Energetici: la strategia dell’OPEC Plus non riesce a risollevare il prezzo del petrolio

Secondo gli analisti di Morningstar, i tagli alla produzione da parte dei paesi produttori di petrolio non sono sufficienti a sostenere le quotazioni del barile e questo spiega perché il comparto energia continua a sottoperformare il mercato.

Francesco Lavecchia 12/03/2024 | 11:34
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  • Il mancato successo della strategia dell’OPEC+ è nella debolezza della domanda di petrolio.
  • Il processo di consolidamento del settore energetico negli Usa contribuirà a riequilibrare il mercato del greggio.
  • Il settore energetico è scambiato a prezzi convenienti.

 

Cosa succede al Petrolio? Dal 2015 ad oggi, il prezzo del barile WTI ha superato la quota di 80 dollari solo in poche occasioni, fatta eccezione per i picchi raggiunti dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, in cui le quotazioni hanno superato i 120 dollari, e dello scoppio del conflitto tra Israele e Hamas, in cui il prezzo ha toccato i 90 dollari.  

A poco, dunque, sembrano servire i tagli alla produzione di greggio da parte dei paesi dell’OPEC+. Nell’ultimo anno e mezzo, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait, Venezuela, Libia, Algeria, Emirati Arabi Uniti, Gabon, Nigeria, Angola, Guinea Equatoriale, Repubblica Democratica del Congo) insieme anche a Russia, Messico, Kazakistan, Azerbaijan, Bahrein, Brasile, Brunei, Malesia, Oman, Sudan e Sudan del Sud, ha concordato una riduzione della produzione di 3,6 milioni di barili al giorno. Questo è il taglio più alto dal 2020, quando l’Opec decise di ridurla di 10 milioni di barili al giorno in seguito al calo della produzione industriale prodotto dalla pandemia.

La scorsa settimana è arrivata la notizia che questi tagli saranno prorogati fino alla prima metà di quest’anno, ma il mercato ha reagito timidamente a questa decisione, che del resto era attesa, e il prezzo del barile ha continuato a mantenersi sotto quota 80 dollari.

Dunque, per quanto i paesi dell’OPEC+ cerchino di ridurre l’offerta attraverso tagli volontari alla produzione, il prezzo del petrolio non torna a salire. Ma cosa c’è dietro il fallimento di questa strategia?

L’analisi del mercato del petrolio

La risposta arriva dall’analisi dell’andamento della domanda e dell’offerta di greggio: i tagli alla produzione di petrolio, infatti, sono stati più che compensati dalla riduzione delle richieste della materia prima.

La domanda di petrolio è molto debole. L'agenzia americana Energy Information Administration (EIA) si aspetta che il consumo globale di combustibili liquidi salirà di circa 1,4 milioni di barili al giorno nel 2024, in calo rispetto al progresso di circa 1,8 milioni di barili al giorno registrato nel 2023. Mentre l’incremento atteso per il 2025 è ancora più basso: 1,3 milioni di barili al giorno. Gran parte della responsabilità di questo trend decrescente è da attribuire alla domanda proveniente dalle due maggiori economie emergenti: Cina e India. La EIA si aspetta che la richiesta di combustibili liquidi combinata dei due paesi crescerà nel 2024 solo di 600.000 barili al giorno. Per dare una misura della contrazione della loro domanda, nello scorso anno le chieste provenienti dalla sola Cina erano salite di circa 800.000 barili al giorno. 

Il Dragone, che pesava da solo per il 58% della crescita annua di petrolio a livello globale, ridurrà sensibilmente la sua quota nei prossimi anni. “L’incremento della domanda di prodotti petroliferi in Cina rallenterà a 516.000 barili al giorno nel 2024, da 819.000 nel 2023. E questo a causa non solo del rallentamento dell’economia, ma anche del processo di transizione energetica”, dice Emma Richards, analista senior di Fitch Solutions intervistata dal Times of India.

Se è vero che il rallentamento dell’economia cinese gioca un ruolo importante (il Pil del Dragone è visto in calo dal 5,2% del 2023 al 4,5% del 2024), tuttavia per spiegare le dinamiche della domanda di petrolio del paese asiatico bisogna considerare gli investimenti del Governo nelle energie green. Secondo l’Istituto di energia, ambiente ed economia della Tsinghua University, la quota di energia prodotta dal petrolio in Cina passerà dall’attuale 18% all’8% entro il 2060. Inoltre, la Cina è diventato il primo mercato mondiale di auto a batteria (elettriche o ibride). Le vendite di veicoli elettrici (EV) in Cina dovrebbero raggiungere un totale di 8,1 milioni nel 2023 e gli analisti di Morningstar stimano, per il paese asiatico, un tasso di crescita delle immatricolazioni di EV tra il 20 e il 25% nel 2024, con un tasso di penetrazione (numero di EV sul totale) attorno al 40%.

