Quale sarà l’impatto delle elezioni USA sul debito emergente?

Con un esito delle presidenziali americane difficile da prevedere, i gestori preparano il portafoglio a diversi scenari.

Sara Silano 19/09/2024 | 09:31
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 infografica elezioni USA

Mentre negli Stati Uniti si intensifica la campagna per le elezioni presidenziali del 5 novembre, gli investitori si domandano quali potrebbero essere le conseguenze sul debito emergente, anche alla luce del confronto televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump lo scorso 11 settembre a Filadelfia.

Le elezioni americane rimangono un’incognita per tutti gli investitori ed è convinzione diffusa tra i gestori e gli analisti che genereranno una crescente incertezza sui mercati (non solo emergenti).

I sondaggi danno attualmente appaiati i due candidati, la democratica Harris e il repubblicano Trump. Tuttavia, più che fare previsioni, gli investitori nel debito emergente farebbero bene a concentrarsi sui fattori che potrebbero influenzare i mercati.

Come spiega a Morningstar Anthony Kettle, senior portfolio manager sui mercati emergenti RBC BlueBay, le aree principali che subiranno un impatto a seconda della nuova configurazione del Congresso e di chi diventerà presidente sono:

  • la politica fiscale statunitense: continuazione o addirittura ulteriore allentamento della politica fiscale;

  • la politica commerciale degli Stati Uniti: forte aumento del protezionismo e delle tariffe doganali;

  • la politica estera degli Stati Uniti: posizione nei confronti del conflitto tra Russia e Ucraina, della situazione in Medio Oriente e dei rapporti con la NATO.


“Tutti questi elementi avranno un impatto sulla direzione dei tassi d'interesse e del dollaro USA”, spiega Kettle. “Dato che nei sondaggi i due candidati sono appaiati, è difficile fare una scommessa sicura su chi vincerà le elezioni e quindi è difficile trarre conclusioni certe sulla direzione del dollaro USA. Per quanto riguarda i tassi e il credito, invece, abbiamo maggiore chiarezza sulla direzione di queste sub asset class durante le elezioni statunitensi, considerati il calo dell'inflazione nei mercati emergenti e un tasso di default benigno nei mercati del credito emergente”.

Cosa accadrà al debito emergente se aumenteranno i dazi USA?

Il tema dei dazi è quello che più cattura l’attenzione quando si guarda all’impatto delle elezioni statunitensi sul debito emergente.

“In caso di un forte aumento dei dazi, si verificherà un apprezzamento del dollaro USA per compensarne parzialmente l'impatto”, spiega Preston Caldwell, senior economist sugli Stati Uniti di Morningstar. “Ad esempio, un aumento uniforme del 10% dei dazi potrebbe portare a un apprezzamento del dollaro di circa il 5%. Si tratta quindi di un aspetto rilevante per gli investitori in mercati emergenti. Per il debito denominato in dollari, il deprezzamento delle valute locali rispetto al biglietto verde può aumentare il rischio di default”.

Reza Karim, gestore sul debito dei mercati emergenti di Jupiter AM, annovera tra i paesi che potrebbero essere più penalizzati da nuove tariffe doganali Cina e Messico, che sono anche tra i principali esportatori verso gli Stati Uniti. “Potrebbero esserci, tuttavia, anche alcuni paesi pronti a beneficiare di politiche più severe contro la Cina, ad esempio il Vietnam”, dice Karim a Morningstar.

Karim ricorda anche che i dibattiti si concentrano sui dazi in caso di una vittoria di Trump, facendo notare che nuove tariffe potrebbero essere imposte anche senza l'approvazione del Congresso, quindi potrebbe non essere strettamente necessaria una schiacciante vittoria repubblicana. D’altro canto, se diventerà presidente Harris “ci aspetteremmo una sorta di continuità rispetto alle attuali politiche statunitensi e quindi un impatto meno diretto sui mercati”, afferma.

Questioni geopolitiche ed economiche

La direzione futura della politica estera statunitense potrebbe incidere in positivo o in negativo sul mercato del debito emergente. Ad esempio, Caldwell di Morningstar sottolinea come l’eventuale cessazione degli aiuti all’Ucraina aumenterebbe significativamente il rischio di credito del paese. Per contro, Karim di Jupiter si spinge a dire che la situazione in Europa orientale potrebbe avere sviluppi improvvisi, compreso un cessate il fuoco. Inoltre, ricorda come i governi di Argentina ed El Salvador siano stati vicini negli ultimi tempi a Trump e quindi potrebbero trarre beneficio da una sua vittoria.

