In una recente conversazione con l’investitore, storico dei mercati e ambientalista Jeremy Grantham, abbiamo affrontato il tema dell’investimento in risorse naturali. Grantham non è un fan dei combustibili fossili a causa del loro legame con il cambiamento climatico, ma ritiene che l’esposizione alle risorse naturali, che può essere acquisita attraverso i futures sulle materie prime e le azioni, sia una componente importante del portafoglio. In particolare, Grantham mette l’accento sul loro potenziale di crescita - come risultato della transizione energetica - e i vantaggi in termini di diversificazione.
Le osservazioni di Grantham mi hanno indotto a guardare il Morningstar Global Upstream Natural Resources Index. Lanciato nel 2011, l’indice traccia la performance delle società che hanno “operazioni commerciali significative nella proprietà, gestione e/o produzione di risorse naturali nei settori dell’energia, dell’agricoltura, dei metalli preziosi o industriali, del legname e delle risorse idriche”. Ne sono esempi le compagnie minerarie e di trivellazione, che tendono a guadagnare quando i prezzi delle materie prime salgono.
Cosa ci dice la storia dell’indice sugli investimenti in risorse naturali? Che si tratti di azioni o di futures, le materie prime non sono adatte ai deboli di cuore. I prezzi sono volatili e imprevedibili. Ma ci sono buone ragioni per cui gli investitori dovrebbero prendere in considerazione un’allocazione alle risorse naturali all’interno di un portafoglio diversificato.
Investire in risorse naturali: un po' di storia
Come la maggior parte degli abitanti di Chicago, ho una certa familiarità con i mercati dei futures sulle materie prime, ma le Borse di tutto il mondo commerciano prodotti agricoli, energia, metalli e altro ancora. Con origini antichissime, i futures sulle materie prime sono stati introdotti nel Giappone del XVIII secolo e hanno permesso ai samurai di scambiare riso con denaro contante.
La speculazione, oltre alla copertura, è una parte importante dell’uso dei futures sulle materie prime. Vengono in mente immagini di trader spregiudicati e crolli di mercato, tra cui il caso degli Hunt Brothers che hanno messo all’angolo il mercato dell’argento, l'affare Sumitomo Copper, l'interruzione dell’approvvigionamento energetico della California da parte di Enron, la crisi del nichel del London Metal Exchange e la manipolazione dei futures del succo d’arancia concentrato congelato. (Precisazione: l’ultima era una storia inventata e potrebbe non essere nota ai lettori che non hanno familiarità con il cinema degli anni ’80 e/o con i film di Eddie Murphy).
Oltre agli scandali, gli investimenti in futures comportano rischi unici. Il “Negative roll yield” si riferisce alle complessità legate al passaggio da contratti futures in scadenza a nuovi contratti più costosi. Può far sì che gli investitori che detengono futures su materie prime sottoperformino i prezzi spot.
L’acquisto di azioni legate alle risorse naturali permette di non incorrere in alcune delle insidie dell’investimento in futures. In fin dei conti, si tratta di azioni, che presentano pro e contro. I vantaggi includono la liquidità, l’apprezzamento del capitale e il reddito da dividendi.
L’indice Morningstar Global Upstream Natural Resources, che tiene conto delle azioni di aziende quotate in Borsa legate alle materie prime, copre cinque settori: energia, agricoltura, metalli, legname e acqua. Per “upstream” si intende il nodo di estrazione della catena di approvvigionamento, che è più sensibile ai prezzi delle materie prime. Le società “a valle”, invece, sono i raffinatori, i trasformatori, i confezionatori e i distributori. Spesso sono “acquirenti” delle materie prime.
L’investimento in risorse, che si tratti di futures o di azioni, è un’attività delicata. Secondo Grantham “in qualsiasi cosa che assomigli vagamente a una commodity, si avranno momenti di incredibile dolore e rimpianto. E bisogna investire a lungo termine, perché le materie prime... [non] offrono garanzie a breve termine. Per questo motivo, tra l’altro, sono sempre a buon mercato, perché sono incredibilmente imprevedibili”.
Perché investire nelle risorse naturali?
L’indice Morningstar Global Upstream Natural Resources è stato in territorio negativo nel 2024, mentre il mercato azionario globale ha registrato una crescita di circa il 17%. Gli investimenti in materie prime, nel loro complesso, hanno registrato una performance negativa da 15 anni a questa parte.
Ci sono stati però un paio di momenti favorevoli, in particolare il 2022. È stato l’anno in cui l’inflazione è passata da “transitoria” a “ostinata” e la Federal Reserve e le altre banche centrali globali hanno aumentato i tassi di interesse in risposta al caro-prezzi. Sia le azioni che le obbligazioni sono crollate nel 2022. Quell’anno si parlò di “fine della diversificazione” e di “fine del portafoglio 60/40”.
Mentre le azioni e le obbligazioni sono pesantemente scese nel 2022, i prezzi delle materie prime si sono impennati. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha sconvolto i mercati dell’energia e dei cereali, aggravando l’effetto della pandemia sulle catene di approvvigionamento. Il prezzo del greggio Brent ha sfiorato i 139 dollari al barile a marzo di quell’anno. Il legname ha beneficiato della domanda di abitazioni e i prezzi dei metalli sono saliti. Il Morningstar Global Upstream Natural Resources Index ha guadagnato oltre il 15% nel 2022, mentre sia il Morningstar Global Markets Index che il Morningstar Global Core Bond Index sono scesi di oltre il 17%.
