Verso il 2025: cosa aspettarsi dai titoli di Stato dell’eurozona?

L’indice Morningstar Eurozone Treasury Bond ha guadagnato oltre il 4,4% nel terzo trimestre, ma ora il contesto è più volatile tra rallentamento economico e timori di dazi americani.

Sara Silano 21/11/2024 | 14:15
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Collage illustration of the European Central Bank with background shapes and icons

Dopo il rally del terzo trimestre, gli investitori in titoli di Stato si trovano ora di fronte a numerose sfide economiche, geopolitiche e fiscali che potrebbero aumentare la volatilità nell’ultima parte dell’anno.

L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha avuto come effetto immediato l’aumento dei rendimenti dei Treasury americani sulle aspettative di maggiori spese pubbliche e inflazione. Intanto, nel Vecchio continente, la Germania è stata scossa dalla crisi di governo, oltre che dalla debolezza economica, e la Francia si trova ad affrontare una situazione fiscale difficile, con il deficit previsto in aumento oltre il 6% rispetto al Prodotto interno lordo (PIL) quest’anno.

La recessione non è considerato lo scenario più probabile nell’eurozona, ma i segnali di rallentamento economico sono evidenti. La BCE ha detto nell’ultima riunione di politica monetaria di ottobre che il processo di disinflazione è ben avviato e che manterrà un approccio dipendente dai dati, ma i mercati hanno già cominciato a scontare un ritmo di taglio dei tassi accelerato per sostenere la crescita. Nelle sue previsioni d’autunno, la Commissione europea ha previsto una ripresa della crescita nell’area euro nel 2024 (+1,2% il PIL) e un proseguimento della graduale diminuzione dell’inflazione.

In questo contesto, l’indice Morningstar Eurozone Treasury Bond ha guadagnato oltre il 4,4% nel terzo trimestre e successivamente ha mostrato una maggior volatilità. Da inizio anno, l’indice guadagna l’1,57% al 20 novembre.

Domanda debole per i titoli di Stato europei

L’indagine Bond Compass Q4 2024 di SPDR ETF per il quarto trimestre, effettuata su decine di migliaia di portafogli che si stima comprendano poco più del 10% dei titoli obbligazionari in circolazione rivela che il rapido cambiamento nel trend dell’inflazione e il potenziale di un ulteriore allentamento “non hanno ancora modificato drasticamente il comportamento degli investitori nei confronti del debito governativo europeo”.

“Il terzo trimestre dell’anno ha dato una spinta positiva ai ritorni obbligazionari, favoriti da un andamento economico più tiepido e un’inflazione in rallentamento, così come dalla scelta della Fed di iniziare il suo ciclo di taglio dei tassi con un intervento superiore al previsto da 50 punti base. Tuttavia, questo scenario non ha prodotto effetti sui flussi degli investitori, che si sono dimostrati piuttosto prudenti”, ha commentato a Morningstar Francesco Lomartire, responsabile SPDR ETF per il sud Europa. “In area euro il percorso di disinflazione si è dimostrato più veloce, aumentando le probabilità di intervento della BCE che era partita a giugno con 25 punti base per poi proseguire a settembre e ottobre in pari misura”.

Lomartire prosegue spiegando che il posizionamento degli investitori istituzionali globali sul debito sovrano rivela come nel trimestre le principali economie abbiano registrato flussi “sotto la media”, con il Bund particolarmente impattato da una domanda debole. “Anche i bond sovrani italiani e francesi hanno registrato flussi leggermente sotto la media, con la differenza che il debito italiano è attualmente detenuto dagli investitori globali in maniera molto accentuata rispetto ai valori storici degli ultimi cinque anni”, afferma Lomartire. “Di tutt’altra lettura il dato tedesco, che vede il Bund quasi ai minimi nei portafogli internazionali nello stesso orizzonte quinquennale. Eccezione positiva quella della Spagna, il cui gradimento trova conferma non solo nelle posizioni a livelli alti da parte degli investitori ma anche nei flussi, di gran lunga superiori alla media nel trimestre analizzato”.

