ETF all’attacco dei fondi attivi

Le strategie indicizzate conquistano sempre più quote di mercato in Europa. La preferenza degli investitori per gli ETF è particolarmente evidente nel segmento azionario. Il prossimo passo sarà il reddito fisso?

Sara Silano 20/11/2023 | 10:51
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Persona che sceglie un percorso

-Da inizio anno, i fondi passivi hanno raccolto quasi 140 miliardi di euro, quelli attivi hanno subito riscatti per 73,2 miliardi.

- Gli ETF acquistano sempre più importanza nella componente centrale dei portafogli azionari

-Aumenta la raccolta delle strategie indicizzate nel segmento obbligazionario.

Nei primi nove mesi del 2023, i fondi passivi, di cui gli ETF (Exchange traded fund) costituiscono una larga fetta, hanno raccolto quasi 140 miliardi di euro in tutta Europa, mentre i comparti attivi hanno subito riscatti per 73,2 miliardi. Il divario è ampio anche se guardiamo i numeri degli ultimi dodici mesi con le strategie indicizzate che hanno registrato flussi netti per 177,3 miliardi e quelle attive hanno lasciato per strada poco meno di 113,9 miliardi.

L’avanzata degli ETF, che sono fondi indicizzati quotati in Borsa, non è una novità dell’ultimo anno, ma fa riflettere la resilienza in diverse condizioni di mercato. Nel terribile 2022, quando sia i mercati azionari sia quelli obbligazionari erano stati colpiti da pesanti ribassi, gli ETF avevano comunque registrato una raccolta positiva per 78,4 miliardi (il dato non include gli altri fondi indicizzati) e quest’anno, caratterizzato da tassi di interesse alti e incertezza economica, hanno superato questa soglia già nei primi nove mesi.

I fondi attivi perdono quote di mercato

Più volte abbiamo scritto che gli alti costi delle strategie attive, uniti spesso a performance deludenti, possono spiegare il sempre maggior interesse degli investitori per gli ETF, che hanno generalmente commissioni più basse e un andamento simile all’indice di riferimento.

Morningstar registra da anni un’erosione delle quote di mercato dei fondi attivi da parte di quelli passivi. In base agli ultimi dati disponibili, questi ultimi rappresentano il 25,73% del patrimonio totale del risparmio gestito europeo, in crescita dal 23,79% di fine 2022 e dal 21,04% dell’anno precedente. I soli ETF coprono, secondo i calcoli Morningstar, circa il 12% del totale.

Investimenti azionari: più ETF e meno fondi attivi

La preferenza degli investitori per i fondi passivi è particolarmente evidente nel segmento azionario. Nei primi nove mesi del 2023 sono entrati quasi 78 miliardi contro deflussi netti per 62 miliardi dalle strategie attive. Nel solo mese di settembre, i primi hanno totalizzato un +5,75 miliardi (praticamente del tutto imputabile agli ETF), mentre i secondi un -10,98 miliardi.

D’altra parte, il tasso di successo dei gestori azionari rimane basso, anche se nell’ultimo anno è migliorato, come mostra lo studio Active/Passive Barometer di Morningstar. Nei dodici mesi al 30 giugno, il 36,6% delle strategie attive ha battuto quelle passive, una percentuale che scende al 17,1% a dieci anni.

Gli ETF conquistano la parte core del portafoglio

In alcune categorie che costituiscono la parte centrale di un portafoglio di investimento, il tasso di successo dei gestori è ancora più basso. Ad esempio, tra gli Azionari globali large-cap blend è stato del 27% nell’ultimo anno, del 18,6% nel triennio e non è arrivato al 6% nel decennio.

In effetti, in questa categoria, i fondi indicizzati hanno largamente preso piede. Da inizio 2023, hanno raccolto 36,4 miliardi in tutta Europa contro i 12,1 miliardi degli attivi. Nel segmento dei prodotti passivi, i soli ETF hanno avuto flussi netti per 25,6 miliardi. Nel triennio, le strategie indicizzate hanno incassato quasi 135 miliardi netti, di cui 85,8 dagli ETF, contro i 57,7 miliardi degli active fund (dati al 30 settembre).

Una categoria che ha una storia analoga è quella degli Azionari USA large cap blend, dove il tasso di successo dei gestori attivi è stato del 33,8% nell’ultimo anno e del 6,5% nel decennio. Gli index fund che investono su Wall Street hanno registrato flussi netti per 19,2 miliardi da gennaio a settembre 2023 (59,5 miliardi nel triennio, praticamente del tutto imputabili agli ETF), contro i 4,6 miliardi degli attivi (14,1 miliardi nel triennio). D’altra parte, Wall Street è un campo di battaglia duro per i money manager, soprattutto quelli specializzati sulle strategie growth, dove i titoli tecnologici sono i veri protagonisti. Il Morningstar Active/Passive Barometer, infatti, mostra un tasso di successo pari a zero su un orizzonte di cinque e dieci anni e pari allo 0,9% a tre anni. In pratica, nell’orizzonte tipico di un investimento di questo tipo, nessun gestore attivo riesce a battere la controparte passiva.

Gli ETF si faranno strada anche tra gli investitori obbligazionari?

Se il connubio investimenti azionari ed ETF è di più lunga data, quello con il reddito fisso è più recente, ma in evoluzione. Le statistiche Morningstar mostrano che le strategie passive si stanno affermando anche nel segmento obbligazionario. Dall’inizio dell’anno, hanno raccolto poco meno di 67 miliardi (40,4 miliardi solo gli ETF), contro i 55,9 degli active fund.

In questo segmento, tuttavia, il tasso di successo dei gestori attivi è stato decisamente migliore di quello dei colleghi sull’azionario nell’ultimo anno. Il 62,7% ha in media sovraperformato i concorrenti indicizzati, in un contesto in cui il rapido rialzo dei tassi di interesse ha fatto perdere valore ai bond in circolazione. Nel decennio, i fondi attivi obbligazionari fanno un po’ meglio dell’equity, ma non di molto: il success rate, infatti, è del 23,1%.

Su orizzonti medio-lunghi, appare difficile per i money manager battere gli ETF in categorie liquide come gli obbligazionari governativi in euro, ma soprattutto in dollari; categorie che sono state tra le più cercate dagli investitori europei nel 2023. Basti pensare, che i comparti specializzati nei titoli di Stato dell’Eurozona hanno raccolto oltre 21 miliardi netti nei primi nove mesi del 2023, di cui 8,6 miliardi attraverso gli ETF.

Più pregi che difetti

Come ha scritto John Rekenthaler, editorialista di Morningstar, in questo articolo, “gli ETF non sono perfetti, ma i loro pregi chiaramente sorpassano i loro difetti”, riferendosi al fatto che hanno portato indubbi benefici agli investitori, come i costi più bassi, anche se tendono ad essere più volatili e quindi ad attrarre maggiormente gli speculatori. Per contro, un mondo senza gestori attivi, sarebbe “noioso e forse pericoloso”, ricorda José Garcia-Zarate in questo articolo.

 

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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