Lo Stato italiano scende al 26,73% del Monte dei Paschi di Siena e a questo punto la privatizzazione della banca più antica del mondo si mette in discesa, con Bruxelles che riceve dall'ultima vendita di azioni un messaggio più che rassicurante. Le opzioni sul tavolo sono più d'una e il mercato attende di capire se l'idea di un terzo polo bancario italiano a questo punto andrà in soffitta o resterà in campo.
Intanto, a Milano, i titoli si adeguano e superano il prezzo di vendita del pacchetto del 12,5% in mano al MEF, collocato a EUR4,1 per azione. Nel primo pomeriggio MPS segna un calo dello 0,8% a EUR4,22 per una capitalizzazione di mercato pari a EUR5,3 miliardi. In un mese, il titolo è salito del 13,6% e il progresso da inizio anno è pari al 30%, contro il più 13,9% del FTSE Mib.
L'operazione lampo del Tesoro, annunciata ieri sera, corrisponde a un incasso di EUR650 milioni e ha visto collocare sul mercato 157 milioni di azioni di Rocca Salimbeni a EUR4,1. Il MEF aveva già messo in cassa circa EUR920 a novembre e ora è al 26,73%.
In sostanza, ha recuperato EUR1,57 miliardi dalla vendita del 38% di MPS, dopo aver speso oltre EUR7 miliardi per evitarne un fallimento che avrebbe avuto proporzioni sistemiche e avrebbe avuto un impatto imprevedibile anche sullo spread e sul costo della spesa a sostegno del debito pubblico.
In questi anni, Bruxelles si è dimostrata decisamente paziente con il governo italiano, perché ha capito che la crisi di Siena era veramente complessa da risolvere. Così, la Commissione UE ha più volte accettato di spostare di anno in anno la scadenza della privatizzazione, senza la quale avrebbe contestato la violazione del divieto di aiuti di Stato. Nel frattempo, identica flessibilità è stata impiegata anche nei confronti del sistema bancario tedesco.
"Il combinato disposto del rialzo dei margini di intermediazione e delle quotazioni di Borsa delle banche ha aiutato anche MPS", osserva un banchiere d'affari, per il quale "Bruxelles si è resa benissimo conto che imporre scadenze stringenti per la privatizzazione sarebbe equivalso a mettere una tagliola, con tutti i possibili candidati al salvataggio che avrebbero aspettato gli ultimi giorni per prendere la banca a prezzi ancora più di saldo".
Formalmente, la privatizzazione di Siena andrebbe portata a termine entro la fine dell'estate, ma ancora una volta non ci sono scadenze perentorie. Adesso, si aprono vari scenari. Innanzitutto, in meno di sei mesi, lo Stato italiano è sceso dal 64% al 26,7% con due operazioni di mercato fulminee.
Rocca Salimbeni è al momento una public company, dove però il MEF resta l'unico grande azionista e ha in mano le leve del Cda. Si può considerare la banca già sostanzialmente privatizzata? Da un punto di vista sostanziale, no. Ma è difficile che nasca un braccio di ferro con Bruxelles, specie dopo che il governo italiano ha dimostrato un'indubbia volontà di uscire sempre più da Siena.
Il governo, con la discesa repentina nel capitale della banca affidata a Luigi Lovaglio, ha in sostanza bruciato buona parte delle proprie chance di far nascere un terzo polo bancario attorno a Siena, alle spalle delle irraggiungibili Intesa Sanpaolo e UniCredit. Tuttavia, un'aggregazione pilotata dalla politica è ancora possibile e i nomi che circolano sono i soliti: UniCredit, Banco BPM e BPER Banca, tutti già protagonisti nei mesi scorsi di ampie smentite.
In alternativa, il Tesoro può tenere la sua quota ancora per qualche mese e costruire piano piano per MPS un futuro sempre più da public company e senza avere più la fretta di un tempo. Nel mentre, Via XX settembre ha davanti a sé l'attuazione non semplice del piano di privatizzazioni da EUR20 miliardi in tre anni inserito nell'ultima Finanziaria.
Si dovrebbe cominciare da piccoli pacchetti non necessari al controllo di Eni - 4% -, Ferrovie dello Stato e Poste Italiane, fino al 29%. Dei dettagli si tornerà a discutere presto in Parlamento, mentre la decisione su ulteriori disimpegni da MPS potrebbe slittare tranquillamente a dopo l'estate. Anche se, tecnicamente, da oggi MPS è una banca più scalabile e una ricca Opa farebbe probabilmente contento anche il MEF, che finora si è mosso guardando sempre i massimi di Borsa.
Di Francesco Bonazzi, Alliance News columnist
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