Fondi ed ETF: peso dei BTP ai massimi del quinquennio

Guardando solo ai portafogli dei fondi ed ETF obbligazionari governativi euro, domiciliati in Europa, l’esposizione netta ai titoli di Stato italiani risulta in media del 22,8% a fine ottobre, una percentuale che si confronta con il 20,4% dei Bund tedeschi, il 20,9% degli OAT francesi e il 14,3% dei Bonos spagnoli (dati Morningstar).

In effetti, il peso medio dei BTP nei fondi ed ETF obbligazionari governativi euro ha raggiunto livelli che non si sono mai visti negli ultimi cinque anni, periodo all’interno del quale i titoli del Tesoro italiano sono scesi ai minimi del 18,7% a novembre 2022. Nello stesso periodo, il Bund tedesco – sempre secondo i dati medi di categoria Morningstar – è stato più presente nei portafogli, soprattutto in anni come il 2022 e il 2023.

Commentando le scelte di portafoglio dei gestori, Elbie Louw, Senior manager research analyst di Morningstar, afferma: “L’Italia si distingue per i suoi yield relativi più elevati, ma i gestori segnalano che gli spread in questo mercato sono ridotti. La Francia è, invece, impopolare a causa delle sue dinamiche fiscali".

Gli investitori aumenteranno l’esposizione alle obbligazioni?

Lo studio Bond Compass Q4 2024 di SPDR ETF rileva che l’allocazione alle obbligazioni nei portafogli istituzionali è “relativamente bassa considerato il ciclo di allentamento dei tassi di interesse”.

“I nostri indicatori mensili sugli investitori istituzionali mostrano che le allocazioni azionarie sono ancora superiori di oltre il 25% del peso del portafoglio rispetto alle allocazioni obbligazionarie. Si tratta di un valore superiore del 5% rispetto alla media venticinquennale pari al 20%. Sebbene questo divario nell’allocazione a favore delle azioni fosse più elevato alla fine degli anni ’90 e di nuovo a metà degli anni 2000, è da notare che la differenza si è ridotta a favore delle obbligazioni durante ciascuno dei tre cicli di allentamento della Fed nell’ultimo quarto di secolo”.

Gli investitori, inoltre, hanno iniziato a considerare quali potrebbero essere le conseguenze delle divergenze nelle politiche monetarie tra gli Stati Uniti e l’Europa e dei possibili nuovi dazi imposti dalla futura amministrazione di Donald Trump. I tassi di riferimento nell’eurozona sono al 3,25% (tasso sui depositi), mentre quelli americani sono in un range del 4,5-4,75%. Questo si traduce in yield più elevati negli Stati Uniti rispetto all’eurozona. Il Treasury decennale USA rende il 4,42% mentre scriviamo, contro il 2,35% del Bund tedesco di pari scadenza.

“In un quadro di crescente instabilità internazionale, gli investitori si preparano a sfide economiche che potrebbero colpire l’euro e indebolire i mercati azionari europei”, ha scritto – in una nota del 18 novembre, Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners .

“In un contesto di divergenza tra le politiche monetarie, sarebbe opportuno mantenere in portafoglio obbligazioni investment grade, denominate in euro, mantenendo una scadenza media per bloccare rendimenti ancora interessanti. Si ritiene opportuno anche non allungare troppo la duration, per limitare il rischio di uno spike dell’inflazione, che soprattutto per l’Europa potrebbe essere causato da shock esterni, come i conflitti internazionali”, ha concluso Calef.

