’estensione dei tagli alla produzione di petrolio da parte dell'Arabia Saudita e della Russia, infatti, è destinata ad aggravare la carenza di petrolio a livello mondiale e a ridurre le scorte globali. “Allo stesso tempo questo spingerà gli investimenti nel settore, portando i prezzi del greggio a rompere al rialzo”, commenta in una nota Roberta Caselli, commodity research analyst di Global X. “Nel contesto degli sforzi della coalizione OPEC+ di gestire i livelli di produzione, questa riduzione sembra ribadire ancora l'unità dell'Arabia Saudita e della Russia nella politica petrolifera e potrebbe aumentare le tensioni tra l'Arabia Saudita e gli Stati Uniti, dato che l'amministrazione Biden vuole mantenere bassi i prezzi alla pompa prima delle elezioni presidenziali”, prosegue Caselli.

Negli Stati Uniti la domanda di petrolio rimane robusta, come dimostra il consistente calo delle scorte commerciali di greggio in cinque delle ultime sei settimane, secondo i dati della U.S. Energy Information Administration. La recente attività sui mercati delle opzioni ha visto un’impennata del sentiment rialzista, con i volumi delle opzioni call sui future petroliferi statunitensi che hanno raggiunto i livelli più alti da maggio.

Anche Violeta Todorova, senior research analyst di Leverage Shares, crede che il prezzo del greggio possa spingersi oltre i 90 dollari nel breve-medio periodo. “Le principali forze trainanti dell'ultimo movimento dei prezzi del greggio sono i previsti ulteriori tagli alla produzione da parte dei principali Paesi produttori di petrolio, in particolare Russia e Arabia Saudita. La Russia ha attuato un’ulteriore riduzione di 300.000 barili al giorno a settembre, dopo un taglio di 500.000 in agosto”, afferma Todorova.

“Inoltre, i prezzi del greggio hanno trovato sostegno nelle crescenti aspettative che la Federal Reserve statunitense possa essere vicina alla conclusione della sua campagna di rialzo dei tassi di interesse e nelle indicazioni che gli sforzi della Cina per stimolare la crescita economica stiano prendendo slancio”.

In Cina, infatti, l’inaspettata espansione dell'attività manifatturiera ad agosto ha attenuato alcune preoccupazioni sulla salute economica del maggior importatore di petrolio al mondo. L’economia cinese era stata appesantita dalle difficoltà del settore immobiliare dopo l'uscita dalla pandemia di COVID-19. Gli investitori hanno risposto positivamente alle recenti misure di sostegno all'economia adottate da Pechino, come la riduzione dei tassi di deposito presso le principali banche statali e l'allentamento delle regole per gli acquirenti di case.

Secondo Maurizio Mazziero, fondatore della Mazziero Research ed esperto di commodity, “la decisione unilaterale da parte di Arabia Saudita e Russia di estendere i tagli di produzione per 1,3 milioni di barili al giorno non ha mutato lo scenario di fondo del petrolio, ma ha innescato le preoccupazioni degli operatori per l’offerta durante la stagione invernale. Infatti, il mercato si trova in deficit di produzione già dall’inizio del secondo semestre per circa un milione di barili al giorno e potrebbe raggiungere i due milioni sul finire dell’anno. Dal lato statunitense le scorte stanno scendendo rapidamente e sono ormai vicine ai minimi degli ultimi 5 anni”.

100 $ in vista?

L’azione sui prezzi della scorsa settimana ha rotto con decisione la resistenza tecnica chiave a quota 83,53 dollari, confermando che il trend ribassista dai massimi di marzo 2022 è terminato e che è probabile che nei prossimi mesi si raggiungano livelli di prezzo più elevati. “Il potenziale obiettivo al rialzo per i prezzi è compreso tra 90 e 93 dollari. La persistente crescita della produzione petrolifera statunitense potrebbe rappresentare un fattore limitante per ulteriori consistenti guadagni di prezzo nel medio termine. Nel brevissimo termine si potrebbe assistere a un lieve ripiegamento per sciogliere le condizioni di ipercomprato, ma in seguito si prevede una ripresa del rally”, spiega l’analista di Leverage Shares.

“Il movimento rialzista potrebbe per il momento essere sufficiente ad erodere la domanda eccedente e quindi il nuovo livello di equilibrio tra 82 e 92 dollari per il WTI (+3-4 dollari per il Brent) potrebbe essere mantenuto sino a ottobre inoltrato, sempreché non intervengano altri fattori di stress come ad esempio la stagione degli uragani negli Stati Uniti, la riduzione dei traffici via Panama per il livello delle acque o il sempre presente rischio relativo allo stretto di Hormuz”, spiega Mazziero, che avverte: “Inoltrandoci nella stagione fredda si potrebbe assistere invece a una ripresa della tendenza rialzista, anche in funzione delle temperature, con prezzi che potrebbero arrivare a lambire i 100 dollari per il WTI”.

Attenzione però alla volatilità in vista. In una prospettiva più a lungo termine, l'Arabia Saudita ha promesso di stabilizzare il mercato petrolifero in qualsiasi modo sarà necessario. L'economia saudita ha infatti bisogno di prezzi del petrolio più alti per garantire la stabilità fiscale e finanziare progetti vitali come la metropoli di Neom da 500 miliardi di dollari. “Il prolungamento del taglio dimostra l'impegno dei sauditi, e il prezzo minimo del greggio potrebbe stabilizzarsi a un livello più alto”, dice Roberta Caselli. “Inoltre, la possibilità che i limiti alla produzione vengano ancora estesi dovrebbe contribuire a mantenere volatilità. Infine, questa decisione potrebbe riaccendere i timori di inflazione a livello mondiale, dato che il petrolio è un input primario dell'economia globale”.

Chi investe nel settore delle commodity deve dunque tenere a mente che questa decisione di Arabia Saudita e Russia potrebbe risultare in maggior volatilità, ma anche favorire l’industria energetica americana. “In particolare, le proiezioni dicono che il fabbisogno di infrastrutture midstream rimarrà elevato, con gli Stati Uniti che producono una quantità maggiore di energia nonostante la volatilità dei prezzi”, conclude Caselli.

Il barile in portafoglio

Possibilità una volta riservata ai soli investitori istituzionali, oggi chiunque può esporsi ai movimenti del petrolio, grazie soprattutto agli ETC (Exchange traded commodity), strumenti facilmente scambiabili in Borsa e alla portata di chiunque. Come mostra la tabella sottostante, in Europa sono quotati una quarantina di ETC petroliferi.

Molti investitori pensano che l’acquisto dell’ETC dia un’esposizione diretta ai cambiamenti dei prezzi giornalieri della materia prima. In gergo, si parla di prezzo spot, ossia quello per l’immediato pagamento e la consegna del petrolio (o di altre materie prime come l’oro o il gas naturale). In realtà, non si ha una diretta esposizione al prezzo spot a meno che non si acquisti uno strumento che ha come sottostante la materia prima fisica (i lingotti, il grano o i barili di greggio).

La maggior parte degli ETC ha come sottostanti contratti derivati, i future, che consistono in un accordo a comprare o vendere la commodity a un prezzo predeterminato e a una certa data futura. Rispetto al prezzo spot, quest’ultimo include altri fattori come i costi di immagazzinamento (petroliere, silos, ecc.), le dinamiche della domanda stagionale, ecc. Di conseguenza, il rendimento di un ETC che ha come sottostante contratti future può differire dal prezzo spot.

Poi ci sono i prodotti “strutturati”, cioè a leva (che moltiplicano il rendimento giornaliero dell’indice replicato in base alla leva scelta) oppure short (che restituiscono il rendimento giornaliero inverso del benchmark). In due casi, queste due caratteristiche vengono presentate assieme (leva inversa).

Insomma, prima di acquistare strumenti del genere, è meglio avere le idee chiare su come funzionano e su cosa investono.

Brent e WTI, gemelli diversi

Il primo passo per investire in prodotti petroliferi è avere ben chiara la differenza tra WTI e Brent, dato che le rispettive quotazioni possono divergere anche parecchio.

Il Brent (nome di un giacimento scoperto nel 1971 nel Mare del Nord al largo delle coste scozzesi) è di norma utilizzato come petrolio grezzo di riferimento a livello mondiale ed è la qualità più usata in Europa. Il WTI (acronimo di West Texas Intermediate), invece, è usato come parametro di riferimento per i contratti future alla NYMEX (New York Mercantile Exchange). È la qualità più usata negli USA, perciò molto più sensibile all’avanzata del petrolio di scisto.

Occhio al “contango” e al ribilanciamento

I replicanti dedicati al petrolio, per forza di cose, sono tutti “sintetici”. Per problemi di stoccaggio e conservazione della commodity in oggetto, infatti, questi strumenti si basano tutti su contratti future e non sull’acquisto del bene fisico (come può avvenire ad esempio con gli ETC dedicati ai metalli).

Il valore degli ETC sintetici non è dato solo dal prezzo spot (puro) della commodity, come avviene per quelli fisici. Un altro elemento molto importante nel determinarne il valore è legato al rolling, cioè la sostituzione del contratto future in scadenza. Il rolling è negativo se il contratto in scadenza ha un prezzo inferiore a quello nuovo (cosiddetto contango) ed è positivo nel caso opposto (backwardation). Perciò sui rendimenti di questi ETC pesa anche la scelta nella durata dei contratti future, che possono essere mensili, bimestrali o trimestrali.

Infine, meritano un discorso a parte i prodotti “strutturati”, i quali, come indicato precedentemente, vengono ribilanciati giornalmente, il che significa che per periodi superiori a un giorno non si avrà esattamente il rendimento dell’indice doppio o inverso; anzi, più il periodo di detenzione è lungo e più la volatilità è elevata, maggiore sarà la differenza tra le  performance. Clicca qui per visualizzare alcuni esempi.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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