-La recessione non è lo scenario più probabile per l’Italia, ma resta il rischio stagnazione.
-Il Belpaese dovrà affrontare un anno sfidante, non solo per la situazione economica interna, ma anche per i possibili shock esterni derivanti dai conflitti in Ucraina e in Medio oriente, oltre alle tensioni nel Mar Rosso.
-L’Italia non è immune da quello che succede nell’Eurozona, in particolare in Germania, principale mercato per l’export tricolore.
Il Pil italiano batte le stime, mentre la locomotiva tedesca rischia di entrare in recessione. Gli ultimi dati economici mostrano un’Eurozona a diverse velocità, con il Belpaese che per il momento non sembra risentire della frenata della Germania. Tutto bene, dunque?
Partiamo dai numeri. Il Prodotto interno lordo italiano (Pil) è cresciuto oltre le stime nel quarto trimestre dello scorso anno. Secondo i numeri preliminari dell’Istat, l'economia si è espansa dello 0,5% su base annua, dopo il + 0,1% del terzo trimestre, battendo le previsioni di mercato di un incremento dello 0,3%. In termini di variazione congiunturale (ossia rispetto ai tre mesi precedenti), il Pil è salito dello 0,2%.
Per contro, l’economia tedesca si è contratta dello 0,2% su base annua nel quarto trimestre del 2023, dopo il -0,3% dei tre mesi precedenti (dati Destatis). Secondo l’istituto di ricerca Ifo, il Pil potrebbe contrarsi anche nel primo trimestre 2024, gettando la Germania in recessione tecnica. Con questo termine si intende una variazione negativa del Pil per due trimestri consecutivi su base congiunturale.
Le previsioni per l’economia italiana
Per il 2024, il Fondo monetario internazionale (FMI) prevede una crescita dello 0,7% in Italia, in linea con la stima precedentemente effettuata ad ottobre. Per contro, l’FMI, nel World economic outlook di gennaio ha ritoccato al ribasso di 0,4 punti percentuali le previsioni per la Germania allo 0,5%, che segue una recessione dello 0,3% nel 2023. Per l’intera Eurozona, il Fondo stima un incremento del Pil dello 0,9%
Sull’Italia sono più rosee le previsioni contenute nel Documento programmatico di bilancio 2024 del governo guidato da Giorgia Meloni. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,2% quest’anno e dell’1,4% nel 2025.
L’Italia e la crescita “zero virgola”
“Il progresso dello 0,2% nella stima preliminare Istat per il quarto trimestre 2023 indica una buona tenuta di fondo dell'economia, malgrado una congiuntura europea sfavorevole e la politica restrittiva della banca centrale”, commenta Maurizio Mazziero, economista e fondatore di Mazziero Research. “Il 2023 potrebbe chiudersi con una crescita dello 0,7%, ma il suo trascinamento verso il 2024 è quasi nullo: pur in presenza di trimestri positivi stimiamo che si potrebbe scendere al +0,5% nell'anno in corso. Siamo nuovamente tornati all'epoca dei progressi da zero virgola”.
Teme una situazione di stagnazione anche Paolo Pizzoli, senior economist di ING, per il quale la crescita dell’Italia nel 2024 dipenderà non solo dall’andamento dell’inflazione e del mercato del lavoro, ma anche dalla velocità e dall’efficacia degli investimenti legati al Recovery Plan.
Rischio recessione?
“Al momento non vedo un rischio di recessione per l'Italia”, ammette Mazziero. “La crescita nel quarto trimestre del 2023 allo 0,2% si è mostrata addirittura superiore allo 0,1% del terzo trimestre. Una buona notizia visto che generalmente si assiste a un rallentamento nel quarto trimestre dell'anno rispetto al trimestre precedente”.
Per Mazziero, le condizioni economiche generali in Europa e in Italia dovrebbero migliorare nel corso del 2024, soprattutto se arriveranno i primi tagli dei tassi da parte della BCE. “Lo scenario resta quindi di bassa crescita, ma almeno dovremmo riuscire ad evitare la recessione”, aggiunge l’economista.
Anche Pizzoli, nel suo outlook per l’Italia non parla di “recessione”, ma è convinto che le dinamiche dell’inflazione giocheranno un ruolo importante sull’economia nel 2024.
“Non dobbiamo aspettarci che il forte calo dell’inflazione aggregata registrato nell'ultimo trimestre del 2023 persista nel 2024, poiché gli effetti base favorevoli nel settore energetico svaniranno con la soppressione degli sconti fiscali e la reintroduzione delle voci di costo che hanno temporaneamente ridotto le bollette energetiche”, spiega Pizzoli.
“Tuttavia, il costante calo dell’inflazione core”, aggiunge Pizzoli, “giustifica le aspettative di una stabilizzazione dell’inflazione complessiva nell'intervallo 2-2,5% a metà anno. Se confermato, ciò rappresenterebbe un buon auspicio per una graduale accelerazione dell'economia nella seconda metà del 2024, trainata dai consumi privati e dagli investimenti, auspicabilmente sostenuti dagli sviluppi del mercato del lavoro”.
Nel breve, l’inflazione rialzerà la testa?
In effetti, le stime preliminari dell’Istat per gennaio hanno indicato una risalita dell’indice dei prezzi (+0,8% su base annua), in controtendenza rispetto all’Eurozona. Tuttavia, l’inflazione di fondo, ossia quella che esclude beni energetici e alimentari, è scesa. Per comprendere quello che potrebbe succedere a marzo, bisogna andare oltre il dato puntuale.
“Quello che dovremmo considerare è che da ormai tre mesi l'inflazione del paniere generale su base annua è al di sotto dell'1%, mentre la componente di fondo è al 2,8% e si sta gradualmente avvicinando all’obiettivo della BCE del 2%”, spiega Mazziero, che aggunge: “Sono normali delle leggere risalite del dato dell'inflazione, anche per un fattore tecnico del conteggio statistico”. Guardando avanti, l’economista si spinge a dire che “molto probabilmente avremo un moderato aumento del valore nella rilevazione relativa al mese di marzo”.
Se l’Italia riuscirà a evitare la recessione nel 2024 dipenderà anche dai consumi delle famiglie e quindi dall’andamento del mercato del lavoro, che si sta dimostrando resiliente. Secondo gli ultimi dati Istat, la disoccupazione in Italia è scesa al 7,2% a dicembre dal 7,4% di novembre 2023, mentre l’occupazione è aumentata dello 0,1% nello stesso periodo.
“Le intenzioni di assunzione abbastanza solide nel settore dei servizi per il primo trimestre del 2024 indicano una discreta domanda di lavoro in futuro”, afferma Pizzoli. “Il ritmo della dinamica salariale, sebbene non spettacolare, contribuirà a sostenere il reddito disponibile reale. La trasmissione ai consumi sarà però probabilmente frammentaria, in quanto accompagnata da una graduale convergenza del tasso di risparmio delle famiglie (al 6,9% nel terzo trimestre del 2023) verso la media pre-Covid dell'8%. L'impulso ai consumi sarà quindi contenuto, almeno nel 2024”.
La crescita passa (anche) dal PNRR
Anche se l’Italia eviterà la recessione, dovrà affrontare, comunque, un anno sfidante, non solo per la situazione economica interna, ma anche per i possibili shock esterni derivanti dai conflitti in Ucraina e in Medio oriente, a cui si sono aggiunte le tensioni nel Mar Rosso. Sono problemi che riguardano l’intera Eurozona, ma che nel Belpaese rendono sempre più fondamentale implementare il Piano di ripresa e resilienza (PNRR) per sostenere la crescita.
“Nonostante i ritardi nell'attuazione, in particolare per quanto riguarda gli investimenti, DBRS Morningstar continua a considerare il PNRR come un'opportunità per aumentare il potenziale del Pil italiano e migliorare la traiettoria del debito pubblico” scrive Carlo Capuano, senior vice president del team sui rating creditizi sovrani, nella nota del 27 ottobre 2023 in cui veniva confermato il rating a BBB (High) con trend stabile. Secondo l’agenzia, lo sblocco dei fondi e l’accelerazione nella spesa potrebbero contrastare il previsto indebolimento degli investimenti privati causato dalle condizioni di credito restrittive e della graduale eliminazione del superbonus.
Dei fondi europei potrebbe beneficiare anche l’edilizia non residenziale, mentre quella abitativa è destinata a subire l’effetto dei tassi di interesse ancora alti e della fine degli incentivi. La politica monetaria restrittiva potrebbe pesare ancora nel 2024 sugli investimenti privati, in particolare quelli in macchinari, che sono penalizzati anche dalla capacità inutilizzata presente nel settore manifatturiero.
Il sentiment sull’economia italiana migliora
La recessione non sembra lo scenario più atteso dagli investitori professionali. Secondo l’ultimo sondaggio elaborato da CFA Society Italy e Il Sole 24 Ore Radiocor a fine gennaio, il Sentiment Index rimane negativo a -18,5 punti, ma in miglioramento di 13,5 punti rispetto a dicembre e lontano dai minimi dell’autunno. In sostanza, il 18,5% degli intervistati prevede un miglioramento delle condizioni macroeconomiche (-1,5 punti rispetto al mese scorso), il 44,4% stima condizioni invariate (+16,4% rispetto all'ultimo sondaggio) ed il 37% prevede un peggioramento nei prossimi sei mesi.
E se la Germania andasse in recessione?
L’economia italiana non è immune da quello che succede nel resto dell’Eurozona, in particolare in Germania. Come scrive Enguerrand Artaz, Fund Manager di La Financière de L’Echiquier, la “locomotiva” europea “ha un fischio che sembra un lamento”, perché è diventata fanalino di coda dell’area in termini di crescita.
La questione non è da poco per l’Italia, perché la Germania è il primo mercato per le esportazioni, secondo quanto riportato dall’Osservatorio economico del ministero degli Affari esteri, con una quota di circa il 12%, ed è anche il primo fornitore con una quota di mercato intorno al 15% (dati ad ottobre 2023). I settori-chiave dell’interscambio sono quelli industriali: siderurgia, chimico-farmaceutico e macchinari. Dunque, se la Germania va in recessione, l’economia italiana – almeno una parte di essa – potrebbe subire dei contraccolpi.
Secondo Artaz, “senza gettare alle ortiche la sua tradizione basata su una gestione finanziaria rigorosa, la Germania si trova ora ad affrontare delle sfide che richiedono maggiore flessibilità. Un’evoluzione che andrebbe a vantaggio dell’intera Eurozona, perché un colpo di tosse della locomotiva rischia di fare deragliare l'intero convoglio”.
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