Il tanto atteso primo taglio dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea è realtà.
Si tratta dell’inizio di un ciclo di allentamento monetario? Probabile, anche se non scontato. Shaan Raithatha, senior investment strategist di Vanguard, ad esempio, prevede per i tagli futuri una cadenza trimestrale, portando il tasso sui depositi a livello neutrale (2-2,5%) entro la fine del 2025. “I rischi – aggiunge il gestore – sono però orientati verso un ritmo più lento, dato l'aumento dello slancio nell'inflazione dei servizi, nella crescita dei salari e nell'attività economica.”
Euro-dollaro di nuovo verso la parità?
Da metà aprile a fine maggio, l’euro si è leggermente rafforzato rispetto al dollaro americano salendo fino a quota 1,09 da 1,06. Ora, però, occorrerà fare i conti con le divergenti posizioni di Federal Reserve e BCE. Infatti, poiché la Fed non ha fretta di tagliare, è probabile che la divergenza tra Stati Uniti ed Europa aumenti.
“La BCE e la Banca d'Inghilterra (BoE) probabilmente taglieranno almeno una volta quest'anno, spingendo il dollaro americano verso l'alto rispetto ai suoi omologhi”, affermava Morgane Delledonne, responsabile strategia d’investimento in Europa di Global X. “L'effetto di tagli asincroni da parte della BCE o della BoE porterebbe probabilmente a un forte deprezzamento dell'euro o della sterlina nei confronti del dollaro USA e delle altre principali valute. Questo sarebbe controproducente per contenere l'inflazione in Europa, poiché renderebbe più costose le importazioni, ma sicuramente migliorerebbe la competitività e stimolerebbe le esportazioni. In questo scenario, le azioni europee potrebbero offrire agli investitori punti di ingresso interessanti rispetto alle loro controparti statunitensi.”
Un tale scenario, sarebbe teoricamente positivo per gli investitori dell’eurozona. Tuttavia, ad oggi non ci sono certezze sulle future decisioni di Fed e BCE, le quali resteranno molto attente ai dati macroeconomici dei prossimi mesi e la verità è che nulla ci garantisce che l’euro si indebolirà da qui al 2025. Tutto dipenderà dal numero dei tagli eventuali, dalla loro ampiezza e da quanto saranno ravvicinati tra loro.
Le implicazioni per gli investitori
Al di là delle ovvie ricadute sui mutui per la casa e i prestiti a privati e aziende, questa mossa ha un chiaro effetto sugli asset detenuti da investitori dell’eurozona e denominati in valute estere (così come specularmente ce l’ha sugli asset denominati in euro e detenuti da investitori che ne stanno fuori). Questo perché la politica monetaria è una delle componenti chiave dei tassi di cambio tra valute.
Gli investitori europei, infatti, quando si espongono a degli asset finanziari denominati in un valuta che non sia l’euro si ritrovano inevitabilmente esposti alle fluttuazioni dei tassi di cambio. Lasciare le esposizioni in valuta estera senza copertura potrebbe portare a una scommessa implicita, e nella maggior parte dei casi non voluta.
La relazione tra i tassi di cambio e i rendimenti del mercato locale svolge un ruolo importante nel comportamento delle attività estere. Nella maggior parte dei casi, i movimenti valutari e i rendimenti sono correlati positivamente, quindi il rischio valutario di solito aumenta la volatilità.
Come funziona l'hedging
Il rendimento dei titoli stranieri è dato dalla performance di mercato che, però, deve essere corretta con l’andamento della moneta estera rispetto alla divisa locale. E questo può marcare una differenza importante. Sostanzialmente, se il denaro straniero si apprezza contro la valuta locale, l’effetto sarà positivo, in quanto gli attivi denominati in altra currency acquisteranno valore solo per la spinta del mercato Forex. Al contrario, se la moneta locale (per noi l’euro) dovesse rafforzarsi, questo fatto da solo avrebbe un effetto negativo sugli asset esteri.
