I titoli di Stato hanno registrato un calo dei rendimenti dopo l’annuncio del Presidente Donald Trump di nuovi dazi lo scorso 2 aprile.
La corsa verso investimenti sicuri, insieme ai timori di recessione, ha provocato una impennata dei prezzi delle obbligazioni governative, con il conseguente calo degli yield. Le due variabili, infatti, si muovono in direzioni opposte.
Negli Stati Uniti, il Treasury decennale è sceso sotto il 4% nella giornata del 4 aprile, a livelli che non si vedevano da febbraio 2024, mentre lunedì ha aperto in leggero rialzo. In Italia, il BTP a dieci anni è calato sotto il 3,7% venerdì, ritracciando dal picco di quasi il 4% raggiunto dopo l’annuncio della fine al “freno del debito” in Germania a inizio marzo. Mentre scriviamo, è in ripresa intorno al 3,8%. Il movimento più significativo, tuttavia, è stato quello del bund tedesco decennale, preso a riferimento per l’eurozona, che è sceso al 2,5% dopo aver toccato il massimo del 2,9% nella prima metà del mese scorso. E’ stato ancora più ampio il crollo degli yield sul titolo governativo tedesco a due anni, che nella mattina di lunedì è arrivato a perdere oltre il 9%.
Quali sono le ragioni del calo dei rendimenti dei titoli di Stato
L’annuncio di dazi all’Europa e ad altri Paesi nel “Liberation Day” e la pronta risposta della Cina hanno portato a una violenta riconsiderazione delle prospettive di crescita economica e delle stime sull’inflazione, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo.
“I titoli di Stato USA incorporano una probabilità di recessione non indifferente e non molto lontana da quella prevista dagli economisti, ossia il 30-35%”, afferma a Morningstar Marco Piersimoni, co-head Euro multi asset di Pictet Asset Management.
Lo scenario futuro negli Stati Uniti, tuttavia, resta di difficile interpretazione. Preston Caldwell, economista senior di Morningstar per gli USA, ha definito i dazi di Trump, “una catastrofe economica auto-inflitta” per il Paese nordamericano e vede ora le probabilità di recessione al 40-50% nel corso del prossimo anno.
Nell’eurozona, la situazione sembra di più facile interpretazione. Secondo, Mauro Valle, responsabile del reddito fisso di Generali Asset Management, i dazi potrebbero avere un impatto negativo “moderato” sulla crescita, che sarà compensato dalla spesa fiscale tedesca verso la fine del 2025 e nel 2026. In una nota del 4 aprile, Valle ritiene, inoltre, che l’inflazione nell’area euro continuerà a diminuire nei prossimi mesi, consentendo alla Banca Centrale Europea di tagliare i tassi nelle prossime riunioni, potenzialmente portandoli sotto il 2% se necessario.
Sale lo spread BTP-Bund
Tuttavia, nell’eurozona ci sono realtà diverse e alcune appaiono più vulnerabili di altre, perché con un più alto debito pubblico. Questo si riflette nello spread, ossia nel differenziale tra il bund tedesco e i titoli di Stato degli altri Paesi, che ha subito un’impennata negli ultimi giorni.
Nella mattina di lunedì, lo spread tra il BTP italiano e il Bund tedesco è arrivato intorno ai 125 punti, un livello che non si vedeva dallo scorso novembre e che si spiega soprattutto con il brusco calo degli yield in Germania. Anche i differenziali con altre obbligazioni governative come il bonos spagnolo o l’OAT francese hanno subito forti aumenti, a fronte di un calo dei rendimenti che è stato più pronunciato rispetto ai titoli governativi italiani.
“All’interno del blocco, solo la Germania conserva un margine di manovra fiscale significativo, potenzialmente in grado di assorbire parte dello shock”, spiega Daniele Bivona, Portfolio Manager AcomeA SGR. “Al contrario, Francia, Italia e gli altri Paesi semi-core e periferici partono da posizioni di finanza pubblica già compromesse, rendendo improbabile una risposta espansiva endogena”.
Per Bivona, in questo contesto è determinante il ruolo della BCE, che “potrebbe sorprendere in senso dovish, con un ciclo di tagli più profondo rispetto alle attuali aspettative di mercato. L’intervento della BCE rappresenterebbe l’unico canale di trasmissione realmente paneuropeo”.
Investitori in fuga verso asset sicuri
I timori di una guerra commerciale totale, insieme all’incertezza sull’economia e gli sviluppi geopolitici, hanno determinato forti vendite sui mercati azionari, con la conseguenza che gli investitori hanno cercato rifugio in asset meno rischiosi, come i titoli governativi e in beni rifugio come l’oro. Questo aumento della domanda ha fatto salire i prezzi e scendere i rendimenti.
In uno scenario macroeconomico di crescente fragilità, i gestori di fondi hanno assunto un approccio cauto e flessibile. “Siamo pronti a ribilanciare rapidamente il portafoglio qualora gli sviluppi politici, commerciali o di mercato lo richiedessero”, dice Bivona di AcomeA SGR, il quale considera i bund e i titoli governativi austriaci con “un profilo di rischio/rendimento favorevole in ottica difensiva”. Al contrario, la periferia appare più fragile. “Abbiamo iniziato un posizionamento short tattico sullo spread BTP-Bund, alla luce di un rischio politico crescente e di fondamentali che potrebbero deteriorarsi ulteriormente in caso di rallentamento globale che potrebbe risultare in un differenziale di crescita negativo rispetto alla Germania. Il rischio maggiore, in questo contesto, è la frammentazione politica dell’Unione”, afferma.
Infine, Bivona ritiene che i titoli di Stato inglesi (Gilt) con scadenza 2045 e quelli statunitensi ancorati all’inflazione (TIPS) con scadenza 2051 rappresentino “due ancore di valore” nella parte lunga della curva dei rendimenti.
Vincent Chaigneau, head of research di Generali Investments, ammette di preferire il reddito fisso e che tornerà sul mercato azionario quando ci saranno segnali di de-escalation nella guerra commerciale. In particolare, Valle di Generali Asset Management, spiega di “mantenere una posizione moderatamente sovrappesata nei bund e monitorare il livello del 2,5% per decidere se ridurre o meno” e aggiunge che gli spread di credito si sono ampliati, ma spread più ampi sono compensati da tassi più bassi, quindi al momento non c’è un dolore significativo per i crediti”.
Il recente outlook di Robeco sul credito, enfatizza il fatto che è importante “evitare i nomi che saranno particolarmente colpiti dalla guerra commerciale, in particolare quei casi non completamente prezzati dal mercato”, ma allo stesso tempo i gestori affermano in una nota del 7 aprile di essere pronti a cogliere delle occasioni se le troveranno tra i titoli che reagiranno eccessivamente alle preoccupazioni, ma che hanno solidi fondamentali.
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