Piazza Affari entra nel 2025, dopo due anni di rendimenti positivi e superiori rispetto alle Borse europee. La possibilità che questo risultato si ripeta ancora dipenderà dall’andamento dei titoli bancari, di quelli del settore del lusso e dell’auto. Dopo il rialzo del 44% dell’indice Morningstar Italy TME, alcuni fund manager ritengono che il mercato italiano sia ancora valutato a prezzi convenienti e il contesto macroeconomico rimane favorevole, con ulteriori tagli dei tassi previsti per il 2025.
“Le valutazioni di mercato dei listini milanesi sono ancora interessanti, con le azioni del FTSE Mib che vengono valutate 10 volte gli utili attesi, contro un P/E di 13,3 dell’indice STOXX Europe 600”, dice Stefano Ghiro, gestore del fondo Allianz Azioni Italia All Stars. Tuttavia, gli esperti non sono concordi sulla possibilità che la Borsa Italiana metta in fila un altro anno da primatista. Se da una parte il riaccendersi del risiko nel settore bancario promette di spingere al rialzo il comparto finanziario, che pesa per quasi il 40% della capitalizzazione di mercato del benchmark, dall’altra il mancato recupero di industrie in difficoltà, come quelle dell’automotive e del lusso, potrebbero rappresentare un freno alla corsa di Piazza Affari.
Quali saranno i driver di Piazza Affari nel 2025?
Secondo Luigi Dompè, Responsabile Azionario Italia di ANIMA SGR e gestore del fondo Anima Italia, il contesto macro resta favorevole: “Ci aspettiamo che la crescita economica del paese rimanga resiliente e venga supportata da una politica monetaria meno restrittiva da parte della BCE e da un progressivo calo dell’inflazione, che promette di avere un effetto positivo sul potere d’acquisto dei consumatori. Inoltre, l’economia italiana continuerà a beneficiare della spesa legata al PNRR, che, sebbene potrebbe essere inferiore alle attese, fornirà comunque un contributo significativo alla crescita del PIL”. In un contesto del genere, aggiunge Dompé, eventuali correzioni al ribasso potrebbero essere sfruttate per prendere posizione sull’azionario in ottica di lungo periodo: “Il mercato italiano continua a rimanere sensibilmente a sconto rispetto ai principali mercati europei e siamo convinti che la valutazione relativa rimanga uno dei più importanti catalyst di performance del mercato domestico rispetto ai principali indici europei”.
Più cauti sul futuro andamento di Piazza Affari sono invece Ghiro, che si aspetta di osservare una performance in linea con la media degli altri mercati europei, e Andrea Scauri gestore del fondo Lemanik SICAV - High Growth Capitalisation Retail, che condiziona il risultato della Borsa Italiana alla performance del settore finanziario: “Il passo tenuto da Piazza Affari dipenderà dall’intonazione di banche e assicurazioni, che rappresentano più del 30% della capitalizzazione di mercato dell’indice FTSE MIB. Contrariamente a quanto osservato negli ultimi anni, il contesto attuale si caratterizza per tassi di interesse in calo. Per questo motivo, la tenuta dei volumi dei prestiti sarà determinante per compensare l’effetto negativo del calo dei tassi di interesse sui conti delle società finanziarie”. L’osservato speciale, aggiunge Scauri, sarà dunque lo stato di salute dell’economia italiana: “Bisogna sperare nella tenuta dell’economia. Riteniamo che il tessuto economico del paese possa essere più resiliente rispetto ad altre aree dell’Europa e pertanto ci aspettiamo che gli utili delle banche possano mantenersi stabili”.
Banche e titoli industriali, i settori da tenere d’occhio
Dopo un anno da record, in cui il comparto bancario ha trainato il FTSE MIB e ha sovraperformato i competitor europei, gli esperti si aspettano un rallentamento fisiologico, figlio anche della nuova strategia della BCE sui tassi di interesse, ma in un contesto ancora positivo. “Se è vero che i profitti legati ai margini d’interesse delle banche dovrebbero iniziare a ridursi, riteniamo che il settore bancario italiano, che può contare su una larga disponibilità di capitale in eccesso, possa garantire ancora un buon ritorno in termini di rendimento totale. L’effetto della crescita delle cedole dovrebbe essere accompagnato dalla spinta al rialzo che potrebbe arrivare dalle attese operazioni di M&A”, afferma Ghiro.
Secondo gli analisti di Morningstar, il settore bancario italiano è il più frammentato tra quelli europei e l’uscita dello Stato dal capitale sociale di alcuni operatori importanti, come Poste Italiane e Banca Monte dei Paschi di Siena, potrebbe favorire la nascita di un terzo polo bancario che si affiancherebbe alle big UniCredit e Intesa Sanpaolo. Piazza Gae Aulenti ha messo nel mirino Banco BPM che, dice l’analista, sarebbe il target ideale sia in termini di sinergie che di qualità di business in portafoglio. “BPM però ha rifiutato l’offerta perché non sufficientemente congrua, ma se UniCredit alzasse troppo la sua valutazione il deal non sarebbe più economicamente conveniente”, dice Johann Scholtz analista azionario di Morningstar.
