I mercati guardano ai dati flash sull'inflazione nell'area dell'euro, che saranno pubblicati da Eurostat giovedì 1° febbraio alle 11.00 (ora dell'Europa centrale), dopo che la BCE ha mantenuto i tassi fermi la scorsa settimana e ha dichiarato che "continuerà ad adottare un approccio dipendente dai dati" per prendere decisioni sulla politica monetaria.
Secondo Eurostat, l'inflazione annuale dell'area dell'euro è salita al 2,9% a dicembre, dal 2,4% di novembre 2023. Un anno fa, il tasso era del 9,2%.
Secondo le stime di consensus di FactSet, l'indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) di gennaio - misura dell'inflazione nell'area dell'euro - dovrebbe mostrare un aumento del 2,7% rispetto ai livelli dell'anno precedente.
"Dopo l'aumento dell'inflazione a dicembre, gli investitori saranno sollevati nell'apprendere che gli economisti prevedono ora un calo a gennaio, proseguendo il declino che tutti noi abbiamo celebrato per gran parte del 2023", ha dichiarato Michael Field, European market strategist di Morningstar.
A dicembre, il contributo maggiore al tasso d'inflazione annuale dell'area dell'euro è venuto dai servizi (+1,74 punti percentuali, pp), seguiti da alimentari, alcolici e tabacco (+1,21 pp), beni industriali non energetici (+0,66 pp) ed energia (-0,68 pp).
"Sebbene siamo ancora lontani dall'obiettivo del 2% fissato dalla BCE, la direzione di marcia dell'inflazione è decisamente verso il basso, come effetto inevitabile dei tassi di interesse record. Piacevolmente, anche l'inflazione di fondo, la misura su cui la banca centrale si concentra veramente, dovrebbe scendere di 10 punti base, al 3,3%", ha dichiarato Field.
BCE: i rialzi dei tassi stanno funzionando
Nelle dichiarazioni successive alla riunione di gennaio, la BCE ha affermato che "le informazioni in arrivo hanno ampiamente confermato la sua precedente valutazione delle prospettive di inflazione a medio termine. A parte un effetto base di rialzo sull'inflazione complessiva legato all'energia, la tendenza al calo dell'inflazione sottostante è proseguita e i passati aumenti dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con forza alle condizioni di finanziamento. Queste ultime, essendo rigide, stanno frenando la domanda e questo contribuisce a far scendere l'inflazione".
Le tensioni geopolitiche rappresentano un rischio per l'inflazione, ma secondo gli esperti l'aumento potrebbe essere quantificato nello 0,7% entro la fine del 2024, se ci sarà un peggioramento della situazione nel Mar Rosso. "Il rischio di escalation è concreto anche se, paradossalmente, l'inflazione potrebbe non subire grossi scossoni al rialzo", ha dichiarato Giacomo Calef, country head Italy di NS Partners. "I noli sono saliti significativamente, ma restano ben lontani dai 14 mila dollari osservati durante la pandemia. Inoltre, i costi di trasporto contano solo per una piccolissima parte del valore complessivo di alcuni beni che pesano molto nel calcolo del CPI (Consumer Price Index)”.
I salari nell'Eurozona accelerano
Oltre ai rischi geopolitici, un altro fattore che potrebbe far salire l'inflazione è l'aumento dei salari. Nonostante la stagnazione dell'area euro nel quarto trimestre, il mercato del lavoro è rimasto solido. Il tasso di disoccupazione, pari al 6,4% a novembre, è sceso al livello più basso dall'inizio dell'euro e un maggior numero di lavoratori è entrato nella forza lavoro. I salari dell'Eurozona sono aumentati del 5,3% nell'anno fino al terzo trimestre del 2023, in accelerazione rispetto al 2,2% dell'anno precedente. Secondo la BCE, i dati del primo trimestre saranno fondamentali per vedere se ci sono segnali di ulteriori aumenti.
“La BCE rimane cauta sul ritmo della disinflazione e continuerà a monitorare l'evoluzione del mercato del lavoro, che si è dimostrato molto resiliente. La forte crescita dei salari e la produttività debole, o addirittura in calo, hanno portato a un forte aumento della crescita del costo unitario del lavoro. La BCE seguirà con attenzione i prossimi accordi salariali”, ha dichiarato Valentine Ainouz, Head of Fixed Income Strategy di Amundi Investment Institute.
La BCE taglierà i tassi a giugno?
La presidente della BCE, Christine Largarde, ha dichiarato che l'economia dell'Eurozona ha molto probabilmente ristagnato nel quarto trimestre (i dati saranno resi noti nelle prossime settimane). Ha inoltre aggiunto che "i numeri in arrivo continuano a segnalare debolezza nel breve termine", ma che il tasso di crescita aumenterà "più avanti".
Per quanto riguarda le decisioni future, Lagarde ha affermato che "i tassi di riferimento saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario". Il mercato, tuttavia, ha percepito un tono accomodante, con l'apprezzamento del dollaro nei confronti dell'euro e il calo dei rendimenti che ha spinto al rialzo i prezzi delle obbligazioni dopo la riunione dell’istituto di Francoforte, lo scorso 25 gennaio. Un cambiamento della politica monetaria è previsto per il 2024. Diversi gestori di portafoglio ed economisti scommettono su un primo taglio dei tassi di interesse a giugno.
“Dato il tono cautamente accomodante della riunione di oggi, il rischio di un taglio prima di giugno è leggermente aumentato. Noi però confermiamo la stima del primo taglio tassi solo da giugno”, ha dichiarato Martin Wolburg, senior economist di Generali Investments.
Field ha aggiunto: "Con la lotta all'inflazione che torna sul suo tracciato, dopo la battuta d'arresto di dicembre, crediamo che l'attenzione della BCE possa ora iniziare a spostarsi sull'economia europea, che rimane in uno stato fragile. Sebbene una ripresa dell'inflazione resti una preoccupazione, a questo punto la banca centrale si è creata un certo margine di respiro ed è in una posizione forte per tagliare i tassi di interesse nel 2024".
Anteprima dell'inflazione anche in Italia
Il 1° febbraio saranno rilasciate le stime dell'inflazione a gennaio anche in Italia. A dicembre, secondo l'Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, è aumentato dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente).
Il rallentamento su base tendenziale è stato dovuto soprattutto ai beni energetici regolamentati, che hanno accentuato la flessione da -34,9 a -41,6%.
L“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è decelerata a dicembre da +3,6% a +3,1% e quella al netto dei soli beni energetici da +3,6% a +3,4%.
Sempre secondo l'Istat, in media, nel 2023 i prezzi al consumo hanno registrato una crescita del 5,7% (+8,1% nel 2022). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi sono saliti del 5,1% (+3,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 5,3% (+4,1% nel 2022).
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