I titoli dell'acciaio sono pronti a risalire?

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha colpito anche il settore dell'acciaio e ha danneggiato il portafoglio degli investitori.

Francesco Lavecchia 04/07/2024 | 13:19
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Da inizio anno l’acciaio ha perso quasi il 20%, sottoperformando non solo gli altri metalli industriali, come ad esempio il rame, ma l’intero comparto delle materie prime. La domanda che si pongono gli investitori è come reagirà il mercato dell’acciaio alla guerra dei dazi e se la situazione è destinata a migliorare.

Se guardiamo ai primi 10 titoli dell’indice Morningstar Global Steel, notiamo come sulla cattiva intonazione del comparto hanno pesato le perdite accumulate dai Big dell’acciaieria mondiale come l’americana Nucor e la sudcoreana Posco, che complessivamente rappresentano quasi il 20% della capitalizzazione di mercato del benchmark e che nel 2024 hanno ceduto rispettivamente il 7,48% e il 28,83% (in euro al 3 luglio).

Non stupisce, invece, che tra i pochi titoli a registrare una performance positiva siano le società indiane come Tata Steel, JSW Steel, Jindal Steel & Power e NMDC, che hanno realizzato guadagni compresi tra il 9% e il 43% grazie anche alla spinta prodotta dalla crescita della domanda interna di acciaio. Alla luce della recente performance di Borsa, il comparto dell’acciaio risulta essere scambiato a valutazioni convenienti. Quasi il 60% delle holding che compongono l’indice Morningstar Global Steel è valutato con un Morningstar Quantitative Rating positivo (4 e 5 stelle), mentre solo due dei 115 titoli che compongono il benchmark sono valutati con un rating di 2 stelle.

 

 

Gli effetti dei dazi Usa sull'acciaio cinese

“Nel breve termine, i dazi avvantaggiano i produttori dei Paesi importatori di acciaio, come ad esempio gli Stati Uniti, mentre danneggiano i maggiori esportatori, come la Cina”, dice Rick de los Reyes, portfolio manager, Global Natural Resources Equity Strategy di T. Rowe Price, intervistato da Morningtstar.

L’amministrazione Biden ha recentemente alzato le tariffe sulle importazioni di acciaio cinese dal 7,5% al 25%, mentre nel marzo scorso l’Unione europea aveva istituito dazi antidumping, compresi tra il 17,2% e il 27,9%, su alcune tipologie di acciaio anticorrosione. Queste misure protezionistiche, insieme alla debolezza della domanda interna, ha costretto i produttori cinesi a trovare nuove destinazioni per l’export, e gran parte di questo si è riversato in altri mercati asiatici e in America latina. Ma il forte afflusso di prodotti siderurgici a basso costo ha costretto anche Messico, Cile e Brasile a imporre nuovi dazi a partire dallo scorso aprile, e le autorità colombiane hanno dichiarato di voler seguire il loro esempio.

Queste tensioni commerciali stanno inevitabilmente producendo degli effetti sul prezzo della materia prima: “L'aumento delle esportazioni cinesi sta deprimendo i prezzi dell’acciaio a livello globale, ma il recente andamento delle quotazioni è legato alla concomitanza di più fattori. La debolezza del prezzo dell’acciaio, da inizio anno, è in parte anche conseguenza del forte rally registrato nel quarto trimestre del 2023.

Quindi, quello a cui assistiamo ora è solo un ritorno alla normalità del mercato. A questo, poi, si aggiunge la debolezza della domanda da parte di vari mercati finali in Europa e negli Stati Uniti, tra cui l'edilizia commerciale e l'industria automobilistica. Oltre al calo della domanda interna cinese. Parte di questa debolezza è dovuta alla stagionalità, poiché gli ordini spesso diminuiscono in estate, ma in parte è dovuta alla congiuntura economica. L'aumento dell'offerta sul mercato globale ha dunque esercitato una pressione al ribasso sui prezzi.”, aggiunge de los Reyes.

 

 

La domanda di acciaio è destinata a risalire? 

Nel lungo termine, comunque, gli esperti si aspettano che il mercato torni in equilibrio, anche se prevedono che il nuovo equilibrio possa essere meno efficiente a causa della guerra dei dazi.

