Nella Settimana Speciale dedicata all'income investing, pubblichiamo un'analisi dedicata ai buyback delle società quotate italiane.
I primi cinque mesi del 2024 confermano che l’uso dei “buyback”, ovvero di piani di riacquisto di azioni proprie, rimane una soluzione molto apprezzata dalle società quotate come mezzo per trasferire valore ai propri investitori. Ad alimentare l’uso del buyback presso le aziende quotate in Piazza Affari è anche il suo utilizzo come metodo di raccolta di azioni presenti sul mercato da mettere a disposizione di piani di incentivazioni interni alle società stesse.
Molti e di prestigio i nomi delle società presenti in Borsa Italiana che stanno portando avanti, o hanno appena lanciato, piani di riacquisto di azioni proprie in questo 2024. Da Generali (G) a Unicredit (UCG), da Eni (ENI) a Tenaris (TEN), tanto per fare alcuni tra gli esempi più importanti, tutti i settori evidenziano sempre più l’apprezzamento verso questo strumento per creare valore per i propri azionisti.
Cosa è un buyback
Il riacquisto sul mercato di azioni della propria azienda – questo in estrema sintesi è il buyback – ha diverse finalità ma una delle principali è proprio quella di distribuire in maniera indiretta valore agli azionisti. Questi ultimi vedranno incrementare il valore della propria partecipazione a seguito della riduzione del numero delle azioni in circolazione e grazie all’effetto di spinta verso l’alto, o quanto meno di sostegno nel flusso di acquisti, delle quotazioni.
In questo senso il buyback può essere inteso come una sorta di dividendo implicito per i propri azionisti. Senza dimenticare che per l’azienda può essere considerato un’alternativa vantaggiosa per restituire denaro agli azionisti anche dal punto di vista fiscale.
Come è visto il buyback dagli addetti ai lavori
“Sempre più aziende europee e italiane stanno remunerando gli azionisti anche tramite operazioni di riacquisto delle proprie azioni, in aggiunta spesso ai dividendi”, spiega Manuel Pozzi direttore degli investimenti di M&G. “Il fenomeno storicamente caratterizzava soprattutto il mercato americano, in cui ogni anno le aziende restituiscono agli azionisti circa il 2% o 3% del capitale sotto forma di buyback, mentre la quota dei dividendi vale storicamente circa l’1.5% / 2% della capitalizzazione. In Europa i rapporti erano invertiti: i buyback pesavano circa l’1%, ma negli ultimi due anni sono cresciuti vicino al 2%, mentre i dividendi pesano in media tra il 3% e il 4%”.
La crescita del peso di questo specifico strumento per creare valore agli azionisti si spiega anche perché è una soluzione che piace molto alle aziende in quanto non sono risorse finanziare che come i dividendi finiscono fuori dal perimetro di controllo del management. Infatti, il fatto di comprare azioni crea un “tesoretto” di azioni che può essere usato successivamente dal management per altri scopi.
I vantaggi per gli investitori
Ma il buyback offre dei vantaggi diretti anche agli investitori. “A livello fiscale, i buyback possono essere più efficienti anche per i risparmiatori, in quanto se decidono di vendere le azioni all’azienda stessa, pagano la tassazione solo in caso di plusvalenza, mentre nel caso dei dividendi, la tassazione avviene anche qualora il prezzo delle azioni fosse molto inferiore ai livelli di acquisto", spiega Pozzi.
"Inoltre, nell’arco di alcuni anni, questi riacquisti di azioni iniziano a pesare sul capitale, nel senso che a parità di utili, questi vengono suddivisi tra un minor numero di azionisti. Per questo i buyback rappresentano un espediente per mostrare una maggiore crescita degli utili per azione, un dato tenuto in considerazione dagli analisti”. Ma i vantaggi non finiscono qui.
