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È tempo di tornare a investire in Cina?

Pechino chiude un primo trimestre sopra le attese, mentre le azioni cinesi non sono mai state così convenienti. Opportunità d’investimento o value trap?

Valerio Baselli 24/04/2024 | 00:01
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Cina

Il mercato azionario cinese ha ampiamente sottoperformato le Borse globali da tre anni a questa parte, ma ci sono segnali di miglioramento dell'economia. Analizziamo le ragioni per investire nuovamente in Cina.

Il primo trimestre del 2024 si è chiuso con una crescita del +5,3% anno su anno per il prodotto interno lordo (PIL) cinese: un risultato al di sopra delle attese del mercato, addirittura superiore rispetto al già ambizioso obiettivo che si era posto il governo di Pechino (che prevedeva una crescita “intorno al +5%”) e che conferma la resilienza della seconda economia mondiale.

Qualche anno fa, un dato del genere sarebbe passato quasi inosservato, oggi fa notizia. “L’economia cinese è posizionata per riportare performance positive alla luce della continua implementazione di politiche espansive e dell’impegno del governo a fare tutto il necessario per stimolare la crescita”, afferma Xiaolin Chen, Head of International di KraneShares.

Pechino sta quindi uscendo dal tunnel? È probabilmente troppo presto per dirlo. “Nonostante l’inizio d’anno brillante, l’Istituto Nazionale di Statistica ha sottolineato che le fondamenta della crescita economica del Dragone non sono ancora solide”, commenta Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, che riporta l’attenzione “alle sfide che l’economia cinese deve affrontare, tra cui spiccano il pericolo deflazionistico e la profonda crisi dell’edilizia, tra crollo dei prezzi delle nuove abitazioni e azioni legali contro i colossi cinesi del mattone”.

Azioni cinesi ai minimi, conviene investire?

Da circa tre anni e mezzo il mercato azionario cinese sottoperforma ampiamente i listini finanziari globali, compresi quelli degli altri emergenti. Le ragioni sono molteplici: la lunga crisi legata alla pandemia di coronavirus e le conseguenti chiusure, il crollo del settore immobiliare, il peso dei debiti, le tensioni geopolitiche con Taiwan e con gli Stati Uniti, la crisi delle esportazioni (nel 2023 l’export cinese è calato del 4,7%, il primo tonfo dal 2016) e la fuga dei capitali esteri.

Eppure, a fine 2022, la Cina stava finalmente uscendo dalla politica zero-covid, con previsioni ottimistiche di una robusta ripresa dei consumi, mentre l'America era ancora nella morsa di un'inflazione superiore all'obiettivo e di un aumento dei tassi d'interesse. Insomma, le riaperture economiche e sociali di Pechino avevano spinto molti ad aspettarsi il tanto agognato cambio di direzione, che però non è mai avvenuto. Nel 2023 lo S&P 500 è cresciuto del 22%, mentre il CSI 300 Index ha perso il 13% (in euro).

Insomma, sul mercato azionario cinese aleggia ormai una spessa coltre di pessimismo. Il Morningstar China Index NR ha perso il 42% del proprio valore da fine gennaio 2021 a fine marzo 2024, mentre l’indice Morningstar Global Markets ha fatto esattamente il percorso inverso (+40%) e il Morningstar Emerging Markets è risultato leggermente in positivo (+4%; dati in euro).

Di conseguenza, le azioni cinesi stanno viaggiando a delle valutazioni che non si vedevano da circa un decennio. Secondo i dati CEIC, il rapporto prezzo/utili della Borsa di Shanghai è ai minimi da fine 2014. Inoltre, secondo il Global Market Barometer di Morningstar, l’azionario cinese è attualmente sottovalutato del 31% rispetto al fair value (relativamente ai titoli coperti dall’analisi Morningstar).

Scommessa contrarian o value trap?

Ed è qui che il mercato si divide – almeno per ora – tra chi pensa che il mercato cinese sia un’opportunità di tipo contrarian troppo ghiotta per lasciarsela scappare e chi invece ci vede solo una value trap (trappola di valore).

