Perché investire nei titoli europei dell’auto nonostante i dazi USA e la concorrenza della Cina?

Il mercato sconta valutazioni troppo pessimistiche sul settore dell’auto europeo, anche se il futuro è ricco di sfide.

Francesco Lavecchia 20/03/2025 | 08:43
Facebook Twitter LinkedIn

The Stellantis logo is shown at the North American International Auto Show.

Punti chiave

  • I dazi USA sulle importazioni da Messico e Canada potrebbero avere un forte   impatto sul settore auto in Europa.
  • L’Action Plan della Commissione Europea non è sufficiente per uscire dalla crisi.
  • Volkswagen, Mercedes-Benz e Renault sono le società più a sconto secondo gli analisti di Morningstar.

Nonostante l’incertezza sulla politica commerciale dell’amministrazione Trump, la forte concorrenza dei competitor cinesi e l’insufficiente sostegno da parte dell’UE, c’è ancora del valore nell’auto europea che il mercato stenta a riconoscere.

Insieme a Rella Suskin, equity analyst di Morningstar, abbiamo analizzato le minacce al settore europeo dell’auto, provenienti dai dazi sulle importazioni negli USA e dalla concorrenza dei produttori cinesi, nonché i potenziali benefici portati dall’Action Plan della Commissione europea provando a capire perché il mercato è così pessimista sul futuro del settore auto in Europa.

Perché i dazi di Trump fanno paura

C’è ancora molta incertezza sull’ipotesi di dazi sull’import di auto dal Messico e dal Canada. Tuttavia, l’analista di Morningstar sostiene che gli effetti sui conti delle case automobilistiche europee sarebbero molto negativi: “Nello scenario in cui questi dazi all’importazione diventassero permanenti, il loro impatto sulle prospettive finanziarie future della maggior parte delle case automobilistiche europee sarebbe sostanziale. Le aziende più colpite da questa misura sarebbero Stellantis STLAM, BMW BMW, Mercedes-Benz MBG e Volkswagen VOW. Per questo motivo ipotizziamo una riduzione del loro fair value nel caso in cui la tariffa al 25% fosse imposta in maniera permanente”.

Vanno poi considerati gli effetti indiretti di questa politica commerciale da parte degli USA. Anche se alcune aziende assemblano le autovetture nei loro stabilimenti statunitensi e quindi non sono direttamente colpite dai dazi, è probabile che molti dei componenti usati siano importati dal Messico e dal Canada, e quindi soggetti alle tariffe. Per questo motivo, l’esposizione di ciascuna casa automobilistica al Messico o al Canada è maggiore delle importazioni di autovetture dichiarate da questi Paesi.

L’analista considera poi anche l’effetto negativo sui margini di profitto prodotto dagli investimenti che le aziende europee sarebbero costrette a sostenere per aprire nuovi stabilimenti produttivi negli USA: “La decisione della Casa Bianca di non imporre questi dazi con effetto immediato ha l’obiettivo di permettere lo spostamento delle linee di produzione negli Stati Uniti. Questa decisione strategica si tradurrà in un aumento della spesa in conto capitale di oltre due miliardi di euro nei prossimi due anni, oltre che in maggiori costi operativi a causa del più alto costo della manodopera negli Stati Uniti”, aggiunge Suskin.

Cosa c’è dietro la crisi dell’auto europea?

La guerra commerciale innescata da Donald Trump, comunque, è solo l’ultimo di una lunga serie di problemi che da anni continua a pesare sui conti delle aziende europee dell’auto.

Uno dei principali problemi del comparto auto in Europa è l’eccesso di capacità produttiva e l’elevata frammentazione del mercato. In un contesto già problematico come questo, la pandemia e la crescente concorrenza dei produttori cinesi non hanno fatto altro che aggravare ulteriormente la situazione. Nonostante siano passati diversi anni, le vendite annuali di auto in Europa sono rimaste ancora al di sotto dei livelli pre-covid, con conseguente eccesso di capacità produttiva e riduzione dei tassi di assorbimento dei costi fissi che continuano a pesare sui margini di profitto.

I produttori europei, diversamente da quelli americani, sono stati maggiormente penalizzati dall’affermazione delle case automobilistiche cinesi. Mentre gli Stati Uniti sono riusciti a tenere a bada la concorrenza dei veicoli elettrici cinesi, imponendo dazi del 100% sulle importazioni, l’Unione Europea è arrivata a questa decisione in ritardo e con tariffe più basse che non sono sufficienti ad eliminare il vantaggio competitivo dei produttori cinesi nel segmento elettrico.

A questo, poi, si deve aggiungere l’effetto negativo del crollo delle vendite in Cina. Negli anni passati, la maggior parte dei costruttori europei ha cavalcato l’onda del boom automobilistico cinese e per diverso tempo i maggiori profitti generati in Cina hanno mascherato i risultati più modesti ottenuti in Europa. Recentemente, complice la nascita di numerosi marchi cinesi che hanno beneficiato degli ingenti investimenti governativi nel settore, i volumi di vendita delle aziende europee in Cina sono crollati, con un impatto significativo sui profitti.

L’Action Plan europeo non risolverà i problemi del settore auto

Per tutte queste ragioni, secondo Suskin, l’Automotive Industry Action Plan annunciato dalla Commissione Europea a inizio marzo non sarà in grado di fornire il giusto sostegno alle case automobilistiche della regione.

