Francesco Lavecchia: Benvenuti a Morningstar. Sono Francesco Lavecchia e con me oggi c'è oggi Allen Good, director of equity research di Morningstar. Sono passati tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina. Le aziende del settore energia sono tra quelle che hanno registrato la crescita degli utili più elevata in questo lasso di tempo. Puoi spiegarci meglio gli effetti che la guerra ha avuto sui bilanci delle aziende energetiche europee e dunque sul rendimento dei loro azionisti?
Allen Good: Sì, certamente le compagnie oil&gas hanno beneficiato dell’invasione dell’Ucraina soprattutto per via dell’aumento dei prezzi del petrolio e del gas naturale. Relativamente al gas naturale, il prezzo è salito a causa dell’interruzione delle forniture russe da parte dell’Europa, che ha cercato di sostituirle con il GNL (gas naturale liquefatto). E sul fronte del petrolio, a causa delle sanzioni alla Russia che hanno limitato le forniture. L’effetto iniziale nel 2022 è stato di un beneficio per tutti i produttori di petrolio e gas, compresi quelli europei, con un aumento degli utili e dei flussi di cassa. Ora, quello che sono stati in grado di fare con questi flussi di cassa è stato quello di ridurre il debito e di restituire liquidità agli azionisti. Anche se i prezzi del petrolio e del gas si sono ridotti dopo l’impennata iniziale del 2022, il loro livello rimane relativamente alto e certamente ben al di sopra dei minimi raggiunti durante il periodo del covid.
Queste società continuano a mostrare una solidità degli utili e dei flussi di cassa, oltre che avere dei bilanci in ordine, pur continuando a restituire liquidità agli azionisti. In parte, questo si spiega con l’impegno generale a una maggiore disciplina nelle scelte di allocazione del capitale da parte delle aziende del settore oil&gas. Questo ha fatto sì che molte di queste compagnie petrolifere, comprese quelle europee, fissassero degli obiettivi specifici sul rendimento dei flussi di cassa. In genere, si sono impegnate a restituire agli azionisti una percentuale tra il 30 e il 40% dei flussi di cassa. Quindi, la cosa positiva per gli azionisti è che anche se gli utili possono diminuire a causa di prezzi del petrolio e del gas più bassi rispetto a quelli che abbiamo visto negli ultimi due anni, i bilanci sono ancora solidi, per la maggior parte delle aziende, e c’è l’impegno del management a continuare a restituire una parte della liquidità indipendentemente dal contesto degli utili, proprio in virtù di questi target fissati rispetto ai flussi di cassa.
FL: Nonostante i titoli energetici europei siano saliti di quasi il 40% negli ultimi tre anni, essi sono scambiati al di sotto della nostra stima di fair value. Puoi spiegare perché le aspettative del mercato sono per un ulteriore apprezzamento? Che tipo di ipotesi sta scontando il mercato nelle sue valutazioni?
AG: Nel nostro modello di stima del fair value utilizziamo un prezzo del petrolio di lungo termine di USD 60 al barile. Questo prezzo è ovviamente inferiore a quello odierno. Quindi l’implicazione è che se usiamo USD 60 al barile per valutare un’azienda, e il mercato valuta quella società meno di quanto la valutiamo noi, si può concludere che sta ipotizzando un prezzo del petrolio più basso nel lungo termine. Ora, questa ricostruzione è un po' semplicistica, perché quello che abbiamo visto da parte delle compagnie oil&gas in Europa, in particolare dopo il covid, è lo spostamento dei capitali investiti dagli idrocarburi alle attività a basse emissioni di carbonio. E questo ha comportato una significativa sottoperformance per la maggior parte delle compagnie petrolifere europee rispetto ai competitor americani, che invece si sono concentrati maggiormente sul business degli idrocarburi.
