La lotta al cambiamento climatico e la conseguente volontà di abbandonare i combustibili fossili, unita alla necessità dell’Europa di rendersi indipendente dalle importazioni di petrolio e gas dalla Russia, hanno portato a una rinascita dell’interesse per l’energia nucleare.
Nel luglio del 2022, l’UE incluse l’energia nucleare nella sua tassonomia di investimenti sostenibili, riconoscendone il ruolo di combustibile di transizione verso una rete elettrica completamente rinnovabile. In tale occasione, il Centro comune di ricerca (Joint Research Centre) – organo della Commissione europea per la scienza e la conoscenza – affermò che “non è emersa alcuna evidenza scientifica comprovante che l’energia nucleare arrechi un danno maggiore alla salute dell’uomo o all’ambiente rispetto alle altre tecnologie per la produzione di energia elettrica già incluse nella tassonomia (eolica e solare) in quanto attività che sostengono la mitigazione dei cambiamenti climatici”.
La Francia è il Paese europeo più avanzato in questo senso: il giugno scorso ha annunciato un impegno di oltre 100 milioni di euro per rivitalizzare la propria industria nucleare. Anche il Regno Unito mira ad aumentare la sicurezza energetica attraverso l’energia nucleare, in particolare con piccoli reattori modulari (SMR).
Una tendenza globale
In realtà, al di là dell’Europa, il nucleare è tornato con forza nei programmi energetici di molti Paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, è stato recentemente presentato in Senato l’ADVANCE Act, una progetto di legge che “mira a sostenere le iniziative per lo sviluppo e il dispiegamento di nuove tecnologie nucleari sia in patria che all'estero, attraverso azioni come la facilitazione della riconversione dei siti energetici convenzionali e il sostegno normativo allo sviluppo di tecnologie nucleari avanzate”, spiega Roberta Caselli, Commodity Research Analyst di Global X. Ancora più significativo l’esempio del Canada, che dopo una pausa di 30 anni sta tornando a rilanciare la propria industria nucleare.
L’analista di Global X, poi, sottolinea come il revival del nucleare interessi anche i Paesi emergenti. “Recentemente la Turchia ha dichiarato di voler sviluppare 20 GW di nucleare entro la metà del 2050, mentre più a est, il Pakistan sta collaborando con la Cina per allontanarsi dalla sua dipendenza dai combustibili fossili: i due Paesi hanno firmato un accordo per la costruzione di una centrale nucleare da 4,8 miliardi di dollari e una potenza di 1.200 megawatt, con il progetto - chiamato Chasma 5 - che sarà sviluppato nel cuore del Punjab. Anche l'Arabia Saudita sta valutando l'offerta di un'impresa statale cinese per la costruzione di una centrale nucleare: questa mossa potrebbe fornire al Regno arabo una leva strategica nelle discussioni in corso con gli Stati Uniti per la creazione di una propria industria nucleare civile”.
Nel frattempo, il governo dell’India sta rivedendo la sua legge sull'energia atomica, con l’obiettivo di consentire alle imprese private di entrare nell'industria nucleare, attualmente controllata dallo Stato.
I pro e i contro
L’energia nucleare rimane controversa, in parte a causa degli incidenti, dell'uso dell'uranio nelle armi nucleari e degli alti costi di costruzione degli impianti. Tuttavia, offre una serie di vantaggi rispetto ad altre tecnologie energetiche pulite: fornisce un carico di base pulito e costante (il livello minimo di domanda su una rete elettrica in un periodo di tempo), che le fonti rinnovabili possono faticare a offrire. Può fornire energia in modo affidabile a qualsiasi ora del giorno e indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, e richiede meno materiale rispetto ad altre tecnologie di transizione, riducendo così le emissioni di carbonio associate.
“In termini di generazione di energia pulita e affidabile, l’energia nucleare non ha eguali”, afferma in una recente nota Cindy Paladines, senior vice president ESG di TCW. “Come le fonti rinnovabili, l’energia nucleare non produce emissioni dirette di carbonio o di gas serra. Tuttavia, quando si valutano i costi delle emissioni delle diverse opzioni di produzione di energia elettrica durante il loro ciclo di vita, il nucleare vince nettamente”.
Naturalmente, le scorie radioattive e gli incidenti nucleari, come il disastro di Chernobyl e quello più recente di Fukushima, hanno reso l'opinione pubblica diffidente nei confronti di questa tecnologia.
Tuttavia, anche utilizzando i dati relativi al tasso di mortalità totale (che include anche i decessi dovuti all'esposizione alle radiazioni e, nel caso di Fukushima, agli effetti dell'evacuazione della città), le stime di Our World in Data mostrano che il nucleare è secondo solo all'energia solare in termini di sicurezza se si considera la produzione di elettricità per terawattora.
Quali opportunità per gli investitori?
Diverse società coperte dagli analisti azionari di Morningstar meritano di essere tenute d'occhio per ottenere un'esposizione alla rinnovata crescita del nucleare. Utilizzando i dati sul product involvement forniti da Sustainalytics, abbiamo scoperto che la maggiore esposizione alla produzione proviene in particolare da operatori in Asia e in Europa. Tra questi, China General Nuclear (01816) e la britannica Centrica (CNA).
