La cessione della rete al fondo KKR non ha chiuso il nodo del riassetto Telecom (TIT) e il mercato continua a guardare con interesse ai titoli del colosso telefonico italiano, soprattutto alla quota di Vivendi. Dopo i rialzi di ieri, sull'onda delle indiscrezioni stampa su una cordata di fondi per rilevare il 23,7% dei francesi, oggi in Piazza Affari il titolo guadagna - mentre scriviamo - un altro 0,9% a EUR0,24 e porta a più 5% il progresso nell'ultimo mese.
I presunti registi dell'operazione, che mirerebbe a coinvolgere nomi come Tikehau e Blackstone, hanno già smentito le indiscrezioni pubblicate sabato dal "Corriere della Sera", anche perché l'operazione allo studio sarebbe ancora in uno stadio preliminare. Il mercato tuttavia apprezza che si stia muovendo qualcosa sul fronte dell'azionariato, da tempo completamente paralizzato.
Vivendi ha già annunciato ai propri soci, nell'ultima assemblea, che il 2025 sarà l'anno in cui Telecom Italia non sarà più un problema della società della famiglia Bolloré, che in quasi 10 anni ha perso in TIM circa EUR4 miliardi. E Vivendi ancora non è riuscita a calare neppure in MFE - oggi le "B" (MFEB) salgono dello 0,3% a EUR4 -, dove ha siglato la pace con la famiglia Berlusconi, ma a causa delle minusvalenze implicite ha ancora in mano il 23,8% del Biscione.
I francesi hanno impugnato in tribunale a Milano la vendita della rete a EUR18 miliardi a KKR, ritenendo il prezzo non corretto, ma il mercato ha mostrato di apprezzarla perché è stato ridotto il debito della società, che era diventato una zavorra insostenibile per i necessari investimenti. Il governo italiano, che ha messo in campo la Cdp, ha invece benedetto l'operazione sull'infrastruttura Telecom e non ha certo gradito la posizione di Vivendi, con cui i rapporti rimangono gelidi.
La dinamica dei rapporti tra Palazzo Chigi e Vivendi, che dopo il buon feeeling con Matteo Renzi nel 2014 non è mai più riuscita a fare breccia sul governo italiano e sui principali partiti - di destra o di sinistra che fossero -, è importante perché il governo ha sempre a disposizione il Golden power. Con questa carta, l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni può bloccare per ragioni strategiche qualunque operazione che coinvolga più del 3% del capitale Telecom.
E questo anche se la rete è uscita dal perimetro, perché il comparto telefonico resta comunque soggetto a questa speciale disciplina e perché Tim ha sempre in pancia una società strategica come Sparkle, sulla quale, anche qui, sono in manovra i grandi fondi esteri.
"La mia sensazione è che non avendo grandi possibilità di intervento diretto, il governo italiano ormai si rivolga stabilmente a un pugno di grandi fondi occidentali per mettere a posto le partite più delicate, come è stato per Autostrade e NetCo", osserva un banchiere d'affari milanese. Per il quale, con il senno di poi, la vera svolta è stata passare dal Golden share al Golden power, ovvero non essere più costretti ad avere partecipazioni azionarie nel soggetto "tutelato" per poter intervenire.
Nei prossimi mesi, tenendo presente che Vivendi vorrà presentarsi alla prossima assemblea di bilancio con i conti il più possibile alleggeriti dalla fallimentare Campagna d'Italia del biennio 2014-2015, i francesi dovranno dunque confrontarsi per forza con il governo italiano anche per vendere le proprie quote Tim.
Intanto, gli analisti sono sempre alle prese anche con un altro tema, innescato dalle nuove indiscrezioni su Vivendi ma decisamente antichissimo: lo spezzatino Telecom. Per molti analisti e per le banche d'affari, il valore di singoli pezzi pregiati come i servizi per le imprese o Tim Brasile sarebbe molto maggiore di quello di Telecom.
E così c'è chi suggerirebbe lo spezzatino, magari quotando singoli pezzi, oppure delistando Telecom e procedendo più liberamente al suo smembramento. Sono opzioni che da mesi affascinano il mercato, ma anche qui c'è una grossa incognita politica, perché non è dato sapere se questo governo di centrodestra sarebbe disposto ad assistere (e autorizzare) lo spezzatino Telecom.
Oggi, in ogni caso, la Telecom capitalizza in Borsa appena EUR3,7 miliardi ed è convinzione comune che per rendere realizzabili tutti questi scenari servirebbe un'azione capace almeno di raggiungere e tenere quota EUR0,50.
Di Francesco Bonazzi, Alliance News columnist
Copyright 2024 Alliance News IS Italian Service Ltd. Tutti i diritti riservati.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.