Non è l’unica volta che gli investimenti legati alle risorse naturali hanno ottenuto buoni risultati, mentre la diversificazione tra azioni e obbligazioni è andata in crisi. Secondo il rapporto Morningstar’s 2024 Diversification Landscape, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse incrementano la correlazione tra le due principali asset class. Nel frattempo, “le stesse materie prime sono una parte importante della maggior parte degli indici sull’inflazione, quindi è logico che i loro prezzi tendano a salire quando l’inflazione aumenta”, secondo il rapporto.
Come direbbe un economista, l’aumento dei prezzi delle materie prime è un fattore di costo per la maggior parte delle società, ma di guadagno per i produttori. Per dirla con Grantham, “un investimento legato alle risorse naturali tende a salire quando l’intero portafoglio è in calo. E si può capire perché. Se dovete pagare un aumento massiccio per i vostri metalli, il vostro petrolio, le vostre materie prime e i vostri prodotti alimentari, ovviamente, questo è un salasso per l’economia”.
L’esperienza del 2022 ha colto di sorpresa molti investitori. L’inflazione non era stata un vero problema per la maggior parte dei mercati sviluppati per una generazione. Dal 1973 al 1981, negli Stati Uniti l’inflazione è stata in media del 9,2% all’anno e i rendimenti reali di azioni e obbligazioni erano stati negativi. Nel frattempo, gli investimenti basati sulle risorse naturali, tra cui l’oro, sono stati la classe di attivi con la migliore performance in quell’arco di tempo. Le materie prime hanno brillato di nuovo durante la fiammata inflazionistica del 1988-1991.
Quando ho iniziato a lavorare per Morningstar nel 2004, le risorse naturali erano un investimento in crescita. Il boom economico della Cina ha dato il via a un “superciclo delle materie prime”. L’indice Morningstar Global Upstream Natural Resources è stato lanciato solo nel 2011, ma la ricostruzione dei suoi rendimenti precedenti mostra valori impressionanti. Tra il 2003 e il 2007, l’indice ha quasi quadruplicato il suo valore, mentre le azioni globali hanno guadagnato “solo” il 144%. La Cina non riusciva a procurarsi abbastanza minerale di ferro e altri minerali per alimentare la sua macchina della crescita.
Gli investimenti in risorse non sono stati altrettanto fruttuosi negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2007-2009. La crescita globale è stata lenta per anni. La Cina ha rallentato. La produzione di petrolio di scisto negli Stati Uniti ha contribuito a creare un eccesso di offerta energetica. Il dollaro forte ha reso le materie prime più costose per la maggior parte del mondo, riducendo la domanda. Nel frattempo, i temi tecnologici hanno dominato i mercati azionari.
Perché avere una esposizione alle risorse naturali
La copertura dell’inflazione è una funzione importante degli investimenti in risorse naturali. Sebbene il tasso di inflazione negli Stati Uniti sia sceso dal 9%, “lo spettro dell’inflazione torna a incombere sui mercati”, secondo le parole di Sarah Hansen di Morningstar. Deficit, dazi, geopolitica, disastri naturali e carenza di manodopera sono tra i fattori di inflazione comunemente citati. Anche al 3% annuo, l’inflazione può erodere seriamente il potere d’acquisto. Solo i più audaci potrebbero prevedere che l’inflazione sia finita nei prossimi 30 anni.
È interessante notare che il prezzo dell’oro ha subito un’impennata nel 2024. Potrebbe trattarsi di timori per l’inflazione o di semplice paura. L’oro è stato un deposito di valore per millenni.
Sul versante più speranzoso, c'è la transizione energetica. E' un dato di fatto che le energie rinnovabili stiano guadagnando terreno. Qualcuno potrebbe essere sorpreso di sapere che il Texas è leader nell’eolico e nel solare. Rame, nichel, litio e cobalto sono tra i “metalli verdi” necessari per le turbine eoliche, i pannelli solari, i veicoli elettrici e lo stoccaggio. L’energia nucleare, che alcuni considerano una soluzione energetica pulita, richiede uranio. Nel frattempo, la crescita dei mercati emergenti è un argomento a favore dell’aumento della domanda agricola.
La diversificazione è forse un argomento più forte della crescita. È vero che le azioni legate alle risorse naturali fanno parte dei principali indici, ma la struttura dei mercati azionari globali è cambiata profondamente negli ultimi anni. Nel 2010 il settore energetico rappresentava oltre l'11% del peso dell’indice Morningstar Global Markets; oggi è inferiore al 4%. La tecnologia, dal canto suo, è cresciuta fino a pesare quasi il 25%. Negli Stati Uniti, la tecnologia rappresenta oltre il 30% del mercato. I temi d’investimento dominanti dopo la crisi finanziaria globale sono stati legati alla tecnologia: telefonia mobile, cloud computing, intelligenza artificiale e così via. Molti portafogli degli investitori oggi sono ricchi di titoli growth a grande capitalizzazione statunitensi. L’esposizione alle attività legate alle risorse naturali è probabilmente diminuita.
Pochi prevedono un ritorno all’inflazione degli anni Settanta. Un superciclo delle materie prime simile a quello dei primi anni 2000 è dubbio. Ma le risorse naturali potrebbero essere una copertura vantaggiosa per il portafoglio.
L'autore o gli autori non possiedono posizioni nei titoli menzionati in questo articolo. Leggi la policy editoriale di Morningstar.
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