Il Venezuela spinge le performance dei fondi obbligazionari emergenti

Shannon Kirwin e Mara Dobrescu, fund analyst di Morningstar, hanno scoperto che alcuni comparti della categoria Obbligazionari Paesi emergenti hanno recentemente beneficiato di un interessante mix di fattori geopolitici che ha spinto al rialzo le emissioni venezuelane, che in realtà non hanno quasi valore.

Lukas Strobl 22/12/2023 | 16:35
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Lukas Strobl: Qualcosa di curioso sta accadendo all’interno del segmento dei fondi obbligazionari che investono nel debito emergente. Le loro posizioni in titoli di Stato del Venezuela sono improvvisamente aumentate di valore. Si tratta dello stesso Venezuela isolato a livello internazionale e che ha appena votato per annettere una porzione di un Paese vicino. Sono in compagnia di Shannon Kirwin, fund analyst di Morningstar, che ha esaminato questo fenomeno in un nuovo report. Allora, Shannon, cosa sta succedendo?

Shannon Kirwin: A novembre abbiamo assistito a un fenomeno piuttosto interessante all'interno di alcune delle nostre categorie di fondi obbligazionari mercati emergenti. Alcune strategie, che per la maggior parte dell’anno sono state in qualche modo in ritardo rispetto alla media di categoria, sono improvvisamente balzate nel quartile più alto una volta che abbiamo preso in considerazione i rendimenti di ottobre. Quando li abbiamo esaminati più da vicino, abbiamo constatato che molti di loro avevano esposizioni piuttosto consistenti verso i titoli di Stato venezuelani e verso le obbligazioni della PDVSA, che è la compagnia petrolifera statale venezuelana. Pertanto, negli ultimi mesi queste obbligazioni hanno registrato un’enorme volatilità dei prezzi. Stiamo parlando di valutazioni raddoppiate nell'arco di una settimana. C’è però da fare una precisazione qui, tutte queste obbligazioni sono in default. E quindi i livelli di prezzo di cui stiamo parlando sono molto bassi. Quando dico prezzo raddoppiato, stiamo dicendo che i valori sono passati da 0,08 a 0,16 dollari. Quindi, un grande salto in termini relativi, ma in termini assoluti si tratta ancora di un prezzo molto basso.

Strobl: Stiamo parlando di titoli in default. Cosa sta spingendo questi prezzi verso l’alto?

Kirwin: Sì. Ci sono probabilmente tre fattori principali che determinano questi prezzi. Giusto per contestualizzare un attimo, qualsiasi titolo di debito venezuelano che si vede all’interno di un portafoglio di fondi è stato emesso prima del 2017. Nel 2017, il governo degli Stati Uniti ha applicato delle sanzioni economiche contro il Venezuela in risposta alla crisi politica del momento. Queste sanzioni includevano il divieto per qualsiasi entità statunitense o entità con affari negli Stati Uniti di acquistare debito emesso dal Venezuela sul mercato primario. Quindi, ha tagliato il Venezuela fuori dai finanziamenti esterni. Poi, nel 2019, il governo degli Stati Uniti ha fatto un ulteriore passo avanti e ha effettivamente vietato il commercio secondario delle obbligazioni venezuelane. E ciò significava che i fondi che erano rimasti bloccati con queste obbligazioni venezuelane, che da allora erano andate in default, ora non potevano nemmeno acquistare e vendere queste obbligazioni tra di loro. Quindi, il mercato di questi titoli è scomparso da un giorno all’altro.

