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Elezioni in Argentina: dopo l’euforia, la Borsa dovrà fare i conti con la realtà

Il Paese sudamericano è afflitto da gravi problemi e la prima sfida del nuovo Presidente, Javier Milei, sarà quella di formare una coalizione stabile e duratura.

Francesco Lavecchia 22/11/2023 | 15:16
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presidente Aregentina

Il mercato ha festeggiato la vittoria di Javier Milei alle elezioni presidenziali in Argentina. La reazione della Borsa di Buenos Aires, che ha guadagnato il 22,8% nella sola seduta del 21 novembre, suona come un voto di fiducia al programma politico ed economico del nuovo Presidente, ma il lavoro del nuovo governo non sarà affatto facile.

 

 

 

Un paese in difficoltà

La situazione economica del Paese è critica: negli ultimi 12 anni, l’economia argentina è rimasta stagnante, mentre quella delle altre grandi economie dell’America latina, come Brasile, Messico e Colombia, sono cresciute rispettivamente dell'11%, 21% e 44%. L’ultimo dato relativo al tasso di inflazione, dello scorso ottobre, ha certificato un ulteriore balzo del costo della vita, dal 138% di settembre al 143% di oggi (a inizio anno era del 99%, mentre negli ultimi 4 anni è salito di circa 90 punti percentuali, dati: INDEC, Instituto Nacional de Estadística y Censos de la República Argentina INDEC).

Il forte rialzo dei prezzi è stato prodotto principalmente dalla monetizzazione del debito pubblico: nel 2020, l’Argentina è andata tecnicamente in default a causa del un mancato pagamento di un bond. Il Paese non ha più potuto finanziarsi sui mercati internazionali e la Banca centrale argentina ha dovuto stampare pesos per coprire la spesa statale. Questa manovra ha prodotto l’effetto di svalutare ulteriormente il peso argentino e quindi di far lievitare il debito pubblico del Paese (che per due terzi del totale è in valuta estera) a oltre 400 miliardi di dollari, pari al 145% del Pil (fonte dati: elaborazioni Osservatorio Economico MAECI su dati Economist Intelligence Unit). Tutto questo si è tradotto in un aumento della povertà, con la percentuale delle persone che vivono sotto la soglia di indigenza che è salita al 40,1% nella prima metà del 2023 (+0,9% rispetto all’anno prima, dato World Bank).

Le sfide di Milei 

L’Argentina è dunque un paziente che versa in condizioni gravissime e Javier Milei propone una vera e propria terapia d’urto. In campagna elettorale, il Presidente argentino in pectore aveva promesso di ridurre la spesa pubblica dall’attuale 38% del Pil al 15%, di tagliare le tasse e le normative sulle esportazioni e di privatizzare la maggior parte delle aziende statali. Inoltre, aveva anche proposto di chiudere la banca centrale del Paese, accusata di essere una macchina utilizzata da politici “disonesti” per stampare denaro, e la “dollarizzazione” dell’economia, ovvero la graduale introduzione del dollaro al posto del peso argentino.

Per attuale questo programma, però, Milei avrebbe bisogno di una maggioranza forte, ma i numeri, al momento, non giocano a suo favore. Per avere la meglio sul rivale Sergio Massa, candidato della coalizione peronista, ha dovuto allearsi con Mauricio Macri, esponente del centrodestra ed ex Presidente dell’Argentina tra il 2015 e il 2019, e Patricia Bullrich, candidata alla presidenza della principale coalizione di centrodestra, Juntos por el Cambio (JxC), e non sembra scontato che Milei abbia il sostegno di tutti i 94 deputati e 21 senatori del JxC.

Servirà negoziare, ma gli osservatori politici e gli analisti più scettici non credono che Milei abbia le capacità diplomatiche per raggiungere un accordo che tenga insieme tutte le parti della coalizione. In campagna elettorale, infatti, non ha risparmiato accuse e parole offensive ad alcuni elementi di spicco di JxC, ha definito la Cina “omicida” e il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, un “comunista”, e ha dichiarato che non incontrerà né Xi Jinping né Lula, nonostante Cina e Brasile siano i principali partner commerciali dell’Argentina (secondo quanto riportato da The Economist).

Graham Stock, Senior EM Sovereign Strategist, RBC BlueBay, è fiducioso sul futuro governo: “Nel suo discorso dopo la vittoria, Milei è stato misurato e ha ringraziato due politici di spicco dell'opposizione che si sono uniti formalmente alla sua campagna dopo il primo turno: l'ex presidente Mauricio Macri e la candidata sconfitta di Juntos por el Cambio, Patricia Bullrich. Questo mantiene viva la speranza che il suo governo contenga tecnocrati esperti provenienti dall'opposizione e che sia in grado di costruire una maggioranza operativa al Congresso per portare avanti il suo programma legislativo”. E anche Thierry Larose, Portfolio Manager di Vontobel è possibilista sul raggiungimento di un’intesa di governo: “Ci aspettiamo che le nomine si orientino verso la coalizione moderata di centro-destra, Juntos por el Cambio, che ha un programma simile su una serie di temi economici”.

Secondo Michael Heydt, Senior Vice President, Credit Ratings - Global Sovereign Ratings di DBRS Morningstar, i cambiamenti potrebbero andare in entrambe le direzioni: “Se Milei riuscisse a costruire una coalizione duratura che dia rapidamente il suo sostegno a favore di un piano di stabilizzazione globale, l'Argentina potrebbe uscire dalla crisi. In caso contrario, le prospettive saranno probabilmente caratterizzate da un’inflazione vertiginosa, una profonda recessione economica e incertezza politica”.

Rischio tenuta sociale

Il secondo grosso problema è rappresentato dalla capacità di mantenere il sostegno dell’opinione pubblica. Per realizzare i tagli alla spesa pubblica promessi in campagna elettorale, Milei dovrà toccare i settori più sensibili dell’economia argentina. Il 12% circa del Pil  è destinato al pagamento delle pensioni, una quota simile a quella di Paesi molto più ricchi e dall’età media più alta come Germania e Finlandia. Un altro 2,5% del Pil viene speso ogni anno in sussidi ai trasporti e ai servizi pubblici. La deindicizzazione della spesa previdenziale e i tagli ai sussidi energetici aiuteranno lo Stato argentino a limitare il deficit di bilancio, ma danneggeranno le fasce più povere della popolazione che presumibilmente verranno aizzate dall’opposizione contro il governo. “Milei dovrà affrontare una feroce opposizione da parte del Partito peronista fin dal primo giorno", afferma Gustavo Medeiros, capo della ricerca presso Ashmore Group.

Cosa aspettarsi sul mercato obbligazionario

In termini di rating sui titoli di Stato, il giudizio di DBRS Morningstar sull'Argentina rimane invariato a CCC (stabile), mentre S&P valuta il paese come CCC- (un valore inferiore a quello dell'Etiopia e dell'Ucraina).

“Sebbene la reazione iniziale sia stata positiva, i mercati sembrano ancora piuttosto scettici riguardo a un rapido cambiamento della politica economica. Se ciò si dovesse verificare, il rally delle obbligazioni proseguirebbe ulteriormente. Ciò che i mercati non sembrano incorporare, invece, è uno scenario in cui l’Argentina dovesse rinnegare l’attuale accordo con il Fondo Monetario Internazionale, verso il quale ha un debito di 43 miliardi di dollari, o fare default sul debito estero. Questo potrebbe essere il primo test a breve termine per verificare la serietà di Milei nel riformare l’Argentina a lungo termine”, dice Claudia Calich, Head of Emerging Markets Debt del Public Fixed Income di M&G Investments.

 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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