ETF attivi, cresce l’offerta in Europa

Le società di gestione sono impegnate nel lancio di nuove strategie, ma i vantaggi per gli investitori rimangono ancora un’incognita

James Gard 20/02/2025 | 08:17
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Illustrazione di pezzi e di banconote generiche che fluttuano al di sotto di un grafico, con la scritta "FNB" al centro.

L’Europa è nel bel mezzo di un boom di lanci di ETF attivi. Lo scorso anno, la raccolta in ETF attivi è triplicata in Europa in un anno in cui gli indici azionari, in particolare quelli focalizzati sugli Stati Uniti, hanno prodotto rendimenti decorosi.

I miei colleghi Valerio Baselli e Francesco Paganelli hanno analizzato queste tendenze in un recente video, I pro e i contro degli ETF attivi. Essi spiegano come gli ETF attivi abbiano guadagnato popolarità negli Stati Uniti e stiano iniziando a conquistare quote di mercato anche in Europa.

Queste tendenze possono continuare nel 2025? Una nuova ricerca di Carne Group ha intervistato 200 gestori di fondi globali sulle aspettative per il 2025: l'81% dei gestori prevede un aumento degli afflussi ai propri fondi, sia attivi che passivi, nel 2025, mentre l'84% prevede un aumento del numero di lanci di fondi nel proprio settore.

“I fondi negoziati in borsa restano in primo piano sia per gli investitori istituzionali sia per i gestori patrimoniali che vogliono soddisfare la domanda dei clienti nel 2025”, si legge nell’indagine di Carne Group del 2025.

La maggior parte dei gestori di fondi intervistati ha dichiarato di aspettarsi che gli ETF costituiscano una quota maggiore degli asset in gestione entro il 2030, rispetto all’attuale 10-15% circa.

Gli investitori traggono vantaggio dagli ETF attivi?

Kenneth Lamont, principal in Morningstar, sostiene che il boom degli ETF attivi è alimentato dagli asset manager che sono desiderosi di seguire le ultime tendenze.

“L’aumento degli ETF attivi sembra guidato più dal timore di perdere l’occasione che da un vantaggio evidente della struttura dell’ETF, mentre i vantaggi per gli investitori rimangono modesti”.

“Per gli investitori, i vantaggi degli ETF attivi sono marginali. Molti non beneficiano in modo significativo del trading intraday, ad esempio. Il beneficio più tangibile è la maggiore trasparenza, in particolare per quanto riguarda le strutture delle commissioni, dato che gli ETF in genere applicano prezzi uniformi per tutti gli investitori”.

Lamont osserva, inoltre, che il raddoppio della quota di mercato degli ETF attivi in Europa negli ultimi due anni “rappresenta una potenziale salvagente per le società di gestione in difficoltà”.

“Sia Jupiter che Schroders hanno affrontato un prolungato calo delle quotazioni azionarie, in quanto lottano per mantenere i margini tra le pressioni incessanti sulle commissioni e la forte concorrenza dei più grandi rivali con sede negli Stati Uniti”.

Nuovi ingressi nello spazio degli ETF attivi

JP Morgan, Fidelity e Janus Henderson stanno diventando attori dominanti sul mercato degli ETF attivi. In Europa, recentemente abbiamo assistito al lancio del primo ETF attivo di Jupiter JUP, in partnership con HANetf, e la banca d’investimento e asset manager statunitense Goldman Sachs GS. Il gestore olandese Robeco ha lanciato quattro ETF attivi lo scorso anno e prevede di quotare un prodotto incentrato sui mercati emergenti nel primo trimestre del 2025. Anche il gestore britannico Schroders SDR sta progettando di entrare in questo mercato.

Questo elenco non è esaustivo, ma dà un’idea della portata dei recenti lanci di prodotti:

Il mercato europeo degli ETF attivi è in ritardo rispetto alla crescita degli Stati Uniti

L’ingresso in questo spazio presenta dei vantaggi per i gestori attivi, ma il mercato rimane piccolo:

“Per molti gestori, gli ETF attivi rappresentano un modo per sfruttare le competenze interne o per riconfezionare le strategie esistenti e attrarre nuovi investitori attraverso nuovi canali di distribuzione”, secondo Lamont.

“Tuttavia, nonostante la sua crescita, il mercato europeo degli ETF attivi rimane inferiore allo 0,5% del più ampio mercato europeo dei fondi e il numero di nuovi investitori che preferiscono gli ETF rimane esiguo, mentre le pressioni sulle commissioni si applicano allo stesso modo (se non di più) nello spazio degli ETF.”

I nuovi operatori devono anche affrontare il dilemma dei prezzi:

  • Se le commissioni sono troppo alte, gli investitori potrebbero rivolgersi a concorrenti più economici.
  • Se si fissano tariffe troppo basse, si rischia di svalutare o cannibalizzare le strategie esistenti.

Lamont sottolinea il divario tra Stati Uniti ed Europa:

“Negli Stati Uniti, gli ETF attivi hanno avuto successo in parte grazie ai loro vantaggi fiscali rispetto ai fondi comuni tradizionali, vantaggi che non esistono in Europa”.


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