“L’elenco dei motivi per starne alla larga non è breve”, commenta in una nota Tom Stevenson di Fidelity International. “Il consumatore cinese è uscito dal periodo del Covid con poca voglia di spendere i soldi che aveva messo da parte durante la sua reclusione forzata. Non è difficile da capire se si considera che la disoccupazione giovanile si aggira intorno al 16%. Nel frattempo, il settore immobiliare, che potrebbe rappresentare il 30% del prodotto interno lordo se si tiene conto di attività correlate come le assicurazioni, la vendita di elettrodomestici e altri servizi accessori, continua a sembrare una bolla che si sta lentamente sgonfiando”.

A tutto questo, si aggiunga una demografia sfavorevole, con un numero di decessi superiore alle nascite per il secondo anno consecutivo nel 2023, il che suggerisce che la popolazione cinese sta diminuendo e invecchiando. “La cosiddetta giapponesizzazione della Cina potrebbe essere sopravvalutata, ma l'economia dovrà diventare massicciamente più produttiva per superare i venti demografici nei prossimi anni”, prosegue Stevenson.

Insomma, se una buona fetta degli operatori internazionali si ritrovano concordi nell’etichettare la Cina come uninvestible (non investibile) di ragioni ce ne sono. E infatti, i flussi globali d’investimento lo certificano, con ben 18,2 miliardi di dollari che gli investitori di tutto il mondo hanno prelevato dai fondi aperti azionari Cina negli ultimi 12 mesi.

Ma non tutti condividono questa opinione. D’altronde, la Cina resta la seconda economia mondiale, ospita ancora un terzo della capacità manifatturiera globale, genera il 18% del PIL globale, conta il 16% di tutte le società quotate e il 20% della capitalizzazione complessiva dei mercati.

“Le valutazioni possono talvolta essere basse per ragioni specifiche, ma in questo caso le valutazioni della azioni cinesi sembrano scollegate dai fondamentali”, commenta Chen di KraneShares. “Osserviamo miglioramenti costanti degli utili delle società cinesi, ma le loro performance e i rapporti prezzo/utili (P/E) non si comportano di conseguenza. Ciò suggerisce che i fattori macroeconomici stiano influenzando l'attuale tendenza. Se il contesto macroeconomico rimane stabile e la liquidità aziendale aumenta, sostenendo la crescita delle imprese, esiste il potenziale per una significativa rivalutazione”, conclude.

Gestione attiva altamente selettiva

“In Cina si possono trovare delle opportunità incredibili, ma da maneggiare con cura”, si legge in una nota a cura del team di gestione di Plenisfer Investments SGR, che sottolinea l’importanza in questo momento di una gestione attiva con approccio selettivo: “la storia ci dice che investire passivamente in Cina non funziona, e che la qualità delle aziende negli indici è molto eterogenea. Ci sono molte opportunità in Cina, ma solo se si fa il lavoro di ricerca per capire dove si trova il valore. In un momento in cui molti investitori internazionali hanno rinunciato alla Cina, le condizioni sono favorevoli per coloro che sono ancora disposti a fare il lavoro”.

E in effetti, in questo articolo spieghiamo perché molti ETF della categoria azionari Cina presentano un Morningstar Medalist Rating neutrale o negativo.

Secondo Tessa Wong, specialista azioni cinesi di Allianz Global Investors, “i tentativi degli Stati Uniti di limitare lo sviluppo tecnologico della Cina si tradurranno in una maggiore attenzione allo sviluppo delle capacità interne nei settori chiave”, anche perché il paese “deve trovare una crescita sostitutiva in altre aree, in particolare per orientarsi verso settori a più alto valore e più orientati all'innovazione”.

Wong, infatti, ritiene che la Cina si trovi in una fase relativamente iniziale di transizione verso un nuovo modello basato sull'innovazione e sullo sviluppo di nuove tecnologie. “Ed è proprio in questi settori che spesso troviamo alcune delle opportunità più interessanti, soprattutto ora che molti titoli si sono ridotti a valutazioni più interessanti.”

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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