TIM, le prospettive dopo l’accordo con KKR

Gli analisti di Morningstar sostengono che il deal permetterà a Telecom Italia di ridurre in maniera significativa il livello di indebitamento, ma hanno dubbi sulla redditività nel lungo periodo. Il fair value del titolo è confermato a quota 0,25 euro.

Javier Correonero 10/11/2023 | 09:46
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Telecom Italia ha fornito maggiori dettagli sull'accordo raggiunto con KKR per la vendita della sua rete fissa (Netco) per un valore di 18,8 miliardi di euro (enterprise value). La decisione è stata approvata dal consiglio di amministrazione il 5 novembre scorso e si prevede che la transazione possa concludersi nell'estate del 2024.

In base alle nostre stime, l’enterprise value di Netco potrebbe salire fino a 22 miliardi di euro se si raggiungesse una fusione parziale o totale con la rete di Open Fiber. La fusione con Open Fiber in un'unica rete sarebbe molto positiva in quanto eviterebbe l’esistenza di un doppione.

L’accordo con KKR permetterà a TIM di continuare a essere fornitore di servizi nella rete di KKR e allo stesso tempo di ridurre in modo significativo il livello del suo debito netto, dagli attuali 20,6 miliardi di euro a 6,4 miliardi di euro. In termini relativi, il rapporto debito netto/Ebitda scenderà da 4 a 2 volte avvicinandosi alla media delle società europee del settore telecom.

In seguito al deal con KKR, la società di servizi di TIM (ServiceCo) avrebbe 13,5 miliardi di euro di entrate annuali (all’incirca i 15,5 miliardi di euro di oggi meno 2 miliardi di euro in ricavi derivanti dal segmento wholesale) e un Ebitda post-costi di locazione (EBITDAaL) di 3,2 miliardi di euro, rispetto ai 5,4 miliardi di euro di oggi.

Quali le conseguenze sulla redditività

La nuova entità sarà meno redditizia, in quanto TIM diventerà un fornitore di servizi senza rete, con 3,2 miliardi di EBITDAaL, rispetto agli attuali 5,4 miliardi di euro e con un margine operativo del 24%, contro il 35% prima della transazione. L’azienda sarà anche a minore intensità di capitale, con un rapporto spese in conto capitale/vendite che scenderà dall’attuale 23% al 14%.

L’azienda ha affermato che l'EBITDAaL potrà salire del 10% annuo dopo la transazione, ma a nostro avviso questa è una dichiarazione troppo ottimistica considerata la concorrenza nel mercato italiano e le numerose volte in cui il management ha fallito di centrare le sue guidance.

Il margine EBITDAaL di ServiceCo è in linea con quello dell’unità Consumer di BT, anch’essa priva di una rete fissa.

Sebbene riteniamo che questo accordo sia una buona notizia per TIM, vista la necessità di ridurre la leva finanziaria del proprio bilancio, rimaniamo pessimisti sullo sviluppo del mercato italiano nel lungo termine. Il mercato continua a dimostrare la sua irrazionalità, tra la forte concorrenza sui prezzi e la crescente pressione su ricavi e margini di profitto. Nel terzo trimestre, infatti, i ricavi da servizi di TIM sono diminuiti dello 0,6% e l'Ebitda è cresciuto del 3,6% (anche se partiva da una base molto bassa).

La divisione Sparkle, che gestisce reti sottomarine, non è inclusa nell’attuale deal, ma potrebbe permettere a TIM di ridurre ulteriormente la leva finanziaria nel caso in cui venga raggiunto un accordo entro dicembre. Sulla base di queste considerazioni, manteniamo la stima del fair value di TIM a quota 0,25 euro.

 

 

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Javier Correonero  equity analyst di Morningstar.

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