L'India è destinata a diventare una delle maggiori esposizioni negli indici obbligazionari emergenti dopo che il 28 giugno i titoli di Stato sono entrati ufficialmente a far parte dei benchmark di JPMorgan. Secondo gli esperti, l'inclusione delle obbligazione indiane dovrebbe favorire gli investitori, offrendo una maggiore diversificazione e rendimenti più elevati.
“L'introduzione avverrà gradualmente nell'arco di 10 mesi, a un tasso di inclusione di circa l'1% al mese”, spiega Jose Garcia-Zarate, responsabile ricerca sulle strategie passive di Morningstar. “Una volta completata, si prevede che l'India avrà un peso del 10% nell'indice di riferimento JPM GBI-EM Global Diversified. Anche altri benchmark subiranno cambiamenti e il peso dell'India varierà. In ogni caso, l'India diventerà una delle maggiori esposizioni negli indici obbligazionari emergenti, insieme ad altri importanti emittenti come Cina, Indonesia o Messico.”
Debito emergente, meglio ETF o fondi attivi?
Il rafforzamento delle prospettive macroeconomiche dell'India negli ultimi anni non è passato inosservato agli investitori obbligazionari. I solidi fondamentali economici del Paese - tra cui una crescita robusta, un'inflazione stabile e ampie riserve di valuta estera - hanno rafforzato la fiducia nella forza del suo mercato obbligazionario.
“Sulla carta, la complessità dell’universo obbligazionario emergente giustificherebbe un approccio attivo, in quanto i gestori potrebbero essere in grado di scegliere le scommesse giuste in termini di esposizione ai Paesi e alle valute”, commenta Garcia-Zarate. “Tuttavia, le scommesse attive sul debito dei mercati emergenti rimangono irte di rischi, mentre un approccio passivo a basso costo e ad ampia base geografica li bilancia nel lungo periodo. Questo si è tradotto in un profilo di rischio/rendimento più stabile per i fondi indicizzati rispetto alla media dei concorrenti della categoria Morningstar e questo probabilmente rimarrà anche in futuro”.
Ad oggi si contano sei exchange-traded fund obbligazionari mercati emergenti in valuta locale tra quelli domiciliati in Europa.
I fondi passivi ben diversificati hanno ottenuto buoni risultati nel contesto della loro categoria Morningstar, che comprende anche i prodotti attivi. In particolare le strategie passive che fanno riferimento a indici con un’inclinazione alla qualità - misurata in termini di rating medio – si sono dimostrate più adatte ad attutire il ribasso e hanno fornito rendimenti più elevati nel lungo periodo.
Con l'India, un indice più performante e diversificato
Nel corso di un’intervista con Morningstar, Pradeep Kumar, gestore debito mercati emergenti di PGIM Fixed Income, ha dichiarato che “nella sua forma attuale, l'indice GBI-EM ha bisogno di un maggior numero di Paesi con rendimenti più elevati e una bassa correlazione con il mercato dei Treasury statunitensi. Dopo l'esclusione della Russia nel 2022 e il crollo dei rendimenti obbligazionari cinesi, lo spread complessivo dell'indice rispetto ai rendimenti statunitensi si è ridotto notevolmente.”
Il peso complessivo di Cina, Malesia e Thailandia è del 30% e i rendimenti obbligazionari di questi Paesi sono inferiori al 4%. “Con un rendimento del 7% nel sottoindice dell'India, la sua inclusione non solo aumenterà il rendimento complessivo dell'indice, ma aggiungerà anche diversificazione. Il mercato obbligazionario indiano ha una correlazione molto più bassa rispetto ai mercati obbligazionari core e i fattori idiosincratici locali sono molto più determinanti di quelli globali”, ha aggiunto Kumar.
Secondo Pramol Dhawan, responsabile dei portafogli mercati emergenti di PIMCO, intervistato da Morningstar, “l’introduzione dell’India aumenterà il rendimento dell'indice di 6 punti base, riducendone al contempo la volatilità”. Il gestore sottolinea che “l'indice diventerà più diversificato e sarà maggiormente in grado di fornire un flusso di rendimenti più omogeneo man mano che un maggior numero di Paesi diventerà idoneo all'inclusione.”
“Le ponderazioni dell'indice aumenteranno gradualmente dell'1% al mese, determinando un afflusso di circa 35 miliardi nel mercato obbligazionario in valuta locale indiano. Si prevede che questo cambiamento avrà un impatto minimo sugli spread, poiché è stato ben comunicato, ma soprattutto migliorerà notevolmente le condizioni di liquidità”, spiega Dhawan.
