Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. Una delle novità dell’industria europea del risparmio gestito è rappresentata dagli ETF attivi – che detta così può sembrare un ossimoro – ma che in realtà sono degli strumenti di investimento che stanno attirando su di sé molto interesse.
Oggi faremo il punto della situazione e cercheremo di capire meglio le caratteristiche di queste strategie con l’aiuto di Francesco Paganelli, strategist di Morningstar.
Francesco, io comincerei chiedendoti di spiegarci brevemente cosa sono gli ETF attivi, dove e come sono nati, e di darci la fotografia attuale del mercato europeo.
Francesco Paganelli: Io comincerei con il dire che per certi aspetti non c'è niente di nuovo sotto il sole, nel senso che gli ETF attivi già esistono da anni, sia in Europa sia negli Stati Uniti, ma prima del recente successo erano una nicchia nel più ampio panorama degli exchange-traded fund, appunto. Il fatto è che mentre gli ETF sono spesso associati agli investimenti passivi, in realtà un ETF è solo un veicolo in cui teoricamente può viaggiare qualsiasi cosa. Quindi in questo caso ciò che si trova all’interno del veicolo, invece di essere una strategia passiva che replica semplicemente un indice, è una strategia che cerca di battere quell’indice e che chiamiamo appunto attiva. Ora bisogna essere chiari, perché in Europa è un settore ancora piccolo alcuni degli ETF attivi detengono poco più del 2% delle masse complessive investite in ETF, ma è un mercato che sta crescendo rapidamente, esponenzialmente anche anche qui in Europa e con un numero crescente di società e prodotti disponibili per investitori.
Baselli: Dal punto di vista di un investitore, quali sono i vantaggi e gli svantaggi principali degli ETF attivi, rispetto agli ETF tradizionali e anche rispetto ai fondi gestiti attivamente?
Paganelli: Io direi che in generale un ETF è un tipo di veicolo di investimento che consente agli investitori di acquisire un portafoglio diversificato con la flessibilità e l’accessibilità del trading in tempo reale su una Borsa, proprio come un’azione. Inoltre, gli ETF sono molto spesso convenienti in termini di costi e offrono anche un’elevata trasparenza. Però il punto sulla trasparenza è un po’ ambiguo, nel senso che può anche essere un potenziale svantaggio di questa struttura. Quindi non tutte le società e i gestori sono a loro agio nel fornire la piena trasparenza sulle posizioni del proprio portafoglio su base giornaliera, nel rivelare in un certo senso la loro ricetta segreta.
Inoltre, gli ETF non possono dire no a nuovi investitori, non possono quindi chiudere, quindi non possono gestire il cosiddetto capacity risk come farebbe un fondo comune di investimento. Insomma, non è un proiettile d’argento per i gestori attivi. E infine, gli ETF generalmente godono di un vantaggio fiscale rispetto ai fondi comuni di investimento negli Stati Uniti, e questo è un fattore chiave che ne ha determinato il successo oltre oceano, ma che non si applica qui in Europa.
Baselli: Molto interessante questo aspetto. A oggi, in Europa, quali sono le società di gestione in prima linea nello sviluppo e nell’emissione di ETF attivi?
Paganelli: Innanzitutto è appunto interessante vedere come ci sono tanti nuovi entranti in questo mercato e quindi è un universo in espansione con nuovi concorrenti che si affacciano sul mercato degli ETF per la prima volta. Per dare un’idea abbiamo pubblicato il nostro paper sul mercato europeo ad aprile di quest’anno e da allora il panorama già è cambiato molto. In ogni caso, l’elenco di oggi include società con una forte presenza nella gestione attiva, come ad esempio JP Morgan, che occupa il primo posto in termini di asset in gestione, ma anche Fidelity, Pimco, ma che vede anche anche dei grandi giganti della gestione passiva come Vanguard, che offre una gamma di ETF multi asset attivi in Europa e che sta lentamente prendendo piede.
Baselli: A livello di singole strategie, quali sono stati, invece, gli ETF attivi che hanno raccolto di più nel 2024 finora?
Paganelli: Esatto. Direi che, come abbiamo detto prima, la quota di mercato in termini di asset è ancora bassa. Oggi però gli ETF attivi stanno catturando una fetta molto più alta di flussi e lo vediamo nei dati di quest’anno, il che non sorprende considerando la proliferazione di nuovi prodotti. Detto questo, finora gli investitori hanno per lo più favorito strategie azionarie core a basso costo con un tracking error più limitato e che noi chiamiamo attivi timidi e che inoltre spesso aggiungono una dimensione ESG o un processo di investimento più sistematico.
Baselli: Per chiudere, cosa ti aspetti da questi nuovi strumenti in futuro? Sono più una minaccia – se così si possono definire – per gli ETF tradizionali o per i gestori attivi?
Paganelli: Penso questo dipenderà anche da diversi fattori e soprattutto, ad esempio, dal mercato e dalla asset class di riferimento che prendiamo in considerazione. Inoltre è un mercato comunque, come abbiamo detto, giovane e quindi un po’ più difficile prevederne l’evoluzione. Noi ci aspettiamo sicuramente che la crescita continuerà, sia in termini di dimensioni che di numero di opzioni disponibili. La crescita del mercato porterà probabilmente a un panorama più complesso e competitivo. Gli investitori beneficeranno di una maggiore scelta, ma dovranno anche fare i conti con un tasso di mortalità delle strategie attive, che in generale tende ad essere elevato e dovranno quindi essere più selettivi nella scelta dei fondi, valutando attentamente le caratteristiche delle diverse strategie.
Poi, man mano che il mercato maturerà, sarà molto interessante vedere se le aspettative degli investitori saranno soddisfatte e se questi continueranno a favorire strategie più diversificate, a basso costo e cosiddette timide rispetto a strategie attive più tradizionali con maggiore concentrazione. Però abbiamo anche visto che per lo più nuove strategie in Europa sono presenti piuttosto che versioni ETF di fondi già esistenti e forse ciò cambierà in futuro e assisteremo a un po' di cannibalizzazione. In effetti, stiamo già assistendo a una certa pressione sui cosiddetti strategic beta, ad esempio, che è un’area di mercato che è stagnante da un po di tempo ormai.
Baselli: Molto chiaro e molto interessante. Grazie ancora a Francesco Paganelli. Per Morningstar, sono Valerio Baselli, alla prossima.
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