Nella prima settimana di febbraio, i rendimenti (yield) dei titoli di Stato dell’eurozona sono scesi, dopo l’impennata di gennaio. Un movimento analogo si è registrato negli Stati Uniti, da dove era partito il trend rialzista il mese scorso, in seguito al primo taglio di 50 punti base dei tassi a settembre 2024, che sorprese i mercati.
“Il calo degli yield nell’area euro all’inizio di febbraio è stato probabilmente influenzato dall’incertezza sull’annuncio, o almeno sulla minaccia, dei dazi statunitensi e dall’impatto che potrebbero avere sul commercio globale e sull’attività economica. Il presidente Trump ha specificamente affermato che l’Europa potrebbe essere la prossima nella lista dei dazi statunitensi”, spiega Dominic Pappalardo, chief multi-asset strategist di Morningstar Investment Management (MIM).
“Guardando ai Bund tedeschi, ad esempio, il premio a termine è aumentato e la curva dei rendimenti si è irripidita. È probabile che i tassi a breve termine siano diminuiti a causa del timore di notizie economiche negative, mentre quelli a lungo termine sono rimasti più stabili a causa del potenziale aumento dell’inflazione indotto dai dazi”, continua Pappalardo.
I rendimenti dei titoli di stato dell’area euro torneranno a salire?
Gli yield dei titoli di Stato si muovono generalmente in direzione opposta ai prezzi. Come si può vedere nel grafico qui sotto, i prezzi – soprattutto nelle scadenze medio-lunghe – sono scesi a gennaio, in corrispondenza con il rialzo dei rendimenti, per poi aumentare nella prima settimana di febbraio.
Secondo Pappalardo, gli yield potrebbero tornare a salire a causa di uno o più dei seguenti fattori:
-I segnali di un aumento dell’inflazione nell’eurozona: “Se gli operatori di mercato ritengono che l’inflazione aumenterà, gli yield probabilmente aumenteranno, soprattutto nelle scadenze intermedie e più lunghe”, afferma lo strategist di Morningstar.
-Una ripresa dell’attività economica: se i dati macro sorprenderanno in positivo, la Banca Centrale Europea potrebbe rallentare il ritmo di taglio dei tassi di interesse, rimuovendo un fattore di calo dei rendimenti dei titoli di Stato.
-Il dissiparsi dei timori di dazi all’Europa e di una guerra commerciale globale. “Se il presidente Trump dovesse in qualche modo segnalare che l’UE non sarà oggetto di nuove tariffe, l’incertezza verrebbe rimossa dal mercato e il recente calo dei rendimenti potrebbe vanificarsi”, spiega Pappalardo.
Ma gli investitori devono guardare anche a quello che accade negli Stati Uniti. L’incremento dei tassi dei Treasury statunitensi e il rafforzamento del dollaro potrebbero, infatti, far crescere gli yield nell’area euro, perché gli investitori tenderebbero a vendere le obbligazioni governative per comprare quelle USA, considerate più remunerative.
Al momento, i mercati hanno davanti a sé tutte queste ipotesi, ma poche certezze, il che genera volatilità nel reddito fisso.
Quale potrebbe essere l’impatto sui titoli di Stato dei dazi USA all’Europa
Se i dazi americani alle merci europee diventassero realtà, ci sarà un impatto sulla crescita dell’eurozona, che aggraverebbe l’attuale situazione di fragilità dell’economia del Vecchio continente. Il tema della crescita sta diventando più urgente di quello dell’inflazione, secondo molti esperti.
“Le tariffe avranno ripercussioni sulla crescita dell’area euro”, dice Henrietta Pacquement, responsabile del reddito fisso globale di Allspring, a Morningstar. “Certo, bisogna vedere in quale misura e se verranno attuate. Il presidente Donald Trump sembra interessato a negoziare, quindi bisogna capire cosa accadrà in concreto”.
Secondo Pacquement, l’inflazione è molto meno un problema in Europa che negli Stati Uniti, quindi i recenti rialzi non basteranno per far fare retromarcia alla BCE, la quale continuerà, comunque, con un approccio dipendente dai dati. Secondo le stime preliminari di Eurostat, i prezzi nell’area euro sono cresciuti del 2,5% a gennaio, al di sopra delle attese, per il quinto mese consecutivo.
“Le tariffe statunitensi saranno un duro colpo per la crescita europea”, affermano gli economisti di Nomura in un report del 3 febbraio. “Stimiamo che l’impatto diretto dei dazi del 10% ridurrà la crescita europea di circa 0,3 punti percentuali cumulativi nel periodo 2025-26, con il rischio di un impatto maggiore sulla crescita dovuto all’incertezza”.
Se Trump dovesse imporre tariffe più alte, l’impatto sarebbe maggiore sulla crescita europea, mentre dovrebbe rimanere limitato sull’inflazione, nonostante parte dei maggiori costi sarà trasferito ai consumatori. Per Nomura, “i dazi statunitensi sulla Cina potrebbero essere deflazionistici per l’Europa”.
Elezioni in Germania, il bund rimarrà un asset sicuro?
Non ci sono solo i dazi americani che possono muovere i mercati obbligazionari dell’area euro nei prossimi mesi, ma anche le elezioni in Germania, che si terranno il 23 febbraio. La formazione di un nuovo governo offre l’occasione per riforme strutturali a sostegno dell’economia. Nel 2024, il prodotto interno lordo (PIL) è sceso dello 0,2%, dopo il -0,3% dell’anno precedente, secondo le stime rilasciate da Destatis.
Il tema chiave per i mercati obbligazionari è – secondo Pacquement di Allspring – l’eventuale revisione del debt brake, ossia il freno all’indebitamento che è un fondamento della politica di bilancio tedesca dal 2009. Questa regola fiscale ha evitato seri deficit strutturali, ma oggi la situazione macro è diventata più sfidante. “Una revisione del debt brake sarebbe positiva per la crescita, ma implicherebbe più emissioni di titoli di Stato”, spiega Pacquement, che aggiunge di ritenere che questo sia già prezzato dai mercati e che il bund tedesco possa continuare a rappresentare un asset sicuro per gli investitori.
Titoli di Stato, l’incertezza politica e fiscale pesa sulla Francia
Più che un maggior deficit tedesco, a preoccupare i mercati è la situazione in Francia. Secondo Neil Mehta, portfolio manager di RBC BlueBay, “i premi per il rischio obbligazionario francese rimarranno elevati” a fronte del protrarsi dell’instabilità politica almeno fino al 2027 quando ci saranno le prossime elezioni presidenziali.
“Gli spread delle obbligazioni francesi a 10 anni – OAT - sono più ampi di 30 punti base rispetto a un anno fa, dopo le elezioni lampo indette da Emmanuel Macron e l’incertezza politica che ne è seguita”, spiega Metha in una nota dell’11 febbraio. “Il poco spazio politico a disposizione fa sì che il deficit di bilancio scenda modestamente quest’anno al 5,4%, dal 6% dell’anno scorso. Il Pil nominale è al di sotto del 3%, per cui sarà difficile colmare questo divario. Ancora più importante è il bilancio della Francia in materia di previsioni fiscali, che sembra non essere dei migliori”.
Gli investitori sono meno preoccupati, invece, della situazione italiana. “Lo spread tra BTP e Bund rimane a livelli contenuti e i rendimenti attraenti”, dice Pacquement, la quale sottolinea che i titoli di Stato italiani possono anche beneficiare di una elevata domanda da parte degli investitori domestici.
Dove cercare rendimento nel reddito fisso?
Gestori di portafoglio e strategist pongono l’accento su due principali fonti di rendimento per chi investe in obbligazioni europee:
-le cedole, più che l’aumento dei prezzi dei bond.
-le obbligazioni societarie investment grade, in un contesto di spread ridotti sul mercato del credito.
Nonostante le banche centrali, compresa la BCE, abbiano cominciato a ridurre i tassi di interesse, i rendimenti rimangono sopra le medie storiche. “L’inflazione è diminuita, rendendo i rendimenti reali positivi”, spiega Flavio Carpenzano, investment director per il reddito fisso di Capital Group in un webinar del 5 febbraio scorso. “Gli elevati rendimenti iniziali sono un buon indicatore dei rendimenti futuri e il reddito fisso potrebbe fornire solidi rendimenti, principalmente dalla cedola, senza la necessità di un apprezzamento significativo dei prezzi e di tagli dei tassi”.
Per Simon Blundell, co-responsabile dell’European Fundamental Fixed Income team di BlackRock, le obbligazioni europee offrono valutazioni migliori di quelle statunitensi. “I dazi preoccupano e favoriscono una fuga degli investitori verso asset sicuri e di qualità (flight to quality) e i portafogli sicuri hanno tradizionalmente una quota di bond”, dice a Morningstar in una intervista del 10 febbraio.
Blundell avverte anche che la volatilità è piuttosto alta sul mercato dei titoli di Stato e lo rimarrà per un po’ di tempo. Questo genera opportunità per gli investitori, ma “serve un approccio attivo”. Ad esempio, il gestore di BlackRock sta spostandosi sulle scadenze più brevi, “perché non siamo compensati per il rischio di una duration più lunga”. Inoltre, considera i titoli governativi come una copertura dai rischi, ma è anche convinto che i fondamentali delle obbligazioni societarie siano solidi e che i mercati europei del credito offrono un’interessante opportunità di reddito, nonostante gli spread si siano ridotti. In sintesi, maggior qualità e duration più corte, per essere pronti se si dovesse verificare una recessione economica, ma BlackRock è anche pronto ad aumentare il rischio per cogliere delle opportunità quando le valutazioni compenseranno meglio gli investitori.
Anche secondo Amundi, la volatilità dei rendimenti richiede “un approccio attivo e tattico alla duration”, ma, dal momento che gli yield sono “storicamente interessanti”, la società di gestione ha “leggermente rivisto al rialzo la [sua] posizione sulla duration, soprattutto in Europa”. Inoltre, mantiene “un’opinione positiva sulle obbligazioni investment grade”.
Carpenzano di Capital Group dice di privilegiare il credito investment grade di qualità superiore, in modo da ottenere “un valore relativo migliore rispetto alla parte più rischiosa dei mercati del credito, poiché gli spread sono compressi in tutto lo spettro di rischio”.
Robert Van Den Oever, editor di Morningstar nel Benelux, ha contribuito all’articolo.
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