Se è vero che l’ammorbidimento dei tempi per soddisfare gli standard europei sulle emissioni di CO₂ di auto e furgoni dovrebbe farà risparmiare miliardi di euro ai costruttori europei, le altre proposte della Commissione vengono giudicate dall’analista come povere di dettagli, di tempistiche e di applicazione normativa e, cosa più importante, non sono ritenute in grado di colmare il gap in termini di competitività con i produttori cinesi: “Nonostante i costruttori europei dispongano di bilanci solidi da destinare alle nuove tecnologie, non possono competere con la forza di una pianificazione strategica a lungo termine a livello nazionale e coordinata lungo tutta la catena del valore, come nel caso della Cina”, afferma Suskin.

“Se escludiamo le sovvenzioni dirette ai produttori di auto, il governo cinese ha agito come un grande cliente di veicoli elettrici consentendo alle aziende del paese di raggiungere economie di scala significative, ha sostenuto l’infrastruttura di ricarica necessaria per le auto elettriche e ha finanziato l’industria delle batterie che ora riesce a produrre a costi unitari molto interessanti. In Europa, invece, i contributi europei continuano a finanziare anche gli acquisti di auto a combustione interna, la creazione di reti di ricarica è stata in gran parte lasciata al settore privato e il più grande produttore di batterie d’Europa, Northvolt, che non è stato in grado di ottenere finanziamenti pubblici come asset strategico, è finito in bancarotta”.

Valutazioni di mercato troppo basse per essere vere

Ad ogni modo, se è vero che ci sono gravi problemi strutturali, che i dazi di Trump pesano come una spada di Damocle sulle teste dei produttori europei e che la politica non è in grado di offrire delle soluzioni per uscire dalla crisi, è anche vero che il mercato è ancora più pessimista di quanto la realtà possa suggerire.

Secondo l’analista, infatti, per avvicinarci alle attuali quotazioni di mercato della maggior parte dei titoli del settore auto coperti di Morningstar bisognerebbe ipotizzare che tra 10 anni queste aziende non genereranno più flussi di cassa. In sostanza, il mercato sta scontando nelle sue valutazioni l’ipotesi che queste società cesseranno di esistere.

“Nella nostra valutazione dei titoli europei del settore auto teniamo conto della maggiore frammentazione del mercato che si traduce in una più alta concorrenza sui prezzi e quindi in una pressione al ribasso sui margini di profitto. Inoltre, questi nuovi concorrenti innovano a un ritmo molto più veloce. Cosa che accorcia il ciclo di vita del prodotto e il ciclo di ricerca e sviluppo. Riteniamo che i costruttori europei di automobili dovranno mantenere un livello più elevato degli investimenti al fine di conservare la propria quota. Tenuto conto di tutti questi elementi nelle nostre previsioni, continuiamo a vedere un notevole margine di apprezzamento per i titoli del settore rispetto agli attuali corsi azionari”, afferma Suskin.

Le idee di investimento di Morningstar nel settore auto

Considerate, dunque, le ipotesi estremamente pessimistiche del mercato, non stupisce che tutti i titoli coperti dall’analisi di Morningstar, ad eccezione di Ferrari RACE, siano valutati con un rating positivo (pari a 4 o 5 stelle) e siano scambiati a tassi di sconto compresi tra il 30% e il 60%.

Nonostante il margine di apprezzamento sia consistente per quasi tutte le azioni coperte da Morningstar, i titoli Volkswagen, Mercedes-Benz e Renault RNO sono quelli scambiati ai tassi di sconto più elevati.

Renault RNO


Gli analisti di Morningstar sottolineano le ottime capacità di allocazione del capitale da parte del management dell’azienda francese. Per compensare alla mancanza di economie di scala, Renault ha aumentato il ricorso ad accordi di partnership o collaborazione per condividere i costi fissi, come le spese in ricerca e sviluppo, e al tempo stesso è intervenuta per ridurre la sua base produttiva. Questo le permette di operare al 90% di utilizzo della capacità produttiva. Per questo motivo Renault ha un margine operativo superiore o in linea con quello di competitor che possono contare su una scala di produzione ben più alta come Volkswagen.

Gli analisti sono convinti che a pesare sull’attuale quotazione di mercato di Renault sia anche la sottoperformance di Nissan, di cui l’azienda francese detiene una quota del 15% del capitale, e che la vendita di questa partecipazione sarebbe un catalizzatore positivo per il prezzo del titolo.

Volkswagen VOW


Sebbene Volkswagen venga giustamente penalizzata dal mercato per via della sua cattiva execution, dell’inefficiente allocazione del capitale, nonché dell’ampia partecipazione azionaria del land della Bassa Sassonia, che ha obiettivi contrastanti con quelli degli azionisti, gli analisti di Morningstar ritengono che il prezzo delle azioni non rifletta affatto il valore dell’azienda in quanto le partecipazioni di Volkswagen in Porsche e Traton da sole equivalgono all’attuale prezzo delle azioni dell’intero gruppo, il che significa che il mercato riconosce un valore negativo per Audi, Lamborghini, i marchi Volkswagen, SEAT e Cupra e per il segmento dei servizi finanziari.

Mercedes-Benz MBG


Il titolo Mercedes-Benz ha ceduto quasi l’11% negli ultimi 12 mesi, penalizzato dai negativi numeri pubblicati nel corso dell’esercizio. Sebbene le prospettive a breve periodo siano peggiori di quanto previsto, le aspettative degli analisti a più lungo termine sono in linea con il piano strategico dell’azienda che prevede un miglioramento della redditività a partire dal 2027, in seguito al lancio di più prodotti nel 2025 e nel 2026. Inoltre, Mercedes-Benz potrebbe decidere di monetizzare la sua partecipazione non strategica in Daimler Truck per finanziare un piano di riacquisto di azioni proprie.


L'autore o gli autori non possiedono posizioni nei titoli menzionati in questo articolo. Leggi la policy editoriale di Morningstar.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

© Copyright 2025 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures