Una settimana fa, si potevano leggere opinionisti di mercato che sostenevano che il “Liberation Day” avrebbe posto fine all’incertezza che aveva messo sotto pressione il mercato azionario dall’insediamento del Presidente Donald Trump. Alcuni prevedevano un’operazione del tipo “sell the rumor, buy the fact” (vendi le voci, compra i fatti) una volta chiariti i suoi piani.
Sbagliato. C’è più incertezza che mai. Il risultato è un danno ai portafogli di portata storica.
A meno che Trump non faccia rapidamente un passo indietro nella sua idea di portare avanti una guerra commerciale, gli investitori non devono guardare molto indietro per vedere quanto grande e duratura potrebbe essere questa perturbazione dell’economia globale. Basti pensare a come l’impatto della crisi finanziaria globale del 2008 si sia fatto sentire sotto forma di bassi tassi d’interesse per oltre un decennio, fino all’impennata dell’inflazione seguita alla pandemia di covid 19. Per molti versi, le ripercussioni della pandemia di covid 19 si sono fatte sentire anche dopo. E in un certo modo, le ripercussioni della pandemia sull’economia e sulla politica sono ancora presenti.
Perché i mercati “odiano” l’incertezza
L’espressione “i mercati odiano l’incertezza” viene abusata. Tuttavia, si tratta di un’affermazione che si basa su ciò che riguarda gli investimenti a lungo termine, soprattutto quando si tratta di azioni. Scegliere un’azione significa prevedere quale sarà il suo valore in futuro rispetto a quello attuale. Il punto centrale è la redditività, che richiede una valutazione dei costi di ciò che un’azienda fa, dei prezzi che può applicare e della capacità di sostenere e far crescere la propria attività. Il Morningstar Rating, l’economic moat, ad esempio, si adattano a questo schema: i nostri analisti determinano se una società ha un vantaggio competitivo che durerà per i prossimi 10-20 anni.
Il futuro, ovviamente, è sempre incerto. Ma quanto minore è la chiarezza degli investitori, tanto più difficile diventa assegnare un valore agli investimenti. Poiché la prudenza è la parte migliore del valore, maggiore è l’incertezza, più gli investitori sconteranno il valore futuro degli investimenti. In altre parole, chiederanno prezzi più bassi per i titoli che andranno a comprare.
Un nuovo disordine mondiale per il commercio
Con un unico manifesto di difficile lettura, la conferenza stampa di Trump sui dazi nel Rose Garden ha portato l’incertezza a un livello completamente nuovo, mandando in tilt le reti commerciali globali costruite nel corso di decenni.
A cominciare dalla semplice domanda su quanto dureranno le tariffe. Come di consueto da quando Trump è tornato in carica, l’amministrazione ha inviato segnali contrastanti, a volte affermando di essere aperta ai negoziati e altre volte suggerendo che le tariffe sono qui per restare. Domenica, Trump ha dichiarato che le tariffe rimarranno fino a quando il deficit commerciale degli Stati Uniti non scomparirà.
L’incertezza sulla durata delle tariffe, sul loro livello e sulla risposta degli altri Paesi significa che le innumerevoli aziende colpite dalle tariffe non possono prevedere quali saranno i loro costi o quanto i consumatori dovranno pagare per i loro prodotti.
Le “incognite” preoccupano i mercati
Ma l’incertezza del mercato va oltre il quanto costerà un’auto quest’estate o il futuro prezzo del parmigiano.
Come esempio di come gli shock possano manifestarsi ben oltre la fine di un evento, Preston Caldwell, senior economist di Morningstar per gli Stati Uniti, indica la pandemia e il suo impatto sull’economia. “Questo tipo di cambiamento di regime è talmente inedito che i dati storici e i modelli che ne derivano sono solo un’ipotesi”, afferma Caldwell. “Guardando indietro alla pandemia, non avevamo idea delle ripercussioni di una chiusura improvvisa e di un ritorno all’economia globale. Lo stesso vale per il tentativo di riconfigurare le catene di approvvigionamento da globali a nazionali. Inoltre, ci vorrà un po’ di tempo prima che gli effetti si manifestino appieno, così come ci è voluto circa un anno di tensione delle catene di approvvigionamento durante la pandemia prima che le cose iniziassero davvero a crollare a metà del 2021”.
Ricordando la crisi finanziaria del 2008, per molto tempo dopo il crollo di Lehman Brothers e del mercato immobiliare, i tassi di interesse sono rimasti estremamente bassi. Durante la crisi, il panico immediato ha riguardato la sopravvivenza del sistema finanziario così come lo conosciamo. Ma anche una volta che le condizioni si sono stabilizzate, la crisi si è manifestata per anni in una miriade di modi, riducendo la capacità delle obbligazioni di fornire reddito e alimentando le elevate valutazioni dei titoli growth fino alla pandemia.
E poi ci sono “incognite sconosciute”, come dice Caldwell, come “un indebolimento duraturo della fiducia globale nell’economia statunitense”.
Il declino del dollaro
Questa perdita di valore potrebbe potenzialmente manifestarsi attraverso il deprezzamento del dollaro USA. Si tratta di un’anomalia in tempi di crisi, quando gli investitori globali di solito cercano la sicurezza nel dollaro e negli asset statunitensi.
Inoltre, Caldwell evidenzia una relazione economica tra il livello del dollaro e le tariffe. “Un aumento di circa il 20% del tasso medio di dazi dovrebbe portare a un apprezzamento del 5%-10% del dollaro, a seconda dell’entità delle ritorsioni tariffarie estere”, afferma Caldwell.
Questa volta gli investitori sembrano ritenere che acquistare il dollaro sia come entrare in una casa in fiamme anziché allontanarsene. Questo calo “suggerisce che una forza contraria in termini di diminuzione della propensione a investire capitali negli Stati Uniti è piuttosto forte”, afferma Caldwell.
Se il declino del dollaro dovesse prefigurare un cambiamento duraturo nei flussi di capitale globali, le ramificazioni potrebbero essere significative. Ciò potrebbe rendere più difficile per gli Stati Uniti finanziare il loro enorme debito pubblico, il che a sua volta richiederebbe un aumento dei tassi di interesse sulle obbligazioni, che si ripercuoterebbe sull’economia attraverso l’aumento dei tassi ipotecari e renderebbe più costoso per le imprese finanziare la propria crescita.
Allo stesso tempo, un dollaro più debole fa salire i prezzi e potrebbe rendere più difficile per la Federal Reserve abbassare i tassi. Questo vale soprattutto quando, come ha chiarito venerdì il presidente della Fed Jerome Powell, le tariffe doganali aumentano la pressione al rialzo sull’inflazione.
C’è una differenza fondamentale tra la crisi attuale e quelle del 2008 e del post-pandemia. Nel 2008 non si poteva “disfare” una bolla che stava per scoppiare", afferma Caldwell. “Allo stesso modo, nella pandemia, il governo poteva solo mitigare le conseguenze economiche, non curare completamente la pandemia”. Ma con le tariffe è tutta un’altra storia. Secondo Caldwell, “più del 90% del danno potrebbe essere annullato se le tariffe venissero revocate rapidamente e se ci fosse una promessa credibile di non reintrodurle”.
Fino ad allora, regnarà l’incertezza.
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