La più grande azienda nucleare globale è Electricité de France SA (EDF), che attualmente sta costruendo quattro nuovi reattori nucleari in Francia e nel Regno Unito. Il titolo è stato delistato a giugno, dopo che il governo francese ha deciso di nazionalizzare l’azienda, in parte a causa dell'onere del debito e dell'elevato fabbisogno finanziario legato alla costruzione di 14 reattori nucleari francesi entro il 2050.
Centrica detiene una partecipazione del 20% nelle centrali nucleari britanniche di EDF. La maggior parte di questi impianti dovrebbe chiudere entro il 2030, ma uno di essi, Sizewell B, dovrebbe essere prolungato fino al 2055 da EDF, afferma Tancrede Fulop, analista azionario senior di Morningstar. “Questo, contribuirà agli utili a lungo termine di Centrica”, afferma.
“La crisi energetica iniziata nel 2021 ha portato al fallimento di molti piccoli fornitori e Centrica ha recuperato una parte di questi nuovi clienti, migliorando significativamente il suo panorama competitivo", scrive Fulop nella sua analisi del 3 agosto 2023. Inoltre, oggi, grazie alla grande liquidità posseduta, “Centrica potrebbe continuare a incrementare i rendimenti per gli azionisti con ulteriori riacquisti di azioni”. In agosto, gli analisti di Morningstar hanno alzato le stime di valore di Centrica a 180 GBX da 140 GBX.
Tra le aziende europee, Fulop menziona anche Endesa (ELE), una utility integrata che opera nella produzione, distribuzione e fornitura di energia elettrica nella penisola iberica. “Le sue centrali nucleari rappresentano il 40% della produzione totale di elettricità e la maggior parte di esse chiuderà solo nel 2030”, dice Fulop. Gli analisti di Morningstar ritengono che Endesa sia attualmente sottovalutata: “Il mix di produzione è competitivo e gli investimenti accelerati nelle rinnovabili previsti dal gruppo dovrebbero migliorare la redditività. Tra il 2023 e il 2027, prevediamo una crescita media annua dell'EBITDA del 4,8%”, si legge nell’analisi pubblicata lo scorso 31 ottobre.
Tuttavia, secondo Fulop, “il rinascimento nucleare non sarà un tema dominante per le utility europee, perché, ad eccezione di EDF, nessuna di esse prevede di costruire un nuovo reattore nucleare entro il prossimo decennio, e gli investimenti saranno limitati all'estensione della vita utile dei reattori esistenti”. Pertanto, “altre parti della catena del valore potrebbero essere più esposte: i minatori di uranio, i produttori di reattori nucleari, le società del ciclo del combustibile nucleare e le società di ingegneria e costruzione nucleare”.
Uranio, il vero vincitore
L’uranio è un elemento chimico utilizzato come combustibile nelle centrali nucleari. A causa della sua tossicità, non ha mai goduto di grande reputazione presso il pubblico, ma si tratta ovviamente di un bene direttamente esposto allo sviluppo dell’energia nucleare. Il Kazakistan è il principale produttore mondiale di uranio, con oltre il 40% dell'uranio prodotto. Al secondo e terzo posto ci sono l'Australia, la Namibia e il Canada anche se con una grande differenza di quote di mercato rispetto alla prima (13%, 11% e 8%, rispettivamente).
Lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ha provocato una contrazione importante nel mercato dell’uranio i cui effetti si stanno facendo sentire. A seguito dell’invasione, infatti, l’Ucraina, dove 15 reattori dipendevano dalla Russia per l'uranio, si è affrettata a firmare un accordo di 12 anni con il Canada per l’approvvigionamento. Le utility europee, anch'esse in gran parte dipendenti dalla Russia, hanno ottenuto il massimo che potevano da altri contratti. I più esposti sono stati gli operatori in Finlandia e nell'Europa orientale che possedevano reattori di fabbricazione russa, che solo le aziende russe sapevano come alimentare. Per trovare un concorrente americano in grado di impacchettare le barre di uranio nei blocchi esagonali richiesti da questi impianti c'è voluto un anno.
Il mercato dell'uranio ha registrato un'impennata del 65% circa dall’inizio dell’anno (dati in euro al 22 novembre). Ciò è dovuto principalmente al fatto che un decennio di mercato ribassista ha portato alla mancanza di investimenti in nuove miniere e alla riduzione delle scorte.
Ora, secondo una recente previsione della World Nuclear Association, la domanda di uranio per i reattori nucleari dovrebbe aumentare del 28% entro il 2030 e quasi raddoppiare entro il 2040, man mano che i governi aumenteranno la capacità di produzione di energia nucleare per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni di carbonio. Secondo il rapporto, la capacità nucleare aumenterà del 14% entro il 2030 e del 76% fino a 686 gigawatt di elettricità entro il 2040. La capacità crescerà non solo grazie ai nuovi reattori, la maggior parte dei quali è prevista in Cina e in India, ma anche grazie al prolungamento della vita operativa degli impianti esistenti.
Allo stesso tempo, come già accaduto per altri metalli, il lancio di nuovi strumenti di investimento sull'uranio fisico - come gli Exchange traded commodity (ETC) - negli ultimi 18 mesi ha dato un ulteriore impulso alla domanda complessiva. Tutto ciò può creare interessanti opportunità di investimento.
Disponibili agli investitori italiani, ci sono tre ETF direttamente esposti al valore dell’uranio.
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