Uno scudo anti-ribassisisti
“Terzo punto rilevante – continua Pozzi -, sapere che un'azienda quotata sarà oggetto di acquisti sicuri e stabili nei successivi dodici mesi rende meno appetibili eventuali operazioni “short” (ribassiste, in sostanza la vendita allo scoperto consiste nel vendere un'attività che non si possiede per trarre profitto dal calo del suo prezzo, Ndr) da parte degli speculatori e a parità di altre condizioni, sicuramente può sostenere un po’ i prezzi.
C'è poi un altro fattore che può spingere le aziende a remunerare gli azionisti tramite buyback: mentre per i dividendi ci si aspetta che siano costanti nel tempo e se possibile crescenti, i buyback invece sono per loro natura più ciclici e solitamente non ci si aspetta che crescano o vengano mantenuti di anno in anno”.
I buyback tra i titoli finanziari a Piazza Affari
Sul listino italiano emerge che anche in questo 2024 società di settori molto differenti tra loro stanno ricorrendo ai piani di riacquisto di azioni. Tra tutti sono però soprattutto gli istituti finanziari a spingere con forza in questa direzione. Un esempio è Unicredit che ha di recente diffuso un aggiornamento sul piano di buyback appena rilanciato. Al 17 maggio 2024, a partire dall'avvio della seconda tranche, ovvero dal 9 maggio, la banca ha già acquistato un totale di 7.424.440 azioni, pari allo 0,44% del capitale sociale, per un controvalore complessivo di quasi 270 milioni di euro.
“In Italia le banche, che pesano tanto nell’indice, in questi anni stanno beneficiando di una redditività molto alta e questo permette loro di restituire ancora più capitale agli azionisti, anche con operazioni di buyback, aumentate in particolare a partire dal 2022 – sottolinea Pozzi -. Questo vale però anche per altre aziende italiane”.
Il piano di buyback di Generali
In queste settimane anche Generali ha alimentato il suo piano di buyback, con particolare attenzione al momento alla parte al servizio per i piani di incentivazione interna. Al 21 maggio 2024, Generali e le sue controllate detenevano 17.059.872 azioni proprie, rappresentanti l’1,09% del capitale sociale.
Nuovi piani di riacquisto azioni per i giganti dell’oil
Tra i big non finanziari di Piazza Affari che hanno appena riacceso lo strumento buyback brilla Eni. "Pensiamo che nelle aziende più mature e più grandi che producono grandi quantità di liquidità - mette in evidenza Mark Heslop, investment manager European Equities di Jupiter AM -, i riacquisti a volte rappresentino un modo appropriato per equilibrare i bilanci e fornire rendimenti aggiuntivi agli azionisti".
Per quanto riguarda Eni il programma di buyback 2024, approvato nell’assemblea tenuta ad aprile e da realizzarsi entro aprile 2025, ammonterà a 1,6 miliardi di euro. Un importo che potrà essere incrementato fino ad un massimo complessivo di 3,5 miliardi. La società metterà in pratica il buyback avviando a breve la prima tranche del nuovo programma di acquisto di azioni proprie fino a un massimo di 6,4 milioni di azioni, circa lo 0,2% del capitale, per un impegno massimo di 150 milioni di euro. La finalità di questa tranche è quella di costituire la provvista azionaria a servizio della realizzazione del piano di azionariato diffuso 2024-2026, approvato dall'assemblea del 15 maggio.
Sempre in questo periodo la big cap Tenaris ha avviato una terza tranche da 300 milioni di dollari del suo programma di buyback da 1,2 miliardi, tranche da completare entro il 12 agosto 2024. Le azioni ordinarie acquistate nell'ambito del programma saranno annullate in futuro.
I buyback delle mid e small cap
Non solo le big cap sono protagoniste in questo periodo di operazioni di buyback. Ne sono un esempio, tra i molti, nomi come Eurogroup Laminations (EGLA), Eviso (EVISO), Txt E-Solutions (TXT). Ma attenzione: "Nelle aziende più piccole - spiega Heslop - spesso sarebbe preferibile che le aziende utilizzassero la liquidità in eccesso sotto forma di investimenti per favorire la crescita e aumentare i rendimenti per gli azionisti, piuttosto che offrire liquidità agli investitori attraverso i riacquisti".
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