- Le nuove emissioni di debito del Tesoro statunitense
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In un anno pieno di sorprese sui mercati, nelle ultime settimane ce n’è stata una nuova: un’impennata dei rendimenti obbligazionari negli Stati Uniti.
Ultimamente, il mercato obbligazionario americano ha beneficiato di alcune buone notizie: l'indice dei prezzi al consumo è sceso di circa due punti percentuali negli ultimi 4 mesi e ci sono stati segnali che indicano che la Federal Reserve potrebbe aver terminato la sua serie di aumenti aggressivi dei tassi di interesse.
Tuttavia, i rendimenti dei bond, che si muovono in direzione opposta rispetto al prezzo, sono aumentati significativamente a partire dalla metà di luglio. In particolare, il rendimento dei Treasury a 10 anni, che funge da importante punto di riferimento per i mutui immobiliari, è salito al livello più alto dalla fine del 2007.
Se guardiamo il mercato obbligazionario nel complesso, notiamo che l’indice Morningstar US Core Bond è sceso dello 0,68% nelle ultime 4 settimane (al 7 settembre 2023), lasciando il benchmark in leggero rialzo da inizio anno (+0,49%). Mentre l’indice Morningstar US 10+ Yr Treasury Bond, a causa della sua maggiore sensibilità ai tassi di interesse, ha registrato un rendimento da gennaio di -3,64%.
Come si spiegano queste forti vendite? Gli osservatori del mercato obbligazionario sottolineano quattro fattori chiave che hanno spinto al ribasso i prezzi dei bond e al rialzo i loro rendimenti:
L’aumento delle emissioni di debito da parte del Tesoro statunitense
La risalita dei tassi di interesse in Giappone
Un’economia americana in salute
Un più alto premio per l’inflazione
Emissioni del debito in aumento negli Usa
Il 31 luglio scorso, il Tesoro americano ha sorpreso il mercato annunciando la necessità di emettere più debito di quanto previsto. Il governo degli Stati Uniti prevede ora di raccogliere 1.007 trilioni di dollari netti attraverso la vendita di obbligazioni nel terzo trimestre: la più grande raccolta di liquidità mai realizzata durante un terzo trimestre, circa il 25% in più rispetto a quanto stimato solo pochi mesi fa.
Questo annuncio è stato seguito, giorni dopo, dall’agenzia di rating Fitch che ha abbassato il rating del credito del governo americano da AAA ad AA+, citando un peggioramento delle prospettive fiscali. Sebbene gli investitori obbligazionari abbiano in gran parte ignorato il downgrade dell’agenzia di rating, esso è avvenuto mentre i prezzi venivano spinti al ribasso per adattarsi alle maggiori emissioni.
“C’è stato rumore intorno al deficit”, afferma John Briggs, responsabile globale della strategia economica e di mercato presso NatWest Markets. “A fare notizia non è stato il downgrade di Fitch nello specifico, ma la dimensione delle nuove emissioni da parte del Tesoro, le esigenze di finanziamento e le previsioni di deficit, tutti elementi che faranno parlare a lungo le persone”.
Nel breve termine, l’entità delle vendite di obbligazioni nel terzo trimestre “è stata molto maggiore di quanto la gente pensasse”, afferma Mark Lindbloom, gestore di portafoglio presso Western Asset Management. “Qualcuno li comprerà – lo faremo – ma la domanda da farsi è: a quale prezzo?”.
Politica monetaria della Banca del Giappone
Per decenni, una costante del panorama economico globale sono stati i tassi di interesse estremamente bassi del Giappone, che faticava a stimolare un’economia in difficoltà. Un effetto collaterale di questa politica è stato che gli investitori giapponesi si sono rivolti ai mercati obbligazionari esteri in cerca di rendimenti più alti, soprattutto a quello statunitense e a quello europeo.
Tuttavia, appena due giorni prima dell’annuncio del Tesoro americano, la Bank of Japan ha sorpreso gli investitori alzando il limite massimo dei rendimenti obbligazionari dallo 0,5% all’1%.
Il mercato, ora, si chiede se la BOJ continuerà ad alzare il tetto massimo, rendendo il mercato obbligazionario interno più attraente per gli investitori giapponesi. “C’è la possibilità che gli investitori giapponesi, se avranno titoli di Stato con rendimenti più elevati, inizieranno a rimpatriare il loro capitale o comunque ad acquistare meno debito Usa, e questo finirà per spingere al rialzo i tassi dei titoli di Stato a lungo termine, non solo negli Stati Uniti e in Europa”, aggiunge Lindbloom.
Solidità dell’economia americana
La notizia più inattesa di quest’anno è quella relativa al rafforzamento dell’economia statunitense. Sfidando le diffuse aspettative di recessione, la spesa dei consumatori rimane solida e, sebbene la crescita dell’occupazione sia in fase di moderazione, le assunzioni continuano a un ritmo storicamente forte. Questa resilienza è arrivata nonostante la crisi di alcune banche regionali di marzo, che aveva fatto temere molti per una stretta creditizia e il cui effetto sarebbe stato quello di produrre uno stallo dei prestiti bancari portando l’economia in una fase di recessione.
“I mercati stanno cercando di capire quanto possa scendere ancora l’inflazione con un tasso di disoccupazione al 3,5%, un’economia resiliente e settori sensibili ai tassi di interesse, come quello immobiliare e dell’auto, che dopo le sofferenze dello scorso anno hanno ricominciato a comportarsi abbastanza bene nonostante i tassi di interesse elevati", afferma Mike Cudzil, portfolio manager di Pimco.
“La domanda sembra essere: è l’economia che non ha ancora risposto a pieno agli elevati tassi di interesse o, invece, avremo bisogno di un costo del denaro ancora più alto per fare scendere l’inflazione?” aggiunge Cudzil.
Un più alto premio per l’inflazione
In questo contesto, gli investitori obbligazionari sono alla ricerca di un po’ più di protezione nei rendimenti a lungo termine contro la possibilità che l’inflazione possa rimanere elevata, dice Cudzil.
Ad esempio, il cosiddetto tasso di inflazione atteso a 5 anni – una misura di dove i rendimenti obbligazionari suggeriscono che l’inflazione dovrebbe essere tra cinque anni – ha toccato il 2,53% all’inizio di agosto. Questo è stato il livello più alto dall’aprile 2022, quando l’impennata dell’inflazione stava cominciando a prendere piede. Prima di questo recente picco, il tasso a 5 anni oscillava tra il 2,1% e il 2,3% dalla fine del 2022.
“C’è stato un aumento delle aspettative di inflazione nel mercato, e ciò corrisponde a una Fed che non combatte più attivamente l’inflazione ma lascia che tassi più alti ma stabili facciano il loro lavoro”, afferma Briggs. “L’inflazione sta scendendo ma è ancora al di sopra dell’obiettivo. È ragionevole, quindi, che gli investitori richiedano un premio di rischio leggermente maggiore sull’inflazione. Il nostro scenario di base è un rallentamento della crescita e dell’inflazione, che porterà a un taglio dei tassi da parte della Fed e a rendimenti obbligazionari più bassi”.
L’articolo originario è stato pubblicato il 21 agosto su Morningstar.com.
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