Direi quindi che non si tratta semplicemente del mercato che ipotizza un prezzo del petrolio più basso rispetto a quello che stiamo stimando noi, ma anche di una insoddisfazione per la strategia delle compagnie petrolifere europee e i loro investimenti nelle attività a basse emissioni di carbonio che tipicamente sono meno redditizie. Quindi, anche se le compagnie oil&gas europee stanno offrendo rendimenti del capitale che sono in linea con quelli dei competitor americani, la preoccupazione è che non saranno in grado di continuare a farlo in futuro, vista la grande quantità di investimenti nelle attività a basse emissioni di carbonio. Anche se le previsioni indicano una crescita degli utili per le aziende europee, considerate le stime dei prezzi del petrolio e del gas, penso che lo sconto che il mercato sta applicando a questi titoli è dovuto al fatto che sta ipotizzando che una quota importante degli utili di queste aziende arriverà dai business low carbon, che sono poco redditizi, o che la maggior parte dei flussi di cassa provenienti dal segmento oil&gas verranno destinati ai progetti low carbon.
Credo che la complessità del contesto non possa essere ridotta al fatto che il mercato abbia delle diverse aspettative sul prezzo del petrolio, ma credo che c’entri molto l’insoddisfazione per la decisione delle compagnie petrolifere europee di investire nelle attività a basse emissioni di carbonio.
FL: Come hai detto nel tuo ultimo report, molte di queste società hanno fatto un’inversione di rotta nel loro processo di decarbonizzazione del business solo per cavalcare il rally dei prezzi del petrolio e del gas. Se domani venisse siglato un accordo di pace in Ucraina, cosa dovremmo aspettarci che accada sul mercato del petrolio e del gas, e come pensi che possano cambiare le strategie di investimento delle compagnie energetiche europee? Quali aziende pensi sarebbero le più penalizzate?
AG: Penso che se si arrivasse a un qualche tipo di accordo tra Ucraina e Russia, con la mediazione dagli Stati Uniti, con ogni probabilità esso implicherà il ritorno sul mercato della produzione russa di idrocarburi. Esattamente come sarà non lo so, ma ciò significherebbe una maggiore offerta, che con una domanda invariata, si tradurrà in prezzi più bassi. Quindi penso che l’impatto immediato per le aziende oil&gas sarebbe negativo.
Detto questo, l’OPEC ha sempre cercato di gestire i prezzi del petrolio e di mantenerli più alti tagliando la produzione. La Russia potrebbe non essere necessariamente in grado di riportare sul mercato tutte le sue forniture di petrolio, o più di quanto voglia, dato che ora fa parte dell’OPEC. Sul fronte del gas naturale, anche se gli Stati Uniti fossero d’accordo al fatto che la Russia esporti più gas, l’Europa potrebbe non essere più interessata a rifornirsi di gas russo, visto il modo in cui si sta arrivando a questo accordo. Quindi penso che sia lecito supporre che se tutta la produzione di gas dovesse tornare sul mercato, i prezzi si abbasserebbero. Ma non credo che questo si verificherà.
Non credo che una pace tra Russia e Ucraina possa modificare le strategie delle aziende oil&gas. Anzi, penso che sia più probabile che le loro strategie cambino a causa delle maggiori pressioni da parte degli investitori e della sottoperformance dei loro titoli sul mercato. Lo abbiamo già visto accadere con Shell che, come BP, aveva annunciato una strategia low carbon dopo la pandemia e ha poi invertito la sua rotta concentrarsi sugli idrocarburi e sui rendimenti. Ed è stata premiata dal mercato per questo. BP, continuando con la sua strategia energetica integrata, concentrandosi sulle basse emissioni di carbonio, è attualmente sotto attacco da parte degli investitori e ha subito molte pressioni a causa della scarsa performance. Infatti, questa settimana è previsto l’investor day di BP e con ogni probabilità annuncerà il cambiamento della propria strategia*.
Penso quindi che le maggiori pressioni sulle strategie low carbon delle compagnie energetiche arrivino dagli investitori che sono insoddisfatti della sottoperformance rispetto ai competitor americani, più che dalla preoccupazione per quello che potrà accadere tra Russia e Ucraina.
FL: Grazie mille Allen. Per Morningstar, sono Francesco Lavecchia. Grazie per la visione.
*Durante il suo Investor Day, BP ha annunciato di aver ridotto di oltre USD 5 miliardi gli investimenti annuali previsti per le attività nel settore delle energie rinnovabili, rispetto alla precedente previsione, portandoli a una cifra compresa tra USD 1,5 e USD 2 miliardi all’anno, e che aumenterà gli investimenti annui nel segmento oil&gas fino a USD 10 miliardi con l’obiettivo di aumentare gli utili e la fiducia degli investitori.
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