Cosa attendersi dal Bund con il nuovo governo tedesco

L’altro grande tema per gli investitori in titoli di Stato è il limbo politico in cui si trova la Germania dopo il crollo della coalizione di governo in seguito al licenziamento, lo scorso 7 novembre, del Ministro delle finanze, Christian Lindner. La notizia ha provocato nell’immediato un mini-selloff del Bund, dovuto alle attese di un aumento delle emissioni in caso di allentamento del cosiddetto “freno al debito”, ossia il vincolo che impedisce di aumentare strutturalmente il debito oltre lo 0,35% del PIL in un determinato anno. Per Felipe Villarroel, gestore di TwentyFour Asset Management, “la Germania può e deve incrementare la spesa pubblica e gli investimenti, ma è probabile che il nuovo governo non si metta a fare i conti con le regole del debito e che preveda solo cambiamenti marginali, se mai ce ne saranno”. Pertanto, dice Villarroel in una nota del 19 novembre, “non ci aspettiamo di vedere una pressione al rialzo sostenuta sui rendimenti dei Bund”.

Quale premio per il rischio di detenere titoli di Stato europei?

Infine, negli ultimi giorni, i mercati stanno guardando con attenzione al restringimento degli asset swap spread (ASW) sui titoli di Stato europei. Gli ASW rappresentano il premio al rischio che gli investitori richiedono per detenere una determinata obbligazione rispetto a un titolo privo di rischio.

Il movimento di restringimento degli asset swap spread “ha portato per la prima volta i rendimenti dei titoli di stato tedeschi sopra gli swap europei”, ha spiegato a Morningstar Daniele Bivona, gestore di AcomeA Sgr, il quale ha aggiunto che questo trend “riflette il passaggio da scarsità ad abbondanza di collateral, causato principlamente da un cambio di politica monetaria della BCE”.

“La perdita di ‘specialità’ della Germania, unita a emissioni nette superiori alla media pre-pandemica, rende difficile per il mercato assorbire nuova carta senza il supporto del Quantitative easing. Nelle prossime settimane, non escludiamo un rimbalzo tecnico limitato, ma un ritorno ai livelli di inizio anno [per gli asset swap spread] appare improbabile a meno di eventi di credito rilevanti, dato che i driver strutturali del restringimento sono destinati a perdurare anche lato curva swap”, ha concludo Bivona.

Come funzionano le obbligazioni governative

I prezzi delle obbligazioni hanno un rapporto inversamente proporzionale ai tassi di interesse. Di conseguenza, quando i tassi scendono i prezzi tendono a salire (e viceversa).

“Una eventuale recessione è probabile che aumenti il ritmo dei tagli dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, che cerca di stimolare le economie con una politica monetaria espansiva. Questo potrebbe spingere al ribasso i rendimenti, che offrono comunque un ‘rendimento reale’ superiore all’inflazione. Al contrario, la debolezza della domanda di obbligazioni, soprattutto da parte degli investitori istituzionali, tende a far scendere i prezzi ma a far salire gli yield. Sia i rendimenti che le variazioni di prezzo sono fattori che costituiscono il rendimento totale per gli investitori nel reddito fisso”, spiega James Gard, senior editori di Morningstar.

“Dal picco dei tassi d’interesse, gli investitori in titoli di Stato europei e britannici hanno beneficiato di guadagni di prezzo a fronte di un calo degli yield. Questi rendimenti sono stati inferiori a quelli offerti dai mercati azionari, ma i rendimenti superiori all’inflazione hanno reso i titoli di Stato una classe d’investimento popolare. Alcuni titoli di Stato europei, come quelli della Germania e della Svizzera, sono anche popolari in tempi di volatilità dei mercati, in quanto hanno lo status di ‘beni rifugio’; l’aumento degli acquisti di queste obbligazioni spinge i prezzi al rialzo e i rendimenti al ribasso, come abbiamo visto durante il crollo del mercato durante il covid. Le obbligazioni emesse dai paesi europei hanno yield diversi in base alla percezione del rischio e alla probabilità di default da parte del mercato. La differenza è nota come ‘spread’, con i bund tedeschi spesso utilizzati come punto di riferimento”, conclude Gard.


L'autore o gli autori non possiedono posizioni nei titoli menzionati in questo articolo. Leggi la policy editoriale di Morningstar.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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