Anche Scauri di Lemanik condivide il sentiment positivo sui bancari: “Ci attendiamo che le banche italiane possano ancora rappresentare un investimento che permetta di sovraperformare. Prevediamo che gli utili degli istituti di credito possano mantenersi stabili, riteniamo che le valutazioni di mercato siano ancora attraenti e ci aspettiamo che i dividend yield siano generosi. Inoltre, ipotizziamo che le banche restituiscano parte della liquidità in eccesso anche attraverso il riacquisto di azioni proprie”.
Dompé di Anima guarda con interesse anche ai settori maggiormente esposti al ciclo economico: “Riteniamo che l’azione distensiva delle Banche centrali, insieme al calo dell’inflazione, creino le premesse per una lenta ripartenza del settore industriale ed un migliore andamento dei consumi. Per queste ragioni seguiamo con attenzione le aziende del comparto manifatturiero che hanno solidi fondamentali, ma che negli ultimi anni sono state particolarmente penalizzate dal perdurare della recessione del settore”.
Small-cap a sconto
Dopo tre anni di sottoperformance costante rispetto alle blue chip, una delle domande che si pongono gli investitori è se il segmento delle mid e small cap potrà finalmente prendersi una rivincita nel 2025. Gli esperti guardano con attenzione a questo segmento di mercato, anche in ragione delle sue valutazioni particolarmente attraenti: “Il comparto viene da un periodo prolungato di sottoperformance rispetto ai titoli a grande capitalizzazione e i suoi multipli iniziano ad essere in alcuni casi molto interessanti, se visti in un’ottica di medio/lungo periodo. Per questo riteniamo che il segmento possa racchiudere nei prossimi mesi un’opportunità da cogliere, seppure ancora in modo selettivo. In particolare, iniziamo ad essere costruttivi su quei titoli caratterizzati da un solido track record e da un basso indebitamento”, aggiunge Dompé. Più scettici sulle tempistiche dell’eventuale ripresa delle azioni small cap sono invece Ghiro e Scauri: “E’ presto per dire quanti mesi o trimestri saranno necessari per vedere un ritorno d’interesse da parte degli investitori su questo segmento di mercato, che per noi rimane comunque una delle aree più attraenti per le sue potenzialità di crescita nel lungo termine”, sostiene il gestore di Anima Sgr. Mentre per Scauri la sottoperformance di questi titoli è legata alla scarsa liquidità.
In quest’ottica, dicono gli esperti, il Fondo nazionale strategico (FNS) voluto dal governo o una riforma dei PIR (Piani individuali di risparmio) potrebbero rappresentare, almeno in teoria, un sostegno importante alla crescita del segmento delle azioni mid e small cap, anche se non ci sono grosse aspettative al riguardo. Il Fondo nazionale strategico, un fondo di fondi (chiuso) interamente sottoscritto dal Ministero dell’economia e delle finanze e amministrato da Cassa Depositi e Prestiti, partirà nel primo trimestre del prossimo anno e dovrebbe mobiliare almeno EUR700 milioni di risorse da investire nelle PMI (piccole e medie imprese) quotate a Borsa italiana, ma Scauri è scettico sul suo successo: “Non riteniamo che il FNS possa essere un vero elemento di svolta. Più verosimilmente sarà uno strumento di cui potranno beneficiare solo quelle società veramente di qualità, ma senza l’effetto a cascata che si è verificato nel 2017 con l’introduzione dei fondi PIR”.
Dove andare a caccia di dividendi
Cosa aspettarsi per il 2025 in ottica dividendo? Al momento, l’indice FTSE MIB presenta un dividend yield del 5%. In base alle aspettative sugli utili societari del prossimo anno, il rendimento atteso delle cedole non dovrebbe discostarsi da tale valore. I titoli da tenere in considerazione, in ottica dividendo, sono quelli del settore finanziario: “Banche e assicurazioni, rimangono tra i titoli più interessanti per quanto riguarda la distribuzione di risorse agli azionisti”, afferma Ghiro. A sostenere la cedola dei finanziari, secondo Dompé, sarà la solidità dei loro bilanci: “Nonostante sia necessario un margine di prudenza sugli utili attesi dalle aziende del settore, che sono sì stimati ma tutt’altro che certi, riteniamo che la remunerazione a favore degli azionisti rimarrà decisamente elevata e beneficerà della buona qualità degli attivi e dall’elevata patrimonializzazione”.
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