Anche se le elezioni USA catturano l’attenzione dei mercati, i gestori invitano gli investitori a non perdere di vista i fattori più importanti che muovono i titoli obbligazionari emergenti: la politica monetaria della Federal Reserve, che è destinata a diventare meno restrittiva, e i fondamentali economici.

“Le previsioni sulla crescita globale per il 2024 sembrano ampiamente in linea con quelle dell’anno precedente del 3,2%. In particolare, si prevede che il differenziale di crescita economica tra mercati emergenti e mercati sviluppati raggiunga il livello più ampio in quasi un decennio, dal momento che alcune grandi economie sviluppate registrano un rallentamento o faticano a riprendersi”, spiega Anisha A. Goodly, managing director sui mercati emergenti di TCW.

“Inoltre, sono emerse politiche più prudenti a livello macroeconomico, caratterizzate da una gestione fiscale conservativa, da una graduale riduzione dei sussidi e da un crescente impegno verso l'ortodossia monetaria tramite l'inflation targeting. Di conseguenza, non prevediamo alcun default dei paesi sovrani nel 2024 e 2025. Di fatto, il 73% delle azioni di rating in ambito emergente quest'anno, sono stati upgrade o spostamenti verso un outlook positivo”, continua Goodly.

Strategie sul debito emergente in vista delle elezioni americane

Commentando a caldo il confronto tra Harris e Trump dello scorso 11 settembre, Mark Haefele, responsabile investimenti di UBS Global Wealth Management, ha dichiarato: “Nessuno dei due candidati è stato particolarmente incisivo sulle politiche ed entrambi hanno evitato le domande del moderatore per concentrarsi sulle debolezze dell'avversario. Con un esito ancora difficile da prevedere sia per la Casa Bianca che per il Congresso, gli investitori con un'esposizione all'Asia-Pacifico dovrebbero posizionarsi a novembre con un portafoglio bilanciato in grado di sopportare un certo rischio politico”.  

Di fronte a un esito delle elezioni che rimane incerto, RBC BlueBay ha ammesso di aver posizionato i portafogli più flessibili in modo da “mantenere il rischio di credito e di tasso e di ridurre il rischio di cambio”.

Per spiegare le loro strategie, alcuni gestori distinguono tra obbligazioni emergenti in valuta forte e locale.

“Nei nostri portafogli dei mercati emergenti in valuta forte, abbiamo ridotto le sovraponderazioni a una selezione di titoli sovrani di frontiera, per i quali un ulteriore apprezzamento dovrà dipendere da fattori esterni, mentre abbiamo iniziato ad aumentare l'esposizione ai titoli sovrani di tipo investment grade”, afferma Goodly di TCW. “Nei nostri portafogli in valuta locale, invece, stiamo privilegiando i paesi con driver idiosincratici (come Egitto, Turchia, Nigeria) rispetto alle esposizioni maggiormente dipendenti dalla politica statunitense in materia di tassi o da una generale riduzione della volatilità”.

Siccome non è facile (se non impossibile) prevedere il risultato di un'elezione, Karim spiega che è difficile modificare i portafogli in modo netto a favore di uno scenario specifico. “In generale, manteniamo una posizione marginalmente costruttiva sui tassi di interesse, dato il potenziale per una politica più accomodante in futuro, ma preferiamo avere un modesto rischio di tasso attivo”.

Da un punto di vista regionale, Jupiter trova “ancora un bel po' di valore in termini relativi in Europa e, in particolare, in alcune società ucraine”. Anche l'Africa è considerata “una regione interessante, con blue chip in paesi come Marocco, Nigeria o Sudafrica che offrono alcune opportunità”, oltre al debito in valuta locale dell'Egitto.

Sull’America Latina, Jupiter è “modestamente costruttivo”, in particolare sul Brasile, mentre è più neutrale verso Messico e Colombia. “Queste sono posizioni che potremmo riconsiderare se dovessimo vedere un forte cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti, in particolare sui dazi”, ammette Karim, che conclude con l’Asia dove la preferenza va a “storie idiosincratiche locali. “India e Macao sono ottimi esempi di dove trovare valore oggi in settori come energie rinnovabili, TMT (tecnologia, media e comunicazioni, Ndr) e gaming”.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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