Ad esempio, il Morningstar US Market Index ha guadagnato il 10,5% dall’inizio dell’anno in dollari, mentre la versione in euro è riuscita a spingersi fino a +12,4%, grazie al tasso di cambio favorevole per gli investitori del Vecchio Continente (dati al 31 maggio 2024). A seguito della stessa dinamica, l’indice Morningstar Eurozone è salito dell’11,5% in euro da inizio anno, mentre la sua versione in dollari si è fermata a un +9,6% nello stesso periodo.
Per fare invece un esempio inverso (apprezzamento dell’euro nei confronti di una valuta estera), il Morningstar Japan Index è salito dell’8% in euro dal primo gennaio al 31 maggio 2024, mentre la versione dello stesso benchmark in yen giapponesi ha fatto molto meglio, guadagnando il 18,2%. Il valore dell’euro rispetto allo yen giapponese è infatti aumentato di quasi il 10% nel periodo.
In questo caso, quindi, gli investitori nipponici che detengono attività denominate in euro hanno beneficiato della forza della nostra moneta (l'indice Morningstar Eurozone in yen ha guadagnato infatti il 22,1% da inizio anno), mentre per gli investitori dell'Eurozona investiti in attività giapponesi sarebbe stata una scelta saggia coprirsi dal rischio di cambio con uno strumento adatto.
Ovviamente, il calcolo diventa ancor più complesso quando nello stesso paniere si trovano asset denominati in diverse valute straniere, come ad esempio è il caso nei fondi azionari globali.
Come coprirsi dal rischio di cambio
Per chi volesse evitare di dover pensare anche ai movimenti valutari – oltre a quelli dei mercati finanziari – un buon numero di fondi comuni ed ETF offre una classe hedged, cioè con copertura del rischio di cambio, la quale mira a neutralizzare il più possibile il rischio valutario sui rendimenti finali. Di seguito, a titolo di esempio, le differenti performance dell’ETF di Invesco sullo S&P 500 dal 2020 a oggi.
Nella maggior parte dei casi, la copertura valutaria viene usata da investitori professionali che hanno una particolare visione dell'andamento di una valuta o che hanno bisogno di bilanciare il proprio portafoglio.
Sono spesso utilizzati anche dagli investitori obbligazionari che desiderano un'esposizione al debito di un determinato Paese, ma vogliono anche ridurre il più possibile il rischio valutario, in particolare quando si investe nel debito dei mercati emergenti, dove paesi come l'Argentina e la Turchia hanno subito crisi valutarie estreme, ma si vuole attingere alle loro obbligazioni a più alto rendimento.
Ne vale davvero la pena?
Tuttavia, l’hedging non è mai perfetto e come dimostra anche la tabella precedente non si deve fare l’errore di credere che il rendimento coperto dal rischio di cambio coincida perfettamente col rendimento in valuta locale. Innanzitutto, perché c’è sempre una commissione più alta da pagare.
Inoltre, i gestori di fondi (o gli emittenti di ETF) per creare uno strumento hedged, spesso utilizzano contratti derivati, i quali sono soggetti, tra l’altro, all’effetto rolling. Cos’è l’effetto rolling? I contratti future devono periodicamente essere sostituiti alla scadenza; il “rendimento roll” è determinato dalla differenza tra il valore del contratto in essere e quello dei periodi successivi. Questo yield può essere positivo o negativo.
Gli investitori dovrebbero anche essere consapevoli del loro orizzonte temporale. “I rendimenti attribuibili ai tassi di cambio possono fluttuare nel tempo e aumentare la volatilità, ma tendono ad avere un impatto modesto nel lungo termine”, spiega Daniel Sotiroff, senior manager research analyst di Morningstar. “Tuttavia, l'impatto può essere piuttosto drammatico a breve termine”.
Insomma, per la maggior parte degli investitori retail, l’opzione senza copertura rimane forse la soluzione più semplice, soprattutto nel caso di fondi globali in cui vi siano molte valute sottostanti che potenzialmente si muovono in direzioni diverse.
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