“Con i prezzi dell'acciaio in forte ribasso, stiamo già assistendo a una risposta dell'offerta sotto forma di riduzione della produzione da parte dei Paesi in cui la domanda è stata debole. Di recente la Cina ha intimato ad alcune province di ridurre la produzione di acciaio. Questa decisione impatterà negativamente sui produttori cinesi nel breve termine, ma alla lunga sarà positiva per il mercato dell'acciaio a livello globale. I tagli alla produzione sono necessari per riequilibrare il mercato e consentire ai prezzi di tornare a salire.

Nel medio termine, ritengo che la debolezza del prezzo crei un'opportunità di acquisto per le scorte di acciaio, in particolare negli Stati Uniti, dove è probabile che la domanda migliori nel corso dell'anno.  Molte imprese siderurgiche statunitensi stanno già assistendo a un aumento degli ordini legati all'Inflation Reduction Act (IRA). L'IRA prevede il sostegno del governo a vari progetti infrastrutturali negli Stati Uniti ad alta intensità di acciaio e mi aspetto che questo possa tradursi in un aumento dei prezzi dell'acciaio negli Stati Uniti entro la fine dell'anno”, sostiene de los Reyes.  

Incoraggianti sono anche le previsioni della World Steel Association. In un comunicato pubblicato da Reuter, l'associazione industriale internazionale per il settore siderurgico sostiene che dopo due anni di declino e la grave volatilità del mercato post-pandemia, ci sono segnali che indicano che la domanda globale di acciaio si assesterà su una traiettoria di crescita nel 2024 e nel 2025. L’aumento della domanda, a livello globale, dovrebbe attestarsi attorno all'1,7% nel 2024, per poi salire ulteriormente nel 2025, e a fare da traino saranno le richieste provenienti dall’India, attese in crescita dell'8% nel 2024 e nel 2025.

Maurizio Mazziero, economista e fondatore di Mazziero Research, mette in guardia sugli effetti di lungo termine di una possibile guerra commerciale: “È probabile che dopo un periodo di osservazione, ogni Paese, inclusi quelli dell’Unione Europea, adeguerà le proprie tariffe tenendo conto dei dazi introdotti negli Stati Uniti, questo per evitare di subire un eccesso di importazione cinese di acciaio che possa andare a scapito della produzione locale. Questo però rischia di produrre degli effetti negativi.

Internamente, i dazi portano a prezzi più alti per tutti, poiché per bilanciare l’offerta sono necessari produttori meno efficienti, cioè che producono a costi più alti. Questi produttori richiedono un prezzo più alto per rimanere in produzione e i prezzi più alti vengono scaricati sui clienti finali. A livello globale, invece, c’è il rischio che a fronte dei dazi sull’acciaio cinese si possano sviluppare ritorsioni commerciali su altri materiali. Gran parte delle materie prime necessarie alla transizione ecologica sono di provenienza cinese, una limitazione di queste potrebbe ostacolare tale transizione oltreché contribuire a un aumento dell’inflazione”.

Meglio investire nel rame?

In un contesto non positivo per l’acciaio, come quello attuale, de los Reyes suggerisce agli investitori che vogliono prendere posizione sulle commodity industriali di guardare altrove, e in particolare al rame e al carbone metallurgico: “L'offerta di rame non riesce a tenere il passo con la domanda di elettrificazione e non ci sono sostituti facili.  Per questo motivo, il prezzo dovrà aumentare per incentivare la costruzione di nuove miniere.”

“All’interno del settore”, prosegue il gestore, “la nostra migliore idea di investimento è l’americana Freeport-McMoRan (FCX), uno dei più grandi produttori di rame al mondo, che può contare su asset di lunga durata e a basso costo. Interessante è anche il mercato del carbone metallurgico. Nessuno sta aumentando l’offerta, ma negli anni a venire sarà richiesta una crescita della produzione.

L'India sta aumentando la produzione di acciaio e non dispone di fonti interne di carbone metallurgico. In questo segmento, la nostra scelta cade su Warrior Met Coal (HCC), azienda che produce carbone metallurgico di alta qualità e a basso costo negli Stati Uniti e che è vicina a un terminale di esportazione per il mercato marittimo”.

 

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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