Foto AP.
La capitalizzazione del Monte dei Paschi raggiunge quota EUR3,36 miliardi, con il 64% del Tesoro che a questo punto vale EUR2,1 miliardi. La privatizzazione sarà un buon modo di recuperare i mancati introiti della tassa sugli extraprofitti delle banche, che per i soli primi quattro gruppi ammontano già a EUR1,7 miliardi.
Nel primo pomeriggio di oggi, 8 novembre, il titolo MPS sale del 3,1% a EUR2,66 dopo aver aperto negativamente.
Il mercato sembra apprezzare il completamento del turnaround di Rocca Salimbeni, che ha chiuso i primi nove mesi del 2023 con utili netti per EUR929 milioni, contro il rosso di EUR334 milioni del medesimo periodo del 2022. L'utile del terzo trimestre è salito a EUR310 milioni, mentre gli analisti si attendevano EUR238 milioni. La guidance di Mps per l'intero anno in corso ora è attesa sopra EUR1,1 miliardi, grazie alla spinta del margine d'interesse, con un Cet1 ratio atteso sopra il 17%.
Sul fronte dei ricavi, c'è stato un aumento del 22,9% nei primi nove mesi a quota EUR2,8 miliardi. E qui è stata forte la spinta del margine d'interesse, aumentato del 62,7% a EUR1,68 miliardi, mentre le commissioni sono scese del 6,5% a EUR986,6 milioni.
Con l'occasione dei risultati trimestrali, MPS ha anche comunicato che non pagherà allo Stato la tassa sugli extraprofitti e sceglierà quindi di mettere a riserva EUR312 milioni di euro, come prevede la contestata legge.
Nei giorni scorsi, identica scelta è stata fatta da Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banco BPM. Intesa avrebbe dovuto versare EUR797 milioni e ne ha messi a riserva - non distribuibile - EUR1,99 miliardi. La banca guidata da Andrea Orcel ha preferito accantonare EUR1,1 miliardi in luogo di un prelievo da EUR440 milioni. L'istituto di Piazza Meda mette a riserva 381 milioni, anziché versare EUR152 milioni.
Con l'opzione di Monte Paschi, il mancato gettito dalle prime quattro aziende bancarie italiane ammonta a EUR1,7 miliardi.
Da notare che quindi non ha versato la tassa neppure la banca controllata dal Tesoro, che aveva ideato la tassa su input del premier Giorgia Meloni. Tuttavia è abbastanza scontato che se il provvedimento non fosse cambiato radicalmente, prevedendo la possibilità di mettere a riserva una somma due volte e mezza superiore all'importo della tassa, ci sarebbero stati molti contenziosi legali su vari aspetti, a cominciare dalla retroattività dell'imposta straordinaria.
Tra i dati forniti oggi assume una certa importanza anche quello relativo ai rischi legali, che per anni sono stati una pesante ipoteca sul futuro della banca e sulla sua appetibilità. Proprio questi rischi hanno infatti spaventato, in passato, una serie di istituti che avevano sfogliato il dossier MPS.
La banca guidata da Luigi Lovaglio ha reso noto che l'ammontare complessivo di contenzioso e richieste stragiudiziali per le informazioni rese con i bilanci e gli aumenti di capitali tra il 2008 e il 2015 si è ridotto da EUR4,1 a EUR2,9 miliardi. Merito della sentenza della Corte di Cassazione, che ha assolto gli ex vertici aziendali Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, e del fatto che la prescrizione copre ormai tutte le pretese stragiudiziali notificate al Monte dopo il 29 aprile 2018.
Il risanamento della banca senese, trainato ovviamente dal rialzo dei tassi, dovrebbe portare anche a un miglioramento del suo rating. Andrea Mazzoni, CFO di Monte Paschi, ha affermato oggi che si attende "una revisione del rating nel 2024 e forse anche prima". Si tratterebbe di un riconoscimento importante, con effetti pratici sul costo della raccolta, visto che l'anno prossimo Mps intende tornare a emettere covered bond. Mentre non sono previsti nuovi prestiti subordinati.
Lovaglio ha espresso soddisfazione, sottolineando che la banca "ha generato 200 punti base di capitale negli ultimi sei mesi". E ha aggiunto: "Siamo bene posizionati per competere sul mercato e orgogliosi della forza del nostro marchio, che dispone di una base di clientela solida e fedele". A differenza di altre banche che sono andate in dissesto negli anni scorsi, il Monte dei Paschi in effetti non ha mai visto il proprio marchio andare in reale difficoltà e anche questo conta alla vigilia della privatizzazione.
Per la dismissione, Bruxelles ha dato tempo al Tesoro italiano fino a giugno 2024. Il ministero del Tesoro, guidato da Giancarlo Giorgetti, sta scegliendo gli advisor e potrebbe anche optare per una vendita in tranche del proprio pacchetto. Sicuramente non sarà un'operazione sotto scacco o di urgenza, come era stato due anni fa. Nel 2021, per esempio, gli incentivi statali al possibile compratore di Mps oscillavano ancora tra EUR6 ed EUR7 miliardi. Oggi sarebbero a zero.
Di Francesco Bonazzi, Alliance News columnist
Copyright 2023 Alliance News IS Italian Service Ltd. Tutti i diritti riservati.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.