I mercati emergenti restano rischiosi
Va notato che gli investitori che desiderano accedere al mercato dei titoli di Stato indiani possono farlo già da qualche anno attraverso diversi ETF che seguono un indice obbligazionario 100% indiano. Ad esempio, l'ETF L&G India INR Government Bond, lanciato nel 2021, ha raccolto un discreto patrimonio. “Tuttavia”, prosegue Jose Garcia-Zarate, “per la maggior parte degli investitori l'allocazione ai mercati emergenti è raramente effettuata tramite scommesse su un singolo Paese e si preferisce optare per strategie ampiamente diversificate a livello nazionale.”
Ciò è dovuto al fatto che gli emerging rimangono un'area difficile, con molteplici fattori di rischio, in particolare i movimenti di politica monetaria e la politica. Per questo motivo, un approccio diversificato aiuta a coprire il rischio di un'esposizione eccessiva a un singolo Paese, ed è per questo che l'inclusione dell'India nei benchmark generali è particolarmente apprezzata dal mercato.
“Con l'ingresso dell'India, gli investitori in fondi obbligazionari emergenti ad ampio spettro dovrebbero aspettarsi un aumento dell'esposizione asiatica a scapito di altre aree geografiche”, commenta ancora Garcia-Zarate. “Si prevede che il gruppo dei Paesi emergenti europei sarà quello che subirà il maggior calo di peso. Ciò significa che gli attuali investitori in questi fondi dovrebbero prepararsi a un cambiamento nella loro esposizione, anche se continueranno a beneficiare di un'ampia diversificazione a livello di Paesi.”
Le opportunità d’investimento nel debito emergente in valuta locale
Dopo un lungo periodo di sottoperformance, il debito emergente in valuta locale è tornato sotto i riflettori. Una tendenza dovuta anche al fatto che il dollaro USA, cresciuto senza sosta negli ultimi 15 anni, potrebbe aver iniziato ad arrestare la sua corsa.
Come si può vedere dal grafico sottostante, rispetto a un paniere di valute emergenti, tra giugno 2008 e ottobre 2022 il dollaro si è apprezzato di quasi il 50% su base ponderata per gli scambi. Il risultato è stato un biglietto verde sopravvalutato di oltre il 10% e valute dei mercati emergenti sottovalutate di oltre il 20%. Questo è stato duro da gestire per le economie emergenti, che hanno subito la forza del dollaro sotto diverse forme: minori investimenti, maggiori costi del debito, forti pressioni inflazionistiche.
La forza del dollaro è stata più o meno universale: è salito rispetto a quasi tutte le valute, sia nei mercati emergenti che in quelli sviluppati. Ora con il cambio di politica monetaria attesa da parte della Federal Reserve, la possibile inversione – o anche solo un andamento laterale – del dollaro dovrebbe sostenere gli asset dei mercati emergenti.
“Siamo cautamente ottimisti sulle obbligazioni locali. Il nostro scenario di base prevede che la Fed tagli i tassi una o due volte nel 2024 e che estenda il ciclo di allentamento nel 2025”, commenta Pradeep Kumar. “Riteniamo che sia stato creato significativo valore alla luce degli attuali rendimenti di partenza e che gli investimenti nei mercati emergenti apporteranno un'importante varietà e un miglioramento del rendimento ai portafogli globali a reddito fisso”, aggiunge Pramol Dhawan.
Nel corso del 2023, infatti, le aspettative di una Fed meno aggressiva hanno aiutato ad attirare nuovi investimenti verso i mercati obbligazionari dei Paesi emergenti, dopo che gli investitori avevano abbandonato l’asset class in seguito ai ricorrenti aumenti dei tassi dell’anno precedente.
Occhio a inflazione ed elezioni USA
Quando si prende esposizione ai mercati emergenti ci sono diversi fattori che dovrebbero essere tenuti in considerazione. Rispetto alle loro controparti sviluppate, le obbligazioni dei mercati emergenti sono più rischiose, tipicamente più illiquide e con maggiori costi di transazione. Insomma, nonostante le prospettive più promettenti, chi investe in obbligazioni dei mercati emergenti deve essere consapevole dei rischi.
“I principali rischi derivano da una ripresa dell'inflazione negli Stati Uniti, che porterebbe a un sell-off nei tassi statunitensi, e dal mancato consolidamento dei deficit fiscali in Brasile e Messico. Anche l'esito delle elezioni presidenziali statunitensi e le prospettive fiscali degli Stati Uniti dopo le elezioni potrebbero mettere sotto pressione i tassi e le valute locali”, spiega Pradeep Kumar di PGIM Fixed Income.
Inoltre, pur offrendo rendimenti più interessanti, le obbligazioni dei mercati emergenti si trovano ora a dover affrontare una maggiore concorrenza da parte di altri segmenti obbligazionari, nei quali i rendimenti sono aumentati analogamente, e non da ultimi i titoli di Stato dei mercati sviluppati decisamente meno rischiosi.
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