La cosa principale che ha cambiato recentemente la situazione è che in ottobre l’amministrazione Biden ha effettivamente revocato il divieto di commercio secondario su queste emissioni venezuelane. Quindi, da un giorno all’altroabbiamo avuto un mercato per queste obbligazioni. Ed ecco perché abbiamo assistito a così tanta volatilità dei prezzi mentre il mercato cerca di trovare un nuovo equilibrio tra domanda e offerta di questi bond. Poi, ci sono stati altri due sviluppi che hanno in qualche modo spinto la domanda di queste obbligazioni. Il primo è che un giudice di New York ha approvato una sentenza in base alla quale viene estesa la scadenza di alcune di queste obbligazioni, dunque i possessori di questi titoli rimangono idonei a partecipare a una ristrutturazione del debito per un periodo di tempo più lungo. Il secondo riguarda JPMorgan, che è proprietaria degli indici più utilizzati da chi investe nel segmento delle obbligazioni dei mercati emergenti. La banca d’affari ha annunciato che sta valutando la possibilità di aggiungere questi bond in alcuni dei loro indici, il che si tradurrebbe in molti acquisti forzati da parte di ETF o fondi che replicano questi indici, per i quali diventerebbe improvvisamente necessario avere una piccola esposizione alle obbligazioni venezuelane.

Strobl: Quindi, stiamo parlando di obbligazioni in default. Su di esse non vengono pagati interessi, ma c'è ancora una volta un mercato secondario. Esiste effettivamente una prospettiva che queste obbligazioni vengano riabilitate o rifinanziate e che alla fine gli obbligazionisti ricevano una parte del loro capitale?

Kirwin: Molte persone credono che esista. Si tratterebbe essenzialmente di una ristrutturazione del debito, probabilmente all’interno di un piano di salvataggio da parte del Fondo Monetario Internazionale. Quindi, in sostanza, il Venezuela emetterebbe nuovo debito e i detentori di questo debito esistente scambierebbero i loro titoli con queste obbligazioni di nuova emissione, che presumibilmente varrebbero di più.

Strobl: Ma in realtà il Venezuela non può emettere debito, giusto?

Kirwin: Esatto. Affinché tutto ciò accada, il Venezuela deve essere in grado di accedere al mercato primario ed emettere debito, cosa che finché rimangono in vigore queste sanzioni da parte del governo degli Stati Uniti è di fatto impossibile. Quindi, dovrebbero realizzarsi molti progressi politici, con gli Stati Uniti sempre più soddisfatti del fatto che il Venezuela sta rispettando le loro condizioni, prima di revocare effettivamente queste sanzioni e che dunque questa ipotesi diventi realtà. Ora, molti dei manager con cui abbiamo parlato non credono che questo possa accadere neanche negli scenari più ottimistici, almeno fino al 2026.

Strobl: Quindi, se ho seguito correttamente il tuo discorso, queste sanzioni sono state imposte durante gli anni di Trump e sono state recentemente revocate dall'amministrazione Biden, immagino che le elezioni del prossimo anno saranno un fattore determinante per questi obbligazionisti.

Kirwin: Sì, ottimo punto. Voglio dire, c’è grossa incertezza sulle elezioni americane. Ovviamente, se arrivasse una nuova amministrazione con priorità completamente diverse in termini di rapporti con il Venezuela, ciò avrebbe un enorme impatto sul calcolo di quale possa essere l’esito più probabile per questi bond.

Strobl: Dunque ci sono molte cose che dovrebbero andare a posto perché ciò accada. Credi comunque che i gestori debbano prendere posizione su questi titoli scommettendo su un risultato positivo?

Kirwin: Beh, in generale, non ci sentiamo di incoraggiare gli investitori a negoziare tatticamente all’interno di un asset class come le obbligazioni dei mercati emergenti. Si tratta di un asset molto illiquido e relativamente rischioso in cui i costi di negoziazione sono piuttosto elevati. Quindi, semplicemente non ha senso. In generale, ci piace l’asset class del debito emergente. Ci sono molte strategie  davvero eccezionali al suo interno. Sul mercato europeo, ad esempio, valutiamo positivamente il fondo Neuberger Berman Emerging Market Debt Hard Currency. Sul mercato statunitense, ci piace molto il PIMCO Emerging Market Bond. Queste sono due opzioni davvero interessanti. Ma ribadiamo ancora una volta, consigliamo agli investitori di acquistare un fondo all’interno di questa categoria obbligazionaria solo come un investimento di lungo termine all’interno di un portafoglio più diversificato.

Strobl: Grazie Shannon, questo è un argomento davvero affascinante. Per Morningstar sono Lukas Strobl.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Lukas Strobl  è editorial manager EMEA di Morningstar.

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