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Perché investire nei mercati emergenti?

L’equity dei paesi emergenti è valutato a tassi di sconto elevati rispetto ai listini occidentali. Ecco quali sono le prospettive future disegnate dagli analisti.

Francesco Lavecchia 21/03/2024 | 14:20
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paesi emergenti

  • Il 2023 è stato un anno negativo per i mercati emergenti a causa della cattiva intonazione dei listini cinesi.
  • I mercati emergenti sono valutati a sconto rispetto a quelli sviluppati.
  • Le aziende della regione hanno una prospettiva di crescita degli utili superiore a quella dei competitor occidentali.

 

Valutazioni di mercato interessanti ed elevate aspettative di crescita degli utili societari: questi sono gli elementi principali che dovrebbero far riflettere gli investitori sulla possibilità di prendere posizione sui mercati emergenti. Ma i numeri del passato dicono che serve pazienza per raccogliere i frutti dell’investimento.

I rendimenti del 2023 dicono che i mercati emergenti hanno sottoperformato la media dei listini globali di 10 punti percentuali (5,10% vs 15,39% in euro), e da inizio anno la tendenza non sembra essere cambiata (2,15% vs 7,71% in euro).

 

 

Cosa non dicono i numeri sulle perfomance

Tuttavia, i numeri non dicono tutto. Il risultato della regione, infatti, è fortemente condizionato dalla performance del mercato cinese. La Cina, che pesa per il 27% sulla capitalizzazione di mercato dell’indice Morningstar Emerging Markets, ha perso il 15,69% (in euro) nel 2023. Se dunque non deve sorprenderci che l’indice MSCI EM Ex China abbia sovraperformato di quasi 10 punti percentuali la media dei listini emergenti (MSCI EM: 3,42%), ci deve far riflettere il confronto con il mercato azionario globale e i mercati sviluppati. Se escludiamo il negativo contributo della Cina, la sottoperfomance dei mercati emergenti si riduce a cinque punti percentuali rispetto all’indice MSCI World (17,64%).

All’interno dei mercati emergenti, infatti, il quadro è piuttosto eterogeneo. Se la Cina ha deluso nel 2023, ci sono altri listini che hanno realizzato ottime performance. I listini azionari di India, Taiwan e Corea del Sud, che complessivamente pesano per circa il 44% della capitalizzazione di mercato del Morningstar Emerging Markets Index, hanno guadagnato rispettivamente il 21,19%, il 28,9% e il 20,58%. In America Latina hanno brillato Brasile (+28,89%) e Messico (+41,18%), mentre tra i paesi dell’Europa emergente spiccano i risultati di Grecia (+44,93%), Ungheria (+47,29%) e Repubblica Ceca (+32,80%).

Emergenti a sconto

Le deboli performance registrate negli ultimi 12 mesi hanno reso più attraenti le valutazioni di mercato della regione. Al momento l’indice Morningstar Emerging Markets viene valutato 14,27 volte gli utili, contro un P/E di 19,53 dei mercati globali e di 24,01 del mercato Usa.

“Nonostante i corsi azionari siano risaliti dai minimi registrati nel quarto trimestre del 2022, a nostro avviso i mercati emergenti sono al momento una delle asset class più sottovalutate a livello globale. Se è vero che questi listini sono generalmente valutati a multipli più bassi rispetto ai mercati sviluppati, l’attuale percentuale di sconto rispetto ai devoloped markets è più alta rispetto alla media di lungo periodo, e questo a causa delle basse valutazioni dell’equity cinese”, dicono gli analisti di Lazard Asset Management.

Perché è essere ottimisti sugli emergenti

Le attuali valutazioni di mercato, infatti, non darebbero la giusta visibilità sulle prospettive di crescita degli utili aziendali. Il progresso dei profitti delle società attive nei mercati emergenti è stato debole negli ultimi anni, penalizzato dall’apprezzamento del dollaro e dall’incertezza geopolitica in seguito alla guerra in Ucraina e Russia, ma secondo alcuni analisti c’è più di un motivo per cui essere ottimisti sul miglioramento dei fondamentali delle aziende della regione.

“I retailer europei e le aziende industriali hanno riportato alcune produzioni in Europa meridionale, in nord Africa e in Turchia. In America Latina, il Messico è uno dei principali beneficiari del nearshoring, in quanto un numero crescente di aziende americane ha spostato lì le proprie attività e le catene di fornitura. Buone notizie arrivano anche dal Brasile e dalla Cina. Nel paese sudamericano, la crescita economica continua a superare le previsioni, anche grazie al taglio dei tassi di interesse, e l’inflazione è in discesa. Il Beige Book cinese, lo scorso mese, ha evidenziato un miglioramento dell'attività economica, con una crescita più sostenuta dei ricavi e dei margini delle imprese. La domanda di elettronica di consumo durante la stagione del Capodanno lunare è stata migliore del previsto e anche il settore del lusso ha beneficiato di una domanda più forte delle attese”, dice Saira Malik, Chief Investment Officer di Nuveen.

Non vanno poi dimenticate altre interessanti aree di crescita all’interno della regione. In Asia orientale ci sono molte aziende  che producono componenti chiave per abilitare l’intelligenza artificiale. Investire in queste realtà, dicono gli analisti di Alliance Bernstein, consente di prendere posizione su un trend di lungo periodo come quello dell’IA a valutazioni di mercato molto più convenienti rispetto a quelle dei leader del settore. Inoltre, aggiungono gli analisti, la limitazione alla produzione di alcune materie prime, a causa dell’imposizione di vincoli ambientali da parte delle autorità, potrebbero giocare a favore dei maggiori esportatori di commodity come Brasile, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.

Anche le previsioni degli analisti supportano questa visione positiva: “Nel quarto trimestre del 2023, le stime del consesus sulla crescita degli EPS per i prossimi 12 mesi sono state riviste al rialzo del 5% per le aziende dell’indice MSCI EM, rispetto all’1,3% di quelle dell’S&P 500. Inoltre, la nostra ricerca mostra che le aziende che quest’anno registreranno una crescita degli utili di almeno il 10% rappresentano più della metà della capitalizzazione di mercato del benchmark”, dice Sammy Suzuki Head of Emerging Markets Equities di Alliance Bernstein nel suo report pubblicato lo scorso 2 febbraio.

Il ruolo in portafoglio

Bisogna però fare una considerazione sul ruolo che l’esposizione ai mercati emergenti deve avere in portafoglio. I listini della regione tendono a essere molto più volatili delle Borse occidentali nel breve periodo. Se confrontiamo la standard deviation dell’indice Morningstar Emerging Markets con quella del Morningstar Developed Markets si nota come su un orizzonte temporale di un anno la volatilità dei mercati emergenti sia più alta di circa il 17% (11,24 vs 9,6), mentre su cinque e dieci anni la standard deviation dei due indici è praticamente uguale. A fronte di una volatilità che si riduce, il gap in termini di rendimento rispetto ai mercati sviluppati tende ad assottigliarsi man mano che aumentano i cicli di mercato che si prendono in considerazione: se guardiamo alla performance degli ultimi 10 anni (a fine 2023, in euro), i numeri dicono che gli emerging markets hanno sottoperformato quelli sviluppati di poco più di cinque punti percentuali (3,33% vs 8,87%), mentre se si allarga l’orizzonte agli ultimi 20 anni il divario si riduce a poche decine di punti base (5,89% vs 6,69%).

 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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