“Per queste ragioni stimano che per il resto del 2024 e per gran parte del 2025 le scorte di greggio a livello mondiale aumenteranno a causa del persistente gap tra domanda e offerta”, afferma Stephen Ellis Equities Strategist di Morningstar. “Anche se l’OPEC estendesse i tagli alla produzione, è chiaro che questi servirebbero a mantenere il prezzo del petrolio attorno ai livelli attuali. Per tornare a quotazioni più vicine ai 100 dollari sarà necessaria una diminuzione più significativa sul lato dell’offerta”.

Le M&A negli Usa aiuteranno a riequilibrare il mercato

La buona notizia per i paesi dell’OPEC+, anche se sembra strano dirlo, arriva dai concorrenti americani. Se lo scorso anno la crescita della produzione di shale oil (petrolio di scisto) negli Usa ha superato le previsioni iniziali toccando quota 850.000 barili al giorno e bilanciando in parte i tagli da parte dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, nel 2024 l’incremento annuo dovrebbe scendere a 150.000 barili giornalieri creando, secondo gli analisti, un quadro più positivo per il 2025.

“L’acquisizione di Endeavor da parte di Diamondback, di Pioneer Resources per mano di Exxon Mobili e di CrownRock da Occidental Petroleum avranno l’effetto di consolidare il settore e di ridurre in maniera significativa la produzione di shale oil nella regione del Permiano. Endeavor, Pioneer Resources e CrownRock, in quanto società private, avevano come obiettivo primario quello di aumentare la produzione. Le big del settore oil&gas che le hanno acquistate, che invece sono società quotate, hanno la necessità di massimizzare il ritorno del capitale degli azionisti e per questo motivo punteranno a tagliare i costi, ridurre l’attività di perforazione e massimizzare l’efficienza operativa. Questo significa che non dobbiamo più aspettarci che gli Stati Uniti compensino con la loro produzione eventuali deficit nella produzione di petrolio”, aggiunge Ellis. 

Le idee di investimento tra gli energetici

Le tensioni sul mercato del petrolio hanno avuto inevitabilmente delle ripercussioni sulle quotazioni di Borsa dei titoli del settore oil&gas. Le compagnie energetiche europee e americane hanno largamente sottoperformato i rispettivi mercati regionali. L’indice Morningstar Developed Market Europe Energy ha pagato un gap di 8 punti percentuali rispetto al benckmark negli ultimi 6 mesi e di quasi 1200 punti base negli ultimi 12. Ancora più forte è il ritardo dei titoli energetici americani rispetto al mercato azionario statunitense: di circa il 16% negli ultimi 6 mesi e di circa il 25% negli ultimi 12. Questo spiega perché tra le azioni del comparto coperte dall’analisi di Morningstar, meno del 10% è scambiato a prezzi superiori al fair value, mentre la percentuale dei titoli con rating positivo (4 e 5 stelle) è del 41% (dati al 4 marzo 2024).

 

 

 

 

Tra le migliori idee di investimento, secondo gli analisti di Morningstar, ci sono i titoli Schlumberger ed Exxon Mobil.

Schlumberger (SLLB): Schlumberger vanta un Economic moat nella misura di Medio per effetto della sua leadership nell’industria dei servizi per le compagnie oil&gas costruita grazie alla capacità di differenziare l’offerta, alla qualità dei prodotti e a un vantaggio di costo rispetto ai competitor. Secondo gli analisti, il recente investimento in soluzioni digitali e servizi integrati avrà l’effetto di creare un flusso di ricavi aggiuntivo e ad alto valore aggiunto. Inoltre, l’elevata esposizione ai mercati non statunitensi mitiga gli effetti negativi della volatilità del settore oil&gas. Alle attuali quotazioni di mercato il titolo è scambiato a un tasso di sconto del 15% rispetto al fair value di 60 dollari (report aggiornato al 4 marzo 2024).

Exxon Mobil (XOM): Gli analisti riconoscono all’azienda un Economic moat nella misura di Media per via del suo modello di business integrato (dall’esplorazione di petrolio alla sua raffinazione) che gli garantisce una posizione di vantaggio nei confronti dei competitor. Entro il 2027, ExxonMobil prevede di raddoppiare gli utili e i flussi di cassa registrati nel 2019 grazie alla combinazione di tre fattori: riduzione strutturale dei costi operativi, miglioramento del portafoglio degli asset e crescita del fatturato. Al momento il titolo è scambiato a un tasso di sconto del 12% rispetto al fair value di 123 dollari (report aggiornato al 4 marzo 2024).

 

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Exxon Mobil Corp121,93 USD1,34Rating
Schlumberger Ltd44,